Il 9 agosto ricorre la Giornata Internazionale dei Popoli Indigeni. Questa giornata celebra la loro importanza culturale, antropologica e linguistica.
Si sta davvero facendo qualcosa per la loro salvaguardia o invece si continuano a sfruttare le loro risorse mettendo a rischio la loro stessa sopravvivenza?
La nascita della ricorrenza
Oggi 9 agosto si celebra la Giornata Internazionale dei Popoli Indigeni. Questa ricorrenza è stata istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel dicembre 1994, per ricordare il primo incontro del Gruppo di lavoro dell’ ONU sui Popoli Indigeni che ebbe luogo nel 1982, e in occasione dell’istituzione del primo decennio dei popoli indigeni (1995-2004).
Le lotte politiche e climatiche dei Popoli Indigeni
I Popoli che devono lottare per difendersi sono davvero tanti. Devono proteggere la loro terra e la loro cultura, la loro lingua e i loro mezzi di sussistenza tradizionali. Alla lotta per ottenere il giusto riconoscimento si sono poi aggiunte le tantissime difficoltà dovute ai cambiamenti climatici.
Il clima ha un forte impatto sulla vita di tutti noi ma a maggior ragione sulle vite di quelle popolazioni che hanno nella terra e negli elementi naturali la loro più grande risorsa. Tutti i popoli indigeni stanno avendo grandissimi disagi. Questi problemi sono mondiali e riguardano popoli che vanno dalla Grande Foresta nel Nord alle piccole isole del Pacifico.
Greenpeace ci fornisce a titolo esemplificativo due casi. Il primo è quello del Popolo Sámi che vive nell’Artico. Qui la neve e il ghiaccio si stanno sciogliendo mettendo in pericolo la vita e le tradizioni di popoli culturalmente legati al pascolo delle renne.
Il secondo caso riguarda invece le popolazioni del Pacifico, dove l’innalzamento del livello del mare farà sparire intere isole sulle quali gli indigeni hanno vissuto per millenni.
Gli Indigeni sono esclusi dalle decisioni che contano
Nei tentativi (a volte discutibili) di mitigare i cambiamenti climatici, spesso i Popoli Indigeni non vengono presi in considerazione. Con la deforestazione, che ha lasciato spazio alle monoculture per la produzione di biocombustibili, gli indigeni sono stati violentemente privati delle proprie terre.
Il riconoscimento del diritto alla terra agli indigeni è fondamentale. Dalla terra e dall’acqua dipendono i loro mezzi tradizionali di sussistenza, che costituiscono un pilastro fondamentale delle loro culture.
Le Lingue Indigene
Le lingue indigene sono fondamentali non solo in quanto strumenti di comunicazione, educazione, integrazione sociale e sviluppo, ma anche come custodi di identità, cultura e tradizioni. Troppe lingue continuano a scomparire ad un ritmo allarmante e molte di queste lingue sono quelle indigene.
L’ONU stima che ogni due settimane una lingua indigena si estingue e delle circa 7.600 lingue parlate in tutto il mondo, 2.680 lingue indigene sono in pericolo.
Quando una lingua muore porta via al genere umano un grande bagaglio culturale in ogni aspetto della vita. Perdiamo nozioni teoriche e pratiche che vanno, per fare alcuni esempi, dalle credenze e tradizioni popolari alla medicina e alla conoscenza di alcune specifiche erbe curative.
La recente visita del Papa in Canada
Dal 24 al 30 luglio scorsi, Papa Francesco ha compiuto un viaggio per portare le scuse della Chiesa ai nativi del Canada dopo lo scandalo del genocidio nelle scuole residenziali, dove morirono tra i 3 e i 6mila bambini (ritrovati in fosse comuni).
Il Pontefice ha incontrato il Premier e Mary May Simon (prima governatrice di origine Inuit) ma soprattutto i rappresentanti dei Métis e degli Inuit. Il Papa è stato in Québec, nel Circolo Polare Artico tra gli Inuit di Iqaluit e nella Riserva di Maskwacis. Queste tappe rappresentano un percorso penitenziale che Francesco ha fatto a nome della Chiesa.
Lo scopo era incontrare e abbracciare le popolazioni indigene e fare i conti con le responsabilità della Chiesa in quello che la Commissione governativa «per la verità e la riconciliazione», nel 2015, ha definito «genocidio culturale».
Inoltre nelle «scuole residenziali» per i nativi, gestite da governo e Chiesa, 150 mila bambini sono stati strappati ai genitori e sradicati da case e cultura. I fatti riguardano l’Ottocento e il Novecento e il Papa aveva già chiesto scusa invitando i vescovi canadesi a unirsi a lui. Immaginiamo sia molto difficile perdonare fenomeni come l’assimilazione forzata, le botte a chi non parlava inglese, la malnutrizione, la violenza, gli abusi e la morte, ma è sicuramente un gesto molto significativo.
Un difficile riconoscimento
Le popolazioni indigene e i loro rappresentanti hanno cercato per anni il riconoscimento nelle sedi internazionali. L’obbiettivo principale è tutelare l’identità, il modo di vivere e il diritto sulle terre d’origine e sulle loro risorse naturali.
In tutta la storia i loro diritti sono sempre stati violati e non si contano più le vittime di questa tragedia continua. Questi popoli sono tra i gruppi più vulnerabili del mondo e la comunità internazionale riconosce che siano necessarie misure speciali per proteggerne i diritti e mantenerne intatti culture e costumi.
Riconoscerlo però forse non è bastato. Servono assolutamente, e nel più breve tempo possibile, politiche di protezione che mirino nel concreto alla loro salvaguardia.
Alessandro Milia