Hong Kong.
Uno zoo, chiuso per la quarantena, diventa teatro di barbarie: due panda avrebbero fornicato, approfittando della totale assenza di visitatori; erano circa 10 anni che gli operatori cercavano di farli accoppiare ed è piuttosto strano che, senza alcun aiuto ed esperienza, gli animali siano riusciti nell’intento autonomamente.
Parrebbe che questo virus stia davvero ribaltando il mondo.
Voglio rassicurare il lettore sulla percentuale di ironia presente nel primo paragrafo del testo; al contempo, sarei io a dovermi ritenere sorpreso di alcune reazioni di fronte alle ultime vicende ambientali.
Come già era noto circa due settimane fa, la situazione di quarantena del Covid-19 sta portando a numerosi sviluppi, non solo da un punto di vista strettamente sociale; mentre, infatti, anneghiamo il nostro dispiacere tra le quattro mura di casa nostra, la natura si riappropria ciò che gli spetta di diritto. Anche se, d’altronde, parlare di diritto è totalmente errato: il diritto certifica una concezione strettamente artificiale, legata ai parametri da noi gelosamente custoditi nel vasto panorama sociale.
Di rimando, la natura rappresenta tutto ciò che calpestiamo giornalmente, dal suolo all’atmosfera, la quale non disdegna eccessivamente la nostra presenza – per ovvie ragioni di ecosistema. Tuttavia, il brontolio di Madre Natura si è fatto sentire più volte, per cui non dovrebbe stupire la rapida “convalescenza” attualmente in atto; e se una volta ci si trovava di fronte a paesi che imprigionavano i loro ricercatori o autorità favorevoli al degrado ambientale, oggi non c’è spazio per fraintendimenti o assurde prese di posizione.
La natura sta tornando a respirare; il telegiornale, internet, condividono piccole tracce di questo miracolo, ma in quantità imbarazzante, quasi come si avesse paura di parlarne.
Da un lato, timidi articoli sull’India orientale e il ritorno delle tartarughe marine, tornate a nidificare in luoghi abitualmente frequentati dagli uomini; dall’altro, piccoli scorci di cielo azzurro come non se ne erano mai visti: città come San Paolo, in Brasile, purificate in toto.
Eppure non serve andare così lontano: le acque di Venezia, risparmiate dallo scarico delle barche, non ricordavano il loro fondale da tempo; la Pianura Padana, per un po’, dimentica lo stereotipo della sua foschia e dal satellite, finalmente, sorride.
E la gente? La gente è sconvolta, come se mai avesse conosciuto l’aria che respirava; come se le notizie passate sui +20°C al Polo Nord fossero solo uno specchietto per le allodole.
Sapete, in questi giorni in molti parlano di cambiamenti: come cambierà il mondo dopo la quarantena? Alcuni parlano di “anno zero”, altri di un cambiamento emotivo, se così lo si può definire; una maggiore coscienza di ciò che ci circonda.
Comprendo la motivazione di tali espedienti concettuali: in fondo, argomentando di un mondo che muta, più cosciente, ci si sente meno soli; parte di una comunità pronta a migliorare, pronta a vedere il pianeta per quello che realmente è.
Un post Covid-19, insomma.
Poi, però, alcune fonti cominciano a pubblicare delle foto, notizie disarmanti.
Foto di mascherine gettate in mare o a terra, assieme a guanti e altro. Le stesse mascherine per cui, all’inizio della pandemia, c’era stata la corsa alle farmacie; quelle mascherine, derubate a chi ne aveva davvero bisogno, oggi vengono gettate a terra, generando un pericolo per se stessi, gli altri e l’ambiente circostante.
L’emergenza è decisamente lontana dalla sua conclusione, eppure, presso il Huangshan Park della Cina, una moltitudine di turisti si assembla senza ritegno.
Questo è il nostro post Covid-19? Mi pareva di aver compreso che non fossimo ancora fuori pericolo; eppure, eccoci qui: esseri umani che non hanno imparato nulla, nemmeno nello stesso frangente in cui affrontano il pericolo.
Non solo. Il lettore più curioso troverà un articolo dell’Internazionale davvero interessante, riguardante la riduzione delle emissioni di agenti inquinanti nel corso della storia.
Viene reso noto il solito serpente che si morde la coda: se difatti oggi assistiamo ad un calo delle emissioni, parallelamente alla crisi economica planetaria, il post Covid-19 sarà nient’altro che un peggioramento su scala mondiale.
I miglioramenti che oggi, almeno alcuni di noi, notano, scompariranno in breve tempo, non appena i maggiori protagonisti dell’economia industriale tenteranno di recuperare quanto perso in questi ultimi mesi. Assisteremo ad un tracollo immediato, a meno che ogni singola amministrazione politica non accetterà l’ecosistema come priorità del benessere collettivo.
È disarmante assistere inermi a tutto questo: nei giorni precedenti, notavo i telegiornali parlare dell’inquinamento quasi come fosse una notizia flash; nessun approfondimento, poche o discussioni nulle. Niente di niente.
Immagino che in molti non comprendano il legame diretto tra il Covid-19 e l’ambiente; tutt’altro che un’opinione.
Personalmente, ponderare sul crepaccio posto tra l’uomo e la natura non è una novità: ne sono conscio, ne sono consci in molti. Il semplice fatto di non comprendere la gravità di quanto accade ci rende deboli, estremamente fragili ed alienati dalla verità più spicciola.
Credersi al di fuori della natura, credersi una spanna sopra, non è una dimostrazione di superiorità; è solo il triste epilogo della prima razza nella storia capace di regredire.
Eugenio Bianco