Di Carlo Barbieri
Siamo a un passo da una vera rivoluzione: automobili capaci di portarci da un posto all’altro in totale sicurezza e liberi di dedicarci al nostro esigentissimo padroncino, lo smartphone, senza rischiare la pelle nostra e quella degli altri. In realtà i prototipi ci sono già, ma la sicurezza non è ancora assoluta. C’è ancora un pochino di strada da fare.
Il cuore di queste auto sono le intelligenze artificiali che mimano i processi logici del cervello umano e decidono se sterzare, frenare, cambiare marcia. Marchionne non poteva ovviamente stare a guardare, e ha promesso che la FCA darà alla luce – e mai espressione fu più appropriata – il suo modello entro cinque anni.
Secondo rumors, gli scienziati – ormai a chiamarli semplicemente “tecnici” si offendono – avrebbero risolto tutti i problemi, tranne quello della marcia indietro. Mentre hanno compreso, e trasferito alle auto-robot, i meccanismi che fanno decidere all’uomo di accelerare, frenare, eccetera, non sono rusciti a capire, e robotizzare, il flusso stimolo/ragionamento/azione attraverso il quale il cervello umano decide di innestare la marcia indietro.
Io però un’idea ce l’ho.
Basta analizzare il cervello umano giusto. E io l’ho trovato.
Quello del ministro Poletti.
Mi spiego meglio. Ricordate le ultime sue due dichiarazioni che hanno fatto scalpore?
Dicembre 2016, sui giovani che emigrano: “Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi”.
Marzo 2017, sui giovani che cercano lavoro: “Il rapporto di lavoro è prima di tutto un rapporto di fiducia. È per questo che lo si trova di più giocando a calcetto che mandando in giro dei curriculum.”
In ambedue le occasioni, dopo aver esternato queste pietre miliari di saggezza il Ministro ha ingranato la marcia indietro con una rapidità che, dal punto di vista scientifico, è estremamente interessante.
Stiamo cercando sì o no di capire come funziona la sequenza stimolo/decisione/azione nel mettere la marcia indietro? Bene, il cervello del Ministro Poletti ha rivelato una incredibile velocità in due su tre dei passaggi: la decisione e l’azione. Se si riuscisse a capire pure cosa lo stimola a mettere in moto il meccanismo (in altre parole: cosa pensa prima di parlare?), e insegnare tutto a un computer, avremmo la macchina, finalmente “auto” nel senso originario e mai realizzato, prima di tutti gli altri.
O no?