Tra tensioni diplomatiche e disaccordi fondamentali, la posizione ferma del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla sovranità palestinese emerge come elemento che merita particolare attenzione. Netanyahu ha ribadito con fermezza la sua opposizione a uno stato palestinese indipendente, sottolineando la necessità per Israele di mantenere il pieno controllo di sicurezza sui territori palestinesi. Questa posizione intransigente ha intensificato gli scontri con la visione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, aprendo un nuovo capitolo di tensioni diplomatiche e incertezze nella regione.
In uno scontro diplomatico che echeggia nei corridoi di un potere che sta letteralmente cancellando la Striscia di Gaza, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito con forza la sua opposizione a uno stato palestinese indipendente. Il punto centrale di controversia riguarda la richiesta di Israele di sorvolare sulla sovranità palestinese e avere il pieno controllo della sicurezza sui territori palestinesi, contrastando vigorosamente la posizione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden sulla questione.
Il 19 gennaio, Biden ha rivelato i suoi colloqui con Netanyahu riguardo alle possibili soluzioni per la creazione di uno stato palestinese indipendente, accennando alla possibilità di un governo non militarizzato. Questa telefonata segnava il primo contatto tra i due leader in quasi un mese, secondo la Casa Bianca. Quando gli è stato chiesto se una possibile soluzione a due Stati fosse “impossibile” mentre Netanyahu è in carica, Biden ha risposto:
“No, non lo è”.
Contrariamente agli sforzi diplomatici di Biden, l’ufficio di Netanyahu ha emesso una dichiarazione affermando che Israele deve mantenere il controllo della sicurezza su Gaza dopo la distruzione di Hamas. Ciò contraddice la richiesta di sovranità palestinese, creando una frattura significativa nei negoziati in corso.
Con un tono risoluto e inalterato, il primo ministro Netanyahu ha dichiarato:
“Per la vittoria ci vorranno mesi, ma siamo determinati ad ottenerla”.
Il18 gennaio, ha ribadito il suo rifiuto di compromessi, insistendo su una “vittoria totale su Hamas“. Netanyahu ha enfatizzato la guerra in corso su tutti i fronti, avvertendo che interrompere il conflitto senza raggiungere gli obiettivi comprometterà la sicurezza dello Stato per generazioni.
Il primo ministro ha inoltre consolidato la posizione di Israele dopo la guerra, proclamando il controllo sulla sicurezza della Striscia di Gaza e su tutti gli insediamenti ebraici a ovest del fiume Giordano. Questo rifiuto categorico dei diritti palestinesi e della sovranità palestinese contraddice le richieste degli alleati americani di una politica israeliana più flessibile per agevolare il transito di aiuti umanitari essenziali a Gaza, attualmente alle prese con una grave crisi umanitaria a causa dell’offensiva militare in corso.
Non solo sovranità palestinese, crescono le tensioni interne
Contemporaneamente alla discussioni in merito alla sovranità palestinese, crescono le tensioni attorno al governo di Benjamin Netanyahu e alle sue politiche che rifiutano qualsiasi nuova trattativa con Hamas, poiché continua la sua personale guerra a Gaza. Critici e familiari degli ostaggi sostengono che questa guerra sia condotta a spese dei prigionieri. Un gruppo di manifestanti radunatisi fuori dalla Knesset ha fatto irruzione nella commissione Finanze del Parlamento israeliano, chiedendo con forza le dimissioni del primo ministro. Questa interruzione riflette la più ampia protesta in corso da settimane, da quando il governo ha annunciato il rifiuto di negoziare con il partito armato palestinese, beneficiario presumibilmente di ogni tregua dalla guerra in corso dal 7 ottobre.
Le prospettive di un cessate il fuoco generale e di un accordo per la liberazione degli ostaggi israeliani in cambio della scarcerazione di prigionieri politici palestinesi restano minime. Netanyahu avrebbe respinto la proposta del segretario di Stato americano, Antony Blinken, di normalizzare le relazioni con l’Arabia Saudita in cambio dell’accettazione da parte di Israele di un “percorso” per la creazione di uno stato palestinese indipendente. Blinken, rispondendo al rifiuto di Netanyahu, ha sottolineato che Hamas “non può essere rimosso solo con mezzi militari” e ha avvertito che il mancato riconoscimento da parte dei leader israeliani del dossier palestinese “porterà alla ripetizione della storia”.
L’aspetto più triste di questa agghiacciante parte della storia è l’ulteriore deterioramento della crisi umanitaria. I rapporti delle Nazioni Unite indicano aree isolate a Gaza difficili da raggiungere a causa dei bombardamenti israeliani, provocando gravi carestie. La popolazione di Rafah, al confine con l’Egitto, è passata da 300.000 a oltre 1,2 milioni di persone, quadruplicandosi rispetto al periodo precedente la guerra. L’UNRWA sottolinea che i palestinesi sfollati cercano rifugio in campi e tende sovraffollati, evidenziando il crescente tributo umano del conflitto.