Porto Rico: il governatore Rosselló si dimette dopo proteste di massa

Riccardo Rosselló è il primo governatore del Porto Rico a dimettersi dalla propria carica, dopo più di dieci giorni di proteste che hanno inondato la piccola isola caraibica. Le manifestazioni di massa sono andate sempre più ingrossandosi dall’esplosione del movimento alla metà di luglio. A presidiare le strade di San Juan e i dintorni della Fortaleza, la residenza del governatore, non c’era solo la gente comune. Persino star portoricane, attori e cantanti come Ricky Martin, ResidenteChayanne, y Benicio del Toro hanno promosso la lotta e partecipato alle mobilitazioni, dimostrando quanto sentito e inappellabile fosse il coro “Ricky, renuncia ya!”.

La prima risposta del giovane governatore del Partido Nuevo Progresista non è stata né innovativa né tantomeno progressista. La manifestazione pacifica di lunedì 15 luglio è stata repressa duramente dalla polizia, che ha ferito 14 persone e ne ha arrestate 3, mentre nelle proteste di mercoledì 17 le forze dell’ordine hanno impiegato gas lacrimogeni e proiettili rivestiti di gomma. Davanti alla determinazione dei manifestanti e all’ampiezza della mobilitazione- cui hanno partecipato anche i sindacati– Rosselló ha dapprima cercato di fare un passo indietro, annunciando di non volersi ricandidare alle elezioni del 2021. La pressione dell’opposizione popolare alla sua legislatura lo ha infine messo al muro un paio di giorni dopo.

A travolgere Riccardo Rosselló e buona parte del suo entourage sono stati due scandali che hanno sbandierato davanti alla cittadinanza portoricana la corruzione e la grettezza della cosiddetta élite del paese. Il primo scandalo ha coinvolto l’ex-segretaria all’Istruzione Julia Keleher, l’ex-direttrice dell’Amministrazione dei Servizi della Sanità Ángela Ávila e altri quattro funzionari, con l’accusa di aver dirottato 15 milioni di dollari dai fondi destinati alla sanità e all’istruzione. Il secondo scandalo ha colpito direttamente Rosselló e la sua cerchia più intima.

L’intercettazione di quasi 900 pagine di chat private su Telegram, diffuse dal Centro de Periodismo Investigativo, ha rivelato scambi di messaggi dai contenuti omofobici e maschilisti tra Rosselló e i suoi collaboratori, fra i quali hanno destato particolare sensazione i commenti sprezzanti diretti alle vittime dell’uragano María, che devastò il Porto Rico nel settembre 2017, provocando più di 3.000 morti e danni per milioni di dollari. Proprio l’ex-governatore era stato criticato per la sua inadeguata risposta al disastro e per le irregolarità riscontrate nell’assegnazione degli appalti di ricostruzione dell’isola.

Nonostante la gravità dello scandalo, le proteste sono emerse da un ben più solido sostrato di rabbia e sofferenza sociale. Il Porto Rico è estenuato da un decennio di recessione economica, con tassi di disoccupazione elevati (la disoccupazione giovanile è al 26,6%) e una povertà endemica che riguarda il 45.6% della popolazione. La crisi economica ha inoltre sollevato preoccupazioni rispetto alla sostenibilità del debito pubblico, tanto che il precedente governatore dell’isola, Alejandro García Padilla, aveva dichiarato che il debito di 73 miliardi era impagabile e si era profuso in ingenti tagli alla spesa pubblica, inaugurando una rigida politica di austerità.

Le misure d’austerità prese dall’ormai ex-governatore Ricardo Rosselló si sono sviluppate sul solco tracciato dal predecessore. Con l’intento dichiarato di risparmiare la modesta cifra di 14 milioni di dollari, Rosselló ha approvato una riforma dell’istruzione che ha portato alla chiusura di quasi 300 scuole e la perdita di 8.000 posti di lavoro, e prevede la parziale privatizzazione dell’istruzione secondo il modello statunitense delle “scuole charter”. A questo si devono aggiungere tagli alle pensioni fino al 25% e la privatizzazione della rete elettrica, con l’obiettivo di sforbiciare il budget e di arginare la crisi finanziaria di Porto Rico.

Rosselló cederà la propria carica alla segretaria alla Giustizia Wanda Vázquez Garced il 2 agosto, ma la notizia non è stata bene accolta a Porto Rico.  La sua personalità è strettamente legata a quella dell’ex-governatore, il che la rende una sostituta quantomeno discutibile. A governare realmente il paese caraibico sembra essere però la Giunta di Supervisione Fiscale, un organismo controllato direttamente dagli Stati Uniti, creato sotto la presidenza di Barack Obama, che gode di poteri quasi dittatoriali.

L’esistenza di un organo al di sopra delle istituzioni politiche portoricane apre ulteriori ambiguità sullo statuto dell’isola, al momento “stato libero associato” agli Usa. Il risultato di un referendum ben poco partecipato (22%), convocato proprio da Rosselló, dovrebbe dare il via al processo di annessione dell’isola agli Stati Uniti, ma non c’è stata al momento alcuna risposta da parte dello zio Tom.

Francesco Salmeri

 

 

 

 

 

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