Pronto soccorso intasato, pazienti assiepati nei corridoi e costretti a stare sulle barelle. Immagini come questa sono molto comuni nei nostri notiziari e nella nostra quotidianità e documentano periodicamente l’annoso problema della carenza di posti letto negli ospedali.
Non si tratta di un problema esclusivamente italiano. Dal Regno Unito arriva una singolare proposta per fronteggiare la situazione.
L’Airbnb degli ospedali
L’Nhs (National Health Service), ovvero il Servizio Sanitario Inglese, ha lanciato un particolare esperimento per far fronte alla penuria di posti letto.
Il progetto pilota è stato lanciato presso l’ospedale della Southend University nell’Essex e prevede la possibilità per i pazienti in via di guarigione di essere ospitati presso alloggi di privati cittadini. In pratica, coloro che dispongono di stanze libere nei pressi dell’ospedale potranno accogliere degenti in buone condizioni. La fase iniziale prevede il coinvolgimento di 5-10 cittadini dell’Essex per ospitare circa 30 pazienti.
Come nella nota piattaforma online Airbnb, si affitta il proprio appartamento anche se in questo caso non si tratta di turisti.
Infatti, proprio come nel caso degli albergatori non sono richieste competenze mediche, è sufficiente garantire tre pasti al giorno (scalabili al microonde) e l’accesso ai servizi igenici. Inoltre è necessario superare i controlli igenico-sanitari.
Il compenso massimo previsto per gli ospitanti è di 50 sterline a notte e di avrà a disposizione una linea telefonica per le emergenze.
Abbreviare la permanenza in ospedale: più dubbi che certezze
Questo esperimento ha sollevato molti dubbi tra il personale medico. Si teme che si possa scatenare una “caccia al paziente” più per motivi di lucro che di solidarietà.
Potrà la versione sanitaria dell’Airbnb garantire gli standard di cura richiesti? Gli interrogativi sono molti: dalla qualità dell’assistenza alla garanzia di pasti salutari.
Al di là del suo futuro e della sua effettiva fattibilità, questo esperimento lancia un triste segnale di resa. Così facendo, infatti, il sistema sanitario inglese rinuncia a rendere più capienti e confortevoli i propri ospedali, delegando il problema dei posti letto ai privati.
Insomma, la privatizzazione avanza, il senso di solidarietà arretra.
Gessica Liberti