Polizia nelle università. La guerra culturale in Grecia e Turchia

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In Grecia ci sono i «Gruppi Difesa Istituto Universitario», per far sì che, tramite i manganelli, si riesca a garantire il «funzionamento ordinato dell’istruzione». In Turchia, invece, ci sono alcuni «giovani comunisti e terroristi» che devono essere fermati da cecchini appostati sui tetti. Così Erdogan e la Grecia schierano la polizia nelle università.

La polizia nei due Paesi gode sempre più di riguardo e rispetto (una premura che sembra prendere piede in molte nazioni del mondo), mentre nelle università gli studenti sono costretti a continue manifestazioni per garantirsi un’istruzione libera da censure e timori. Va detto che la situazione turca e quella greca si distinguono molto chiaramente, soprattutto per quanto riguarda le motivazioni alla base della scelta sui controlli. Ma quanto è lecito portare le armi dentro i luoghi del sapere?

La polizia nelle università in Grecia

Da poche settimane è passata la legge del Ministro dell’Ordine pubblico e della Ministra dell’Istruzione per cui si prevede l’istituzione dell’OPPI (Gruppo Difesa Ordine Universitario). Si tratta di uno specialissimo corpo di polizia che presenzierà nelle maggiori università greche per presidiarle.

L’istituzione di questa «polizia studentesca» perenne si accompagna a una legge che da un anno ha reso quasi impossibili le manifestazioni di piazza. Queste ultime, infatti, devono essere obbligatoriamente autorizzate dalla polizia stessa.



I problemi di criminalità e il doppio dibattito

Si propone, però, un doppio dibattito. Il corpo di polizia straordinario è, infatti, dotato di manganelli e spray urticante, ma è anche scarsamente addestrato e quindi particolarmente pericoloso. Dall’altro lato, però, si ha una situazione universitaria molto rischiosa che comprende costanti illegalità, da ripetute aggressioni sessuali allo spaccio di droghe.

Il particolare contesto studentesco necessita quindi di una decisa presa di posizione grazie alla quale gli studenti possano considerarsi al sicuro. È il motivo per cui la Ministra dell’Istruzione, Niki Kerameus, ha usato queste parole riferendosi ai corpi di polizia nelle università:

Non è una misura orizzontale e nel tempo il corpo potrebbe anche essere rimosso se non ce n’è più bisogno […] Il nostro sistema di istruzione terziaria ha un enorme potenziale. Dobbiamo solo liberarlo. E per farlo dobbiamo intraprendere determinate azioni.

Mentre chi si oppone alla legge, come Nikos Filis, del partito d’opposizione, sostiene che si possa reintegrare un corpo disarmato e non in tenuta antisommossa, chiarendo che:

Nessun Paese del mondo ha la polizia nei siti universitari.

La guerra culturale di Erdogan

Nella prestigiosa università del Bosforo sono esplose le proteste a seguito della nomina a rettore di Melih Bulu, fedelissimo del premier Erdogan. Bulu si candidò alle elezioni del 2015 con il partito dell’odierno Presidente turco.

Melih Bulu, che non è un accademico, ha ottenuto il ruolo grazie al decreto presidenziale che, da dopo il tentato golpe del 2016, permette a Erdogan di nominare i rettori e acquisire maggiore potere sui centri della cultura. L’università del Bosforo costituisce, però, il luogo di formazione delle classi dirigenti turche dal 1863.

La polizia turca non è, però, solamente entrata nelle università: ne ha sedato fortemente le proteste e ha condotto all’arresto di più di 150 studenti. Alcuni di loro sono ancora in stato di detenzione nelle prigioni. Il premier Erdogan li tratta come terroristi ed è per questo che in università sono presenti moltissimi poliziotti in borghese e, addirittura, dei gruppi di cecchini sui tetti.

Il problema in Turchia continua da anni, da quando pian piano le università sono state “epurate” da migliaia di professori dissidenti.

La polizia dovrebbe entrare nelle università?

La Turchia è sicuramente un caso limite. Invece, la Grecia?

Dovrebbe essere consentito, seppur con l’intento di garantire una qualsivoglia protezione, che gli studenti rischino per una ragione qualsiasi di trovarsi un manganello sopra la testa? La domanda si può rigirare anche allo Stato italiano. Potremmo chiederci perché gli studenti che occupano il proprio liceo per chiedere il rientro in classe in sicurezza si ritrovino a essere cacciati in malo modo. Qual è il limite per gli interventi della polizia nelle università o nei licei?

Esiste un motto che vi riporterà indietro nel tempo, sullo stesso tema: «Il 36 non è una banca».

Antonia Ferri

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