Nel novembre 2023 Porto Rico potrebbe votare per diventare il 51esimo stato degli Stati Uniti. Per la prima volta nella storia la Camera Bassa del Congresso USA ha dato il via libera. Ora si attende l’approvazione del Senato.
Antefatti
È il 1493 quando gli europei mettono per la prima volta piede sull’isola che chiameranno Porto Rico. Per quattro secoli rimane una delle più importanti colonie spagnole nel mar dei Caraibi. Nel 1898 scoppia la guerra ispano-americana: in venti giorni l’isola è conquistata e il 10 dicembre dello stesso anno il trattato di Parigi ne formalizza la cessione agli Stati Uniti. Seguono vent’anni di occupazione militare. Nel 1917 gli Stati Uniti entrano nelle trincee francesi al fianco dell’Intesa, ma hanno una grandissima necessità di uomini da mandare al fronte. In marzo il congresso approva il Jones-Shafroth Act: viene concessa la cittadinanza americana ai cittadini portoricani, ora sono arruolabili. Non hanno tuttavia diritti politici.
La guerra termina un anno dopo ma lo status amministrativo dell’isola resta incerto. Bisogna attendere il 1947 per vedere il primo governatore democraticamente eletto, Luis Muñoz Marin; Porto Rico resta comunque sotto il controllo di Washington. Cinque anni più tardi, nel 1952, viene promulgata la prima costituzione, che definisce le relazioni con gli Stati Uniti secondo i caratteri di un Commonwealth. Una chimera, che sterilizza l’eventualità di qualsiasi reale autogoverno della popolazione locale, negandone allo stesso tempo ogni possibile partecipazione alla vita pubblica americana.
Inizia la guerra fredda, Cuba si fa incandescente, c’è la débâcle americana in Vietnam, quella sovietica in Afghanistan, crolla il muro di Berlino, inizia il terzo millennio. In tutti questi decenni centinaia di attivisti Portoricani lottano per dare uno status definito al proprio paese. Si profilano tre diverse correnti: i federalisti, sostenitori dell’aggregazione di Porto Rico quale 51esimo stato americano; i sostenitori del Commonwealth; gli indipendentisti. Il governatorato portoricano indice sei diversi referendum: l’ultimo, nel 2020, attesta la vittoria con il 52,5% del fronte federalista ma non è vincolante ed il Congresso americano, semplicemente, lo ignora.
Porto Rico oggi
Oggi Porto Rico è un piccolo arcipelago nel cuore del mar dei Caraibi con una popolazione di quasi 3,5 milioni di abitanti. L’isola maggiore, omonima, è sede della capitale San Juan. Utilizza il dollaro americano ed il capo di stato è attualmente il presidente Joe Biden, tuttavia la popolazione non ha diritto di voto nelle elezioni americane. Nella società portoricana cresce il fronte indipendentista: se nel 2018 rappresentava solo il 10% della popolazione, nel referendum del 2020 si attesta a circa il 25% delle scelte di voto. Numeri che, uniti alle proteste nel 2022 contro l’azienda che fornisce elettricità all’arcipelago, la statunitense Luma, fanno riflettere a Washington. Nel 2005 una task force del presidente George W. Bush aveva decretato la subalternità del governo portoricano al potere decisionale dell’amministrazione statunitense. Oggi tuttavia l’atteggiamento da parte americana verso la questione del territorio non incorporato sembra essere più conciliante.
L’approvazione del referendum
La possibilità che Porto Rico diventasse il 51esimo stato da diversi anni si aggirava nei corridoi del Campidoglio americano. Finalmente, il 15 dicembre 2022, un disegno di legge a riguardo è approdato alla Camera. I 233 voti a favore (191 i contrari) hanno permesso il passaggio della proposta al Senato, dove sarà votata entro la fine dell’anno. Se dovesse passare, il governatore di Porto Rico avrà l’autorizzazione per indire un referendum, per la prima volta vincolante, riguardante l’entrata del paese nella federazione.
Le reazioni della politica americana
Sono diverse le reazioni della politica americana, la tendenza tuttavia è quella di favore da parte democratica e contrarietà in casa repubblicana. Si trova comunque un punto comune, per lo meno secondo le parole del deputato repubblicano González-Colón, nella volontà di chiarificare lo status dell’isola.
I veri sostenitori dell’indipendenza sono sempre stati molto chiari riguardo alle proprie posizioni e al fallimento da parte dell’attuale status quo nel perseguimento del progresso di Porto Rico. Capiscono che ciò deve terminare, che il vero nemico è la stagnazione coloniale.
E di colonialismo parlano, molto più apertamente, anche diversi esponenti del partito democratico, prima fra tutti la deputata Ocasio-Cortez. Nata a New York ma di origini portoricane, la deputata è colei che ha avviato l’iter per l’approvazione del referendum con la collega Nydia Velazquez ed il senatore Bob Menendez. Il 15 dicembre, al termine della votazione, definiva storica la decisione della Camera.
Per la prima volta nella storia della nostra nazione, gli Stati Uniti ammettono il proprio ruolo di forza colonizzatrice. Il Puerto Rico Act definisce un processo per l’isola per decidere del proprio futuro. Non privilegia la sovranità, l’indipendenza o la libera associazione. Permette ai portoricani di scegliere.
Da Washington a Porto Rico
La proposta dovrà ora passare in Senato. La sua approvazione resta però incerta. Le elezioni di midterm del 2022 hanno stabilito una situazione di stallo nella Camera Alta del Campidoglio, con 49 seggi in mano ai repubblicani e 48 ai democratici. I democratici possono comunque contare su una stampella di 3 indipendenti, che assicurano una risicatissima maggioranza al partito del presidente Biden. Numeri troppo incerti per delineare una previsione chiara sul destino del referendum, a questo punto in mano alle rispettive fronde dei due partiti. Se dovesse passare, tuttavia, l’attenzione si sposterebbe a San Juan, dove nel novembre di quest’anno sarà indetta la consultazione. L’eventuale approvazione popolare renderebbe quindi Porto Rico il 51esimo stato della federazione.