Non è un azzardo sostenere che le grandi protagoniste del dibattito pubblico ed istituzionale relativo alla gestione dell’emergenza Coronavirus siano state le ragioni di ordine economico e quelle di natura sanitaria.
I temi relativi a scuola e cultura, sono stati invece, a detta di molti, largamente trascurati. L’opinione generale non dichiarata, viene da supporre, è quella per cui tali questioni non siano così importanti a livello sociale.
L’uscita di un report di Save the children potrebbe farci cambiare idea a riguardo, aiutandoci a ricordare che il ruolo della scuola non è quello di trasmettere erudizione ai suoi studenti, ma quello di creare integrazione sociale fornendo a tutti le stesse possibilità di realizzarsi, a prescindere dalle condizioni economiche e sociali di partenza. Questo, almeno, era il sogno costituzionale.
Lo studio è particolarmente interessante perché rende conto in modo chiaro del rapporto che intercorre tra l’incremento della precarietà economica delle famiglie italiane e il corrispettivo aumento della povertà educativa.
Il report è intitolato “Riscriviamo il futuro. L’impatto del Coronavirus sulla povertà educativa” e, attraverso i dati riportati, pone l’attenzione sul fatto che l’attuale gestione dell’istruzione avrà delle conseguenze concrete e determinanti nella vita futura degli studenti nostrani e, quindi, sulla qualità della società italiana che verrà.
In apertura vengono presentati alcuni dati relativi al periodo precedente all’inizio dell’emergenza sanitaria.
Anche allora, infatti, la scuola italiana non se la passava benissimo:
Se guardiamo ad esempio al versante dell’apprendimento, secondo i dati OCSE-Pisa riferiti al 2018, il 24% di ragazzi di 15 anni non raggiungeva le competenze minime in matematica, il 26% in scienze ed il 23% in lettura.
Il legame tra condizioni socioeconomiche e capacità di apprendimento emerge in tutta la sua evidenza se analizziamo questo dato. Prendendo come esempio il caso della capacità di lettura, la percentuale degli appartenenti ad un nucleo familiare di fascia benestante che non raggiungevano le competenze minime in quel campo corrispondeva, al momento della rilevazione, al 13,8%, mentre per i minori che facevano parte di famiglie povere il dato saliva al 42%.
Anche la percentuale di abbandono scolastico precoce era già molto alta in Italia.
Il dato nazionale che misura il tasso di dispersione scolastica si attesta intorno al 14%, ben al di sopra, quindi, della soglia massima fissata al 10% dall’Unione Europea come obiettivo da raggiungere entro il 2020.
Ma cosa si intende per povertà educativa?
La povertà educativa è determinata, in generale, dalla “possibilità che hanno i bambini e i ragazzi di crescere attraverso la cultura, lo sport e la lettura”. Ed è considerando questo aspetto che il tasso di disuguaglianza tra bambini e ragazzi appartenenti a famiglie economicamente stabili e minori facenti parti di nuclei familiari con difficoltà economiche si rivela particolarmente alto:
Guardando ai singoli indicatori, il 50.9% dei minori che vivono in famiglie disagiate non ha fatto sport nell’ultimo anno in modo continuativo, a fronte del 33.7% dei loro coetanei che vivono in famiglie con risorse adeguate o ottime. Differenze marcate si osservano anche per la mancata visita a musei o siti archeologici (con un gap di 19 punti percentuali), partecipazione a spettacoli teatrali e concerti (13.3 e 15.3 pp. rispettivamente) e la lettura (13.5 pp.).
A partire da questi elementi va letto lo studio relativo all’attualità pubblicato da Save the Children.
La rilevazione dei dati che rendono conto del peggioramento delle condizioni economiche delle famiglie e del conseguente aggravarsi dei limiti nell’apprendimento degli studenti italiani è stata svolta on line dal 22 al 27 Aprile.
Il campione di studio, “statisticamente rilevante a livello nazionale”, è composto da 1003 minori di età compresa tra gli 8 e i 17 anni.
L’indagine analizza per prima cosa il cambiamento economico subito dai nuclei familiari durante il periodo di lockdown.
A questo proposito viene rilevato che “solo il 14.8% dei genitori ha dichiarato che la propria situazione economica rimarrà invariata”. Per il 46.7% delle famiglie le risorse economiche si sono notevolmente ridotte, il 13,6% “ha subito una riduzione di salario definitiva” e il 7.4% dei padri e delle madri ha perso il lavoro.
All’evidente peggioramento delle condizioni economiche delle famiglie italiane, corrisponde un aumento della povertà educativa.
L’incremento di coloro che ritengono che i propri figli necessitino di aiuto allo studio è del 50%. Il 60% dei genitori, inoltre, pensa che, una volta tornati alla normalità, i propri figli avranno bisogno di aiuto per arginare le lacune accumulate durante questo periodo. Molte famiglie si trovano in difficoltà con la didattica a distanza e sostengono che il carico di lavoro degli studenti sia sostanzialmente aumentato con questo metodo educativo.
L’8.6% dei genitori teme che la temporanea sospensione dell’attività didattica regolare possa portare al precoce abbandono scolastico i propri figli. Molte madri, infine, dichiarano la propria difficoltà a recarsi a lavorare o a cercare un nuovo lavoro finché i propri figli non potranno tornare a scuola.
Anche spostando il focus sul punto di vista dei ragazzi la situazione non migliora.
Il 9.6% dei bambini tra gli 8 e gli 11 anni non ha mai usufruito delle lezioni on-line, o lo ha fatto molto raramente, e 1 bambino su 5 lamenta una maggiore fatica nello svolgimento dei propri compiti.
Le tante percentuali, che era doveroso riportare, rischiano di confondere, ma il problema cui si vuole dare voce è facilmente riassumibile. In un paese in cui gli indici di abbandono scolastico e i dati relativi alla povertà educativa erano già tra i più alti di Europa, non si può evitare di considerare che la situazione rischia di aggravarsi ulteriormente.
I numeri relativi al passato, infatti, dimostrano come in Italia la povertà tenda ad “incidere maggiormente sui minori” compromettendo la loro possibilità di emancipazione rispetto alla propria condizione sociale ed economica di partenza. Save the Children, quindi, richiama l’attenzione del governo sul tema con un manifesto sottoscrivibile da chiunque.
Oltre a mettere in evidenza il problema l’associazione presenta una serie di proposte per il futuro.
Tra queste vi sono il rafforzamento della didattica a distanza e l’attivazione di programmi dedicati ai soggetti maggiormente in difficoltà. Ciò su cui mette l’accento Save the Children, però, è anche la necessità del ritorno alla dimensione sociale dell’educazione, citata anche nel suo discorso agli studenti dal Presidente della Repubblica Mattarella.
Inutile dire che, a questo proposito, la prima cosa da fare è procedere a mettere in sicurezza gli spazi scolastici. Oltre a questo nel report si afferma la necessità di avviare, nel corso dei mesi estivi, attività all’aperto finalizzata al “recupero degli apprendimenti” e al “contrasto delle conseguenze psicologiche dovute all’isolamento sociale, soprattutto per i bambini e ragazzi con maggiori vulnerabilità psichiche, disabilità e altri bisogni educativi speciali”.
Silvia Andreozzi