Post-Truth. Per Oxford è la parola dell’anno. La verità in qualche modo si arrangi
Adoro quando spuntano “apparentemente” all’improvviso dei neologismi per cose che sono sempre esistite. Post truth (post-verità), questo aggettivo, per gli esperti dell’ Oxford Dictionary, è la parola dell’anno.
Cosa si intende per post-verità è presto detto: quando l’obiettività sugli accadimenti va a farsi benedire e vengono tenute in considerazione esclusivamente le tendenziose interpretazioni “a posteriori” dei media con l’intento di influenzare l’opinione pubblica ci troviamo davanti a delle post-verità.
Il neologismo vale anche per le opinioni personali sia ben chiaro. Ad Oxford si sono accorti che la gente si fa un’idea di ciò che accade, un’idea tendenziosa, spesso frutto di un’influenza esterna, e – udite, udite – totalmente avulsa da un atteggiamento obiettivo.
Sempre per questi esperti, l’ aggettivo, usato per la prima volta dallo scrittore Steve Tesich nel 1992 a proposito del caso Iran-Contra durante la prima guerra del Golfo, merita il podio di parola dell’anno dopo il caso e Brexit e l’elezione di Donald Trump. Insomma, sia nel caso dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea che in quello dell’elezione di un razzista, megalomane, maschilista alla Casa Bianca la propaganda è stata più efficace della verità. Che novita! Non è mai successo prima ad ora!
Certo, ora abbiamo un neologismo nuovo di zecca che definisce alla perfezione il fatto che siamo degli imbecilli, ma chissà perché la cosa non mi consola affatto. Infatti non credo che questa nuova frontiera dell’illustrissimo dizionario britannico – sicuramente frutto di intensi quarti d’ora di impegno intellettuale e linguistico – ci aiuterà a essere più obiettivi e morigerati nei giudizi, né, tantomeno, ci renderà più liberi e indipendenti dall’influenza dei media.
Forse – e dico forse – se in quel di Oxford avessero trovato un neologismo efficace per definire il fatto che siamo pericolosamente governati da furbastri coglioni che al posto di notizie vere ci rifilano per anni morbosi casi di corna dove ci scappa il morto e programmi di chef stellati che per tre ore ci spiegano come si deve bollire un uovo sodo sarebbe stato più utile. Ma è solo la mia umile opinione, anche questa è in fondo una “Post-Truth”, no?
Il guaio è che la verità e l’obiettività sono già difficili da trovare e conquistare senza distrazioni – sul concetto di verità poi meglio non approfondire -, figuriamoci adesso che ha facoltà di parola anche Vincenzo de Luca (sui pollici opponibili mi avvalgo del beneficio del dubbio).
Da sempre ci facciamo un’idea nostra sui fatti, su ciò che ci accade, spesso interpretiamo le cose in base a quello che desideriamo, e ancora più spesso quello che desideriamo non è quello che realmente vogliamo solo perché le aspettative hanno avuto sempre più credito rispetto a ciò che viviamo. Ci viene più facile desiderare che realizzare, immaginare che capire (fare entrambe le cose insieme è solo l’elementare caratteristica del genio). In fondo non è questa la strategia di ogni pubblicità e di ogni vendita a comode rate? L’apparente assenza di ogni impegno per ottenere ciò che si desidera, non quello che si “vuole” sia ben chiaro. Prima la manna cadeva dal cielo e solo se Dio era in giornata, adesso è a portata di clic!
Non esiste obiettività in una società non solo in apparenza sempre mutevole, ma anche ridotta ai minimi termini, che a furia di semplificare tende a svuotarsi di contenuti, dove è impedita la possibilità di una qualsivoglia paronamica sulle cose, dove la cultura e la storia sono quasi divenute i lenti ostacoli del giudizio. Mica possiamo perdere tempo a riflettere? Il tempo sembra sfuggirci di mano, necessitano giudizi pratici e veloci. Scartabellare nel passato e formarsi fanno perdere troppo tempo.
Ma anche qui tutto è interpretabile. Niente… non se ne esce (anche questa non è una novità). Siamo nell’era del post-truth … è fatta. La verità prima o poi in qualche modo si arrangerà!