Il millequattrocento non vantò solo poesia posata e riflessiva. Infatti questo periodo vanta la rinascita della poesia comico-giocosa.
Perlopiù questo fenomeno avvenne grazie ad un barbiere fiorentino, Domenico di Giovanni, soprannominato il Burchiello (oltre ad essere un barbiere fiorentino, costui era legato a diversi gruppi antimedicei).
La sua produzione letteraria godette della fortuna di ricevere un grande seguito. I suoi sonetti contenevano accostamenti casuali e liberi di parole, molto frequentemente privi di senso.
Queste caratteristiche erano in aperta polemica con la cultura umanistica, in quanto questa prevedeva fiducia verso una struttura razionale dell’universo (nonché nelle possibilità del linguaggio e dell’essere umano stesso).
Sono rimasti molto famosi questi suoi versi:
Nominativi fritti, e mappamondi
e l’arca di Noè fra due colonne
cantavan tutti chirieleisonne
per l’influenza de’ taglier mal tondi
Questo è un vero e proprio accumularsi di parole senza senso (un non sense), nel quale oggetti vari acquistano la vita per fare azioni assurde e singolari.
Ma non è finita qui. Ci sono altri nomi legati alla poesia comico-giocosa di questo periodo.
Uno su tutti Lorenzo de’ Medici, il quale si cimentò anche in opere di carattere popolareggiante (esempi sono i canti carnascialeschi e la Nencia da Barberino).
I canti carnascialeschi erano semplici canzoni a ballo. Queste venivano composte per allietare le feste in occasione del carnevale. La Nencia da Barberino è una composizione poetica di spirito popolare, in essa il contadino Vallèra celebra la beltà di una ragazza a cui si dichiara.
Al di fuori della bellissima Toscana, invece, questa tipologia di poesia ebbe un tono più musicale e meno polemico.
Molto importante è l’opera di Leonardo Giustinian, veneziano di formazione umanistica. Con linguaggio colorito e molto popolare, si dilettò a dipingere, in un modo parecchio efficace, la vita quotidiana della sua città. Condendo le sue composizioni con situazioni molto concrete e personaggi realmente esistiti, scrivendo molto d’amore (queste stesse poesie dal suo cognome vennero battezzate “giustinianee”).
Claudio Sciarretti