Populismi e neopopulismi: differenze e miti da sfatare

Populismi e neopopulismi: tra luoghi comuni, retorica mediatica, scarsa conoscenza e “qualunquismo”. Che cosa sono realmente i populismi? E’ arrivato il momento di sfatare alcuni miti e provare a fare chiarezza sul loro passato, presente e futuro.

Quando si parla di populismi e neopopulismi si è sempre visti con occhi scettici e freddi. Dal 2013 il populismo è diventato quasi un virus dal quale stare molto lontani, una “reazione” al limite tra l’antipolitica ed il rifiuto verso gran parte delle convenzioni sociali. Ma che cosa sono i populismi? Dove sono nati? E, soprattutto, sono esattamente ciò che appare dai media?

Cosa sono i populismi?

In una recente intervista Antonio Negri, filosofo e leader storico di Autonomia Operaia, ha definito i populismi come delle ribellioni sociali. Un’esemplificazione un po’ rude considerando lo spessore accademico dell’ex deputato del Partito Radicale ma perfettamente azzeccata.  Ciò a cui stiamo assistendo in quest’ultimo decennio non è poi così lontano dai concetti primordiali dei populismi storici. Sia il People’s Party statunitense che i narodniki russi nascono infatti nella seconda metà del XIX secolo contro le élite e lo zarismo. Ribellioni appunto, rivalse non tanto verso la politica ma verso il sistema, perché l’essenza dei populismi originali stava nell’essere antisistemici e non antipolitici.

Come si sono evoluti i populismi?

La migliore analisi politologica finora proposta è quella del professor Paolo Roberto Graziano in Neopopulismi. Perché sono destinati a durare, saggio che in sole cento pagine racchiude le principali differenze strutturali ed ideologiche dei neopopulismi in Europa, dal salvinismo della Lega a SYRIZA passando per Podemos, AfD (reduce dall’expoit in Sassonia) e molti altri. Un’altra questione di grande importanza coincide con il posizionamento di questi partiti in relazione ai cleavages originali della scienza politica teorizzati da Stein Rokkan. Ad oggi, il compito risulta assai ostico e di scarso interesse considerando le tradizionali fratture “rokkaniane”. Tuttavia, alcuni studi hanno introdotto nuovi assi sui quali attualizzare il concetto. In primis la natura pro o contro l’establishment, che ha caratterizzato ad esempio la nascita del M5S di Beppe Grillo, ed in secondo luogo gli ideali euroentusiasti od euroscettici.



I populismi non sono necessariamente di destra

Definire oggi il continuum sinistra-destra è una strada quantomai impervia e lungi dalla storica definizione di Norberto Bobbio. Ciò nonostante, si possono distinguere i neopopulismi di destra e di sinistra in funzione della loro matrice pro o contro l’inclusione. Graziano parla proprio di populismi esclusivi, tra i quali sono presenti la Lega, Alternative für Deutschland, FIDESZ, UKIP ed il Front National (solo per citare i principali), e i populismi inclusivi, tra cui troviamo Podemos, SYRIZA e Die Link. Un’ulteriore caratteristica di questi partiti è l’efficacia comunicativa della leadership sul proprio elettorato, attraverso tecniche non mediate da altri interlocutori.

L’analisi dei neopopulismi per essere efficace deve considerare il breve-medio periodo. In una società in continuo mutamento come quella attuale risulta quantomai controproducente sposare cause lontane dal vissuto quotidiano dell’elettorato. I populismi, tornando a Negri, sono ribellioni e nascono dalle crisi economiche e migratorie e, di conseguenza, vanno di pari passo con le modificazioni socioeconomiche in essere. La caratteristica principale dei partiti neopopulisti è la loro natura “camaleontica”. Per approfondire l’argomento si consiglia anche il testo di Ilvo Diamanti e Marc Lazar Popolocrazia. La metamorfosi delle nostre democrazie.

I partiti politici neopopulisti sono propensi all’adattamento della propria «offerta» politica in funzione della «domanda» proveniente dal corpo elettorale

Paolo Roberto Graziano

Federico Smania

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