Il gozzo tiroideo è stato da sempre segno di carenza di iodio, elemento necessario alla ghiandola tiroidea per la produzione di importantissimi ormoni. Nelle situazioni di carenza di iodio, la tiroide compensa aumentando di volume e formando appunto il cosiddetto gozzo semplice, da non confondere con altri tipi di gozzo presenti in vere e proprie condizioni patologiche.
Nel 2005 era stata approvata una legge che introduceva un programma atto a favorire la iodioprofilassi attraverso l’incentivazione all’uso del sale iodato e l’introduzione di programmi di sensibilizzazione nelle scuole. La legge, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, comincia a dare i suoi frutti: prima del 2005 il consumo di sale iodato era soltanto del 30%, oggi siamo arrivati al 60%, raddoppiando cioè in dodici anni. L’obiettivo è quello di raggiungere, nel più breve tempo possibile almeno l’80-85% , così come raccomanda l’Organizzazione Mondiale di Sanità.
Secondo l’ISS, “i bambini di Liguria, Toscana, Marche, Lazio e Sicilia ne assumono a sufficienza con l’alimentazione, tanto che in tutte queste Regioni (ad eccezione ancora delle Marche) il gozzo in età scolare può dirsi praticamente sconfitto. A fornire i dati sullo stato nutrizionale iodico della popolazione italiana è l’Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia (OSNAMI), attivo presso l’ISS.
Coerenti con i dati di vendita del sale iodato sono i dati di ioduria in età scolare raccolti negli ultimi due anni, in collaborazione con gli Osservatori Regionali per la Prevenzione del Gozzo. Le indagini condotte su circa 2500 bambini, reclutati tra il 2015 ed il 2016, hanno mostrato valori di ioduria indicativi di iodosufficienza in Liguria, Toscana, Marche e Lazio, e di marginale iodosufficienza in Sicilia. Questo dato è particolarmente incoraggiante se si pensa che fino al 2012 Marche e Lazio risultavano ancora iodocarenti.
Ma il risultato più importante ottenuto in questi ultimi due anni è l’aver accertato che in Liguria, Toscana, Lazio e Sicilia il gozzo in età scolare è stato sconfitto. In queste Regioni infatti, sono state rilevate frequenze di gozzo inferiori al 5%, valore soglia al di sopra del quale si parla di endemia gozzigena. E’ la prima volta che si può dire che, almeno in quattro Regioni del nostro Paese, il gozzo nei bambini non è più una patologia endemica.
Il messaggio che pediatri, medici di famiglie e nutrizionisti diffondono è POCO SALE MA IODATO: questo porterà maggiore prevenzione per le patologie cardiovascolari (prima fra tutte l’ipertensione) ed eliminerà i disordini tiroidei da carenza di iodio. Carenze di iodio in gravidanza e in età pediatrica possono, in alcuni casi, provocare disturbi nello sviluppo ottimale del sistema nervoso centrale.
Secondo l’ISS, “la prevenzione del gozzo endemico e degli altri disordini da carenza iodica si basa sulla correzione del deficit nutrizionale di iodio, il cui fabbisogno giornaliero è di 150 µg in età adulta, 250 µg in gravidanza e durante l’allattamento, 90-120 µg nei bambini, necessario per un corretto sviluppo neurocognitivo. La strategia raccomandata da Organizzazione Mondiale della Sanità, Iodine Global Network e UNICEF per l’eradicazione dei disturbi da carenza iodica, è quella di utilizzare come veicolo il sale alimentare arricchendolo con opportune quantità di iodio.”
“Il sale arricchito di iodio” si legge nel comunicato stampa dell’ISS a margine dell’incontro che il Comitato per la iodioprofilassi terrà oggi 6 aprile presso il Ministero, “ha lo stesso aspetto del sale per uso alimentare e non presenta odori o sapori particolari, né altera quello dei cibi a cui viene aggiunto. Ogni grammo di sale arricchito di iodio fornisce 30 microgrammi di iodio in aggiunta a quello già fornito con la dieta, una quantità che, in base alle nostre abitudini alimentari, non supera il 50% del fabbisogno giornaliero.
Tutti possono usare il sale iodato, anche soggetti affetti da patologie tiroidee. Questo perché in condizioni fisiologiche la tiroide è in grado di tollerare fino a 1mg (1000 µg) di iodio al giorno senza che si verifichino effetti avversi, in quanto l’eccesso di iodio viene escreto con le urine. Le persone con patologie tiroidee su base autoimmune possono tollerare quantità inferiori di iodio. Nonostante questa minore tolleranza, il rischio di eccesso di iodio è praticamente inesistente in quanto il consumo di sale iodato raramente aggiunge più di 300 µg di iodio alla dieta giornaliera.”
Si legge inoltre nel comunicato dell’ISS che “l’attuazione della profilassi iodica attraverso l’uso del sale iodato non è in contrapposizione con le raccomandazioni dell’OMS di ridurre il consumo di sale (non più di 5 g al giorno negli adulti, 2-3 g nei bambini sopra il primo anno di vita) per la prevenzione dell’ipertensione, delle malattie cardiovascolari e di altre patologie dovute all’eccessivo consumo di sale. Infatti, la quantità di iodio aggiunto al sale per uso alimentare (30 µg/g) consente un apporto iodico adeguato anche in presenza di un consumo di sale contenuto nei limiti suggeriti da cardiologi e nutrizionisti.”