Il dibattuto caso Indi Gregory non poteva che risultare estremamente succoso agli occhi di chi mercifica il dolore in cambio di ascolti. Succede questa volta a ‘Cinque Minuti’, programma che va in onda su Rai1 in seguito al Tg1, condotto da Bruno Vespa. Il padre della bambina, affetta da una rara e grave malattia, ospite della puntata del 10 novembre, viene ‘intervistato’ al solo fine di suscitare pietà nei confronti dello spettatore, in modo affettato e frettoloso. E’ vittima dell’ennesimo caso di pornografia del dolore, vittima di un sistema mediatico che gioca sulla sofferenza altrui e la spettacolarizza.
Il caso Indi Gregory
Pornografia del dolore, non crediamo esista espressione più calzante per inquadrare quanto vi stiamo per raccontare. Lo scorso 10 Novembre a ‘Cinque Minuti’, programma condotto da Bruno Vespa e in onda dopo il tg1, è ospite il padre di Indi Gregory. Indi è una bambina inglese affetta da una grave e rara malattia che ad oggi risulta essere incurabile e sopravvive soltanto in funzione di macchinari. La sua vicenda, divenuta un caso giudiziario nel Regno Unito, è da giorni al centro del dibattito nazionale italiano. La premier Giorgia Meloni si è esposta in prima persona, richiedendo il trasferimento della bambina in Italia per ulteriori cure. Nonostante questo appello, la corte inglese ha deciso di staccare le macchine che tengono in vita la bambina. Lo annunciano Jacopo Coghe di Pro Vita & Famiglia Onlus e Simone Pillon.
Non è informazione, è l’ennesimo caso di pornografia del dolore
A poche ore dalla notizia, va in onda ‘Cinque Minuti’; ospite della puntata il padre di Indi Gregory. Bruno Vespa chiede all’uomo di pronunciarsi riguardo alla decisione della corte inglese. Continua cercando di capire le intenzioni dei genitori, il perché volessero portare Indi in Italia. Arriviamo al momento più basso della trasmissione: in nome della vita della bambina, il conduttore chiede al genitore di ricordare qualche momento legato alla figlia. Chiede i dettagli, chiede di ricordare le carezze alla bambina, i momenti in cui è stata tenuta in braccio. Parla di ‘gesti vitali’, compie uno pseudo-inno alla vita.
La scena parla da sé. Il dolore del genitore viene strumentalizzato al fine di suscitare commozione nello spettatore. Non è informazione, non si sta veicolando alcun messaggio. L’esperienza privata del dolore viene beceramente resa di dominio pubblico, in una trasmissione che dovrebbe avere lo scopo di informare. Vespa insiste sui particolari, gioca sull’emozione facile, immediata del pubblico. Non solo, ma alla fine del programma dichiara che le opinioni divergenti sul caso siano ‘legittime e rispettabili’; peccato che abbia espresso una posizione pro-vita per tutta la durata della trasmissione. Chiude con una frase d’effetto sulla diversa concezione ‘della vita, della morale e del diritto’. tra noi italiani ‘brava gente’ e i giudici del Regno Unito.
Quando il dolore diventa prodotto
L’intento di questo articolo non è quello di entrare nel merito del dibattito sulla scelta del governo inglese, né quello di definire cosa sia una ‘vita’. Siamo qui per opporci a queste dinamiche spicciole tanto care ad un certo tipo di trasmissione, di cui ‘Cinque Minuti’ è solo una tra le tante. Siamo davanti ad una totale mancanza di rispetto del dolore altrui al solo scopo di fare audience. Crediamo che il dolore sia un’esperienza personale, intima. Quanto accaduto durante la trasmissione di Bruno Vespa è spia di una tendenza per la quale l’esperienza dolorosa diventa un prodotto da dare in pasto ai telespettatori.
Non è, come abbiamo detto, un caso isolato. Di pochi giorni prima, la polemica sulla puntata del 31 ottobre di ‘Avanti Popolo’, ospite la vittima dello stupro di gruppo avvenuto a Palermo lo scorso luglio. Durante la trasmissione, la conduttrice Nunzia De Girolamo fa ascoltare le intercettazioni delle conversazioni stupratori. Non solo, legge anche alla vittima i commenti di chi la accusa di ‘essersela cercata’. In seguito alla messa in onda della puntata, la presidente Rai riceve una lettera firmata dall’ordine dei giornalisti e da diversi intellettuali. L’accusa è quella di aver violato le politiche Rai in merito alla trattazione del tema e inoltre quella di aver parlato di violenza di genere come ‘tema da salotto e da opinione’.
E’ questa l’ ‘informazione’ che vorremmo?
Tutto sembra ridursi a questo: questioni complesse e delicate trattate con superficialità, persone costrette a rivivere il loro dolore, come il padre di Indi e la giovane ragazza palermitana, come se fossero gli attori di un film drammatico. Tanto è lo share che conta, no? La dignità delle persone e il rispetto del loro dolore passano in secondo piano. Siamo stanche e stanchi di assistere a queste messe in scena. E’ possibile che l’informazione sui principali canali nazionali oggi si riduca a questo? Abbiamo bisogno di persone competenti, ma soprattutto di persone la cui umanità ‘non è in vendita’.
Alessandra Catalano