Il poeta – da quando nasce fino alla morte – e come vede il mondo in ogni sua sfumatura
Surreale non so. Di certo c’è sensibilità ma anche dissociazione, una diversità innata. Isolamento e congregazione sono estremi in continua guerra. È la necessità di sopravvivere contro la voglia di vivere.
Ma la vita del poeta si trova al di là del tangibile. Insofferente al naturale svolgersi delle vicende, ma ultrasensibile a ciò che i molti trascurano. E poi un non nulla che può tatuare tratti indissolubili per il corso della sua totale esistenza.
Fisime ridondanti – che tornano come cantilena in ogni sua creazione – diventano ossessioni che sfociano nel fulcro ignoto, spesso celato perfino a se stesso. Un pertugio gravido di continua vita da modellare, abbellire. Opere che dal “vuoto” crescono, assumendo sembianze perturbanti.
Difficile è dargli forma comprensibile.
Freud sosteneva che:
“Dove c’è inconscio a cielo aperto non c’è opera d’arte, troppo facile pensare che l’opera d’arte sia semplicemente il trasferimento all’esterno del flusso dell’inconscio interno. L’opera d’arte esige una velatura dell’inconscio, esige una mediazione simbolica, una capacità di usare il linguaggio che è propria degli artisti… una capacità di trattare i materiali, la materia dell’opera. Una capacità di dare forma all’informe… Il poeta è colui che riesce a raggiungere il miracolo della forma, cioè a velare il proprio inconscio per prenderne contatto…”
Sembra sempre difficile all’inizio, ma il poeta lo sa… Alla fine viene da sé.
Dicono sia la Musa, che sfiora e poi penetra nel buio inconscio… Orgasmi artistici.
Una scintilla unica e rara. Una dipendenza che non saprà curare neanche la morte e che spesso – proprio nella morte – fa del poeta Dio immortale.
Sabrina Casani