Il concetto di politically correct nel razzismo, in televisione e nei media in generale, è cambiato nel tempo, adattandosi ai cambiamenti della società
Nel 1964 il Movimento per i diritti civili degli afroamericani otteneva il Civil Rights Act, che vieta qualsiasi discriminazione in base a razza, colore della pelle, religione, sesso, appartenenza politica. L’icona del Movimento divenne Martin Luther King, del quale lo scorso 28 agosto abbiamo celebrato l’anniversario diI have a dream, pronunciato nel 1963 al termine di una marcia per i diritti civili a Washington.
Nel 1965 il Movimento ottenne il Voting Rights Act, che estendeva il diritto di voto a tutti i cittadini americani.
Come risposta a tutto ciò nel mondo della televisione, nel 1967 esce il film Indovina chi viene a cena, che rivela tutte le differenze che intercorrono tra il piano formale e legislativo, e quello della realtà, nonché tutte le difficoltà che ne derivano. Il film parla di una coppia mista: lei proviene da una famiglia liberale bianca, lui è un medico afroamericano, e vorrebbero sposarsi. Inizialmente incontrano la disapprovazione del padre di lei perché, nonostante sia un giornalista che si è battuto per l’estensione dei diritti, teme le difficoltà a cui andrebbero incontro in una società che non è “ancora pronta”. Quindi era assolutamente legale che una donna bianca sposasse un uomo nero, o viceversa, ma quali conseguenze aveva farlo per davvero?
Se cinquant’anni fa si producevano serie TV o film fortemente stereotipati, oggi questo non solo non basterebbe, ma sarebbe chiaramente razzista
Quasi dieci anni dopo, nel 1974, sulle TV americane usciva Good Times, la prima serie in assoluto che applicasse il modello di famiglia consolidato nelle sitcom americane a una famiglia afroamericana. La famiglia in questione, tuttavia, è carica di stereotipi razziali e caricaturali, e le tematiche serie che la sitcom si proponeva di trattare inizialmente sono state oscurate dalla comicità del personaggio di J.J, uno dei figli della coppia. Ad esempio, proprio nella prima puntata della serie, la signora Evans rimprovera i figli mentre litigavano, i quali fanno subito silenzio, così afferma:
Oh, so there is still respect for the black power!
Le puntate, in generale, sono costruite su questo tipo di giochi di parole e ironie, per portare l’attenzione su quelli che all’epoca erano gli attualissimi temi politici. Come ancora, le parole del piccolo Micheal Evans, che ammonisce la madre mentre parla:
– Mama, “boy” is a white racist world!
– There is no term to say “black”, honey.
La famiglia Evans, tra l’altro, aveva problemi economici, ma circa dieci anni dopo la famiglia afroamericana-tipo è riuscita a conquistare lo status di benestante, con I Robinson, usciti nel 1984. Nella famiglia pensata da Bill Cosby, infatti, il papà è ginecologo e la mamma avvocato, ed è perfettamente integrata, anche se molto fiera delle proprie origini.
E’ inutile dire che oggi siamo abituati a serie TV e film assolutamente miste, e se non lo fossero ci sembrerebbe strano. Così come nell’Antica Roma inizialmente non vi erano attrici donne nei teatri, ma i loro ruoli erano interpretate con delle maschere, fino alla seconda metà del ‘900 non c’erano attori neri che avessero conseguito una certa fama. Infatti nell’800 e nel primo ‘900 era in voga la cosiddetta blackface, un makeup teatrale che utilizzavano gli attori bianchi per interpretare persone di colore.
Il primo attore nero importante è stato Sidney Poitier, che nel 1958 è stato nominato all’oscar come miglior attore, e poi nel 1964 lo ha effettivamente ottenuto.
A che punto siamo con il politically correct nel razzismo in Italia?
In Italia non spicchiamo per sensibilità verso le tematiche razziali. Di recente abbiamo assistito al dibattito sulla questione della black-face di Di Maio: il Ministro è stato attaccato per aver fatto pubblicamente ironia sui meme che circolavano in rete con la sua faccia abbronzata posta su personaggi famosi di colore. E’ stato paragonato a Carlo Conti, ma anche a Barack Obama e Micheal Jordan. Uno di questi meme raffigurava Di Maio come un migrante su una barca affollata.
In un articolo il New York Times ha accusato il Ministro di leggerezza verso la delicata situazione che vivono gli africani in Italia, per razzismo e intolleranza da parte del popolo, e negli Stati Uniti per le recenti proteste.
La pratica è diventata tabù anche nella maggior parte dell’Europa, dove è considerata per lo meno altamente offensiva. Ma forse meno in Italia, dove gli artisti appaiono ancora in televisione in blackface per interpretare personaggi importanti come Louis Armstrong o Beyoncé.
Francesca Santoro