La notizia della decisione del tribunale di Roma di procedere al rimpatrio e alla scarcerazione dei sette migranti deportati e detenuti in Albania porta alla luce vecchie questioni legate alla migrazione che nel nostro paese sono irrisolte, incomprese e strumentalizzate da almeno 30 anni
Il memorandum Roma-Tirana
Il Memorandum Roma-Tirana sulla gestione di una quota di migranti salvati nel Mediterraneo da navi militari italiane, sta generando un accesso dibattito, ideologico, politico, giuridico, costituzionale e morale.
L’accordo stipulato tra la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal Primo Ministro albanese Edi Rama ha tra i suoi obbiettivi l’alleggerimento della pressione sui CPR (centri per il rimpatrio) in Italia. La premier ha profetizzato che avrà inoltre un effetto deterrente sulle persone che scelgono di partire. La volontà dichiarata e propagandata dal governo sarebbe di contrastare il traffico di esseri umani, prevenire gli arrivi irregolari e rimpatriare i migranti irregolari che arrivano in Italia
Alcuni dati sulle migrazioni
Sono 5,3 milioni i cittadini stranieri residenti in Italia al primo gennaio 2024. Erano 5 milioni nel 2018, sempre secondo le stime Istat. La somma delle richieste di asilo nel nostro paese dal 2018 al 2023 è superiore a 400 mila, senza i numeri dell’anno corrente.
Questi sono gli asettici dati che già possono darci la dimensione di un fenomeno che non è un’emergenza, se si considera che la popolazione italiana è in calo, è la seconda più vecchia al mondo dopo quella giapponese e ammonta a 58,76 milioni.
Cenni storici sui flussi migratori
Nel nostro paese si inizia a parlare di flussi migratori dai primi anni 60. Gli anni che seguirono il secondo conflitto mondiale videro profughi e sfollati attraversare l’Italia ma le prime migrazioni intese alla ricerca di una migliore condizione di vita coincisero con il boom economico, industriale e sociale che prese il via a cavallo tra gli anni 60 e 70.
Furono infatti gli abitanti delle sparute colonie italiane i primi migranti, ovvero eritrei, somali ed etiopi. Il Mediterraneo, da sempre culla di civiltà e dei loro incontri svolse un ruolo anche agli albori di questo fenomeno soprattutto grazie alla vicinanza geografica tra Tunisia e Sicilia, e in maniera analoga le altre regioni di confine nel nord-est in particolare.
Sono gli anni 80 a determinare una svolta nel fenomeno migratorio, sia a livello di percezione che a livello legislativo. Fino alla seconda metà degli anni 80 il fenomeno migratorio è stato quasi totalmente ignorato dalla politica e di riflesso dalla società che non lo ha mai percepito come una minaccia sino a quando non gli è stato suggerito di farlo.
Anche alla fine degli anni 80 e nei primi anni 90 quando iniziarono importanti arrivi dall’Albania, che avranno un forte impatto sull’opinione pubblica e sulla percezione del fenomeno, gli sbarchi non erano percepiti come un pericolo e un forte senso di solidarietà rimpiazzava questa sensazione.
Nel 2001 in Italia si censiscono per la prima volta più di un milione di residenti stranieri e il tema della migrazione entra a far parte del dibattito pubblico e politico nel paese. Oggi la polemica sulle politiche migratorie da adottare ha dominato parecchie campagne elettorali. È stato un argomento posto come cavallo di battaglia per le vittorie e il consenso di partiti come la Lega Nord e Fratelli d’Italia, nonostante a livello legislativo abbiano cambiato ben poco nel paese, spesso a causa del loro approccio semplicistico e propagandistico di un fenomeno complesso, esattamente come stiamo assistendo in questi giorni.
Politica e migrazioni
Dalla fondazione della Repubblica italiana la politica ha atteso sino al 1986 con la legge Foschi per dotare il paese di una norma che regolamentasse il fenomeno, che fino a quella data fu gestito tramite sanatorie e circolari amministrative.
Lo Stato per più di 50 anni ha regolato l’afflusso di cittadini stranieri sul proprio territorio secondo il Testo unico delle leggi di Pubblica sicurezza del 1931.
Da quel momento in poi una miriade di leggi e provvedimenti di breve respiro, incapaci di far fronte ad un fenomeno strutturale, fondamentale per lo sviluppo economico e sociale del paese. La percezione della politica è stata quella di dover mettere una toppa ad una questione transitoria.
