Lo scorso 25 marzo, dopo il vertice a Roma per i 60 anni dalla firma dei trattati, l’Unione Europea ha rinnovato le promesse fatte con il primo trattato istitutivo dell’Unione. Tuttavia l’Europa di oggi vive in un momento storico profondamente diverso e molto più complesso rispetto ad all’ora.
La vicenda della difesa comune europea (PESC) è stata, ed è tuttora, molto travagliata. Il primo, decisivo, segnale di quanto fosse problematico intraprendere questa strada fu, agli inizi degli anni Cinquanta del secolo scorso, il fallimento, per responsabilità della Francia, della Comunità europea di difesa (CED). Il primo ministro, Pierre Mendès France, fece naufragare un progetto che avrebbe potuto avere un enorme impatto sul percorso di unificazione europea. E sugli equilibri tra i due pilastri della Alleanza atlantica.
Da quel momento l’integrazione si basò, principalmente, sulla componente economica. La UEO (Unione Europea Occidentale), derivata dal fallimento della CED, era esistente ma senza alcun ruolo effettivo.
L’eurocentrismo che avrebbe dovuto creare i tanto aspirati Stati Uniti d’Europa sembra essere contrastato da nazionalismi e da spinte conservatrici. In quasi tutti gli Stati Membri. Attualmente lo stato delle economie desta le più immediate preoccupazioni. Ma nella scala della priorità, per i cittadini europei, vi è la sicurezza. Seguono il rischio terrorismo, l’immigrazione dall’Africa, l’economia stagnante. .
Appare come un’anomalia il fatto che in un’Unione in cui la maggior parte dei membri ha rinunciato alla sovranità monetaria, siano sempre emersi ostacoli e reticenze. A unirsi in una vera Politica estera comune. Ancor più a condividere, nelle varie forme ipotizzabili, gli strumenti di difesa. L’Europa “multi-speed” come possibile punto d’avvio per il rilancio della PESC viene additato come terreno fertile. Soprattutto dopo il referendum britannico con la conseguente perdita del Regno Unito. La crescita del sentimento anti-europeo tra gli elettori durante la crisi economica. La mancanza di solidarietà dimostrata da alcuni Paesi durante quella dei migranti. L’UE Intende sfruttare la crisi per fare passi avanti sul cammino dell’integrazione.
Senza Regno unito, nel Consiglio europeo sarà più facile o più difficile trovare posizioni comuni in politica estera e di sicurezza? Su alcune questioni sarà senza dubbio più facile. E, con il rilancio della PESC potrebbe rappresentare un terreno ideale. In modo da diimostrare alle opinioni pubbliche continentali che l’Unione è in grado di assorbire lo shock della Brexit. Rispondere ad esigenze e minacce di sicurezza condivise da tutti.
La definizione di obiettivi e strumenti operativi della PESC dell’Unione europea rappresenta uno degli impulsi più rilevanti. Impressi dal Trattato di Lisbona al processo d’integrazione europea.
La politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea è stata istituita nel 1993 dal trattato sull’Unione europea (TUE). Al fine di preservare la pace e rafforzare la sicurezza internazionale.Promuovere la cooperazione internazionale, sviluppare e consolidare la democrazia, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Il trattato ha introdotto «il sistema dei tre pilastri». La PESC come secondo pilastro. Se le posizioni e le azioni comuni avevano dato forma a risposte comuni in materia di politica estera, la PESC era basata principalmente su procedure intergovernative e sul consenso.
Il Trattato di Lisbona esprime una portata costituente nel momento in cui apre la strada a una più incisiva partecipazione dell’Unione. Alla vita di relazione internazionale. Mediante l’enunciazione di principi, valori e obiettivi condivisi.
Federica Mogherini, Alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.“L’Unione europea è l’unico strumento che gli europei hanno per riconquistare la propria sovranità. In un mondo globalizzato”. Riflessione di Federica Mogherini, su ciò che va cambiato per il progetto europeo. (L’Alta Rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue). Sottolinea come, nel campo della difesa comune, negli ultimi sei mesi si siano fatti passi in avanti. Rispetto agli ultimi 60 anni. E ritiene che ciò consentirà, proseguire il lavoro sui battlegroups Ue. Rendendoli operativi entro la fine di quest’anno. Tuttavia, ammonisce, sarebbe un errore limitarsi al settore della difesa nella riflessione sul futuro dell’Unione europea.