Vi fu la legge Martelli del 1990, che fu frutto di una spinta dal basso in cui l’opinione pubblica non era ancora contaminata dalla propaganda antimmigrazione, la legge sulla cittadinanza del 1992, la legge Turco-Napolitano del 1998 che sanciva i non diritti del migrante irregolare e introduceva il centro di permanenza temporanea per rimpatri che non sarebbero mai avvenuti in mancanza di accordi bilaterali coi paesi di provenienza, seguita dalle legge Bossi-Fini che se da un lato rese più discriminatoria la procedura di immigrazione in Italia, dall’altro regolarizzò migliaia di migranti irregolari.
Con Berlusconi nel 2008 si firmarono gli accordi di Roma con la Libia di Gheddafi e il Pacchetto Sicurezza Maroni, che fecero emergere i centri di detenzione per migranti e il business della loro gestione, che ancora oggi affligge la regione.
La legge Minniti-Orlandi del 2017 arriva in un momento di massima intensità degli sbarchi quando per la prima volta da anni si parlava giustamente di emergenza a causa dell’alto numero di vite umane perse in mare. Con esso passa inoltre il discusso Memorandum Italia-Libia che ha visto offerto la sovvenzione italiana, in aggiunta a quella europea, della Guardia Costiera libica.
Vennero poi i decreti Salvini del 2019 su sicurezza e immigrazione, altra promozione di soluzioni semplici a problemi complessi, con l’obbiettivo di spostare voti facendo pressione sulle paure, sulle fragilità e sulla rabbia di un elettorato sempre più impoverito e disilluso.
Immigrazione, attualità e macchina del fango
Lo scenario di oggi ricalca queste dinamiche, gli sbarchi sono ripresi a crescere dopo un periodo in cui sembravano essersi stabilizzati. Il governo non sa come gestire l’immigrazione e dopo anni all’opposizione a fare pressioni all’esecutivo su questi temi risulta imbarazzante ammettere di non saper come risolvere il problema. L’imbarazzo aumenta anche a causa del no categorico di diversi alleati di Meloni in Europa, contrari ad una equa ridistribuzione dei migranti che approdano soprattutto sulle coste greche, spagnole e italiane.
Il Memorandum Italia-Tirana è stato criticato da chiunque non abbia interesse a propagandare una politica muscolare, incurante delle procedure parlamentari italiane, delle normative europee o dei diritti dei migranti, nonché dell’indipendenza della magistratura nel nostro paese.
I plausi sono arrivati appunto da Elon Musk che di recente ha ricevuto la nomina a capo Dipartimento per l’efficienza del governo americano come premio per la fedeltà dimostrata nei confronti di Trump durante la campagna elettorale.
L’imprenditore sudafricano proprietario di X si è persino permesso di commentare la notizia del secondo (su due) rimpatrio di migranti dall’Albania all’Italia e di rincarare la dose chiedendosi retoricamente se l’Italia sia un governo democratico o governato da fantomatiche “autocrazie non elette”.
La macchina del fango si è abbattuta anche sulla giudice Silvia Albano, presidente di Magistratura Democratica che ha dichiarato:
“Sono stata scelta come parafulmine. Voglio sottrarmi alle polemiche, la personalizzazione è insopportabile”
“Non ho nessuna intenzione di andare allo scontro con il governo, è il governo che vuole fare uno scontro con me e io voglio sottrarmi”.
La giudice a seguito della sentenza che prevede il rimpatrio dei migranti ha subito minacce di morte ed è ora sotto protezione. Il clima di odio e invettiva è stato alimentato dalle accuse rivolte da Matteo Salvini e Maurizio Gasparri in qualità di presidente dei senatori di Forza Italia.
Salvini ha accusato la Giudice Silvia Albano di stravolgere e boicottare le leggi, accusandola di essere un problema per l’Italia, esortandola a dimettersi e a fare politica con Rifondazione Comunista. Gasparri ha invece incalzato dichiarando:
“Stiamo peggio che in Corea del Nord”
“il Paese pericoloso non è l’Egitto, ma è l’Italia finché ci sono persone del genere a gestire la giustizia”
Episodi come questo con accuse verso la Magistratura italiana che arrivano persino dall’altro capo dell’oceano sono emblematiche della deriva autoritaria e oltranzista che i partiti di estrema destra stanno assumendo in tutto il globo.