Sul caso Gregoretti, quello che si occupa dei 131 migranti raccolti dal mare e tenuti in ostaggio sulla nave militare per costringere le altre nazioni europee ad accoglierli, è probabile che Matteo Salvini la faccia franca.
Quella che dovrebbe essere la pubblica accusa in rappresentanza di noi cittadini che non sappiamo di leggi e abbiamo altro da fare, ha deciso che non c’è nulla di male se il vertice della sicurezza interna del paese, con o senza l’approvazione dell’intero governo poco importa, usa esseri umani per scopi politici.
Un principio sconvolgente quello portato avanti dalla procura di Catania già qualificatasi come sponda giuridica alle posizioni leghiste, un principio che in qualsiasi altra parte del mondo civile si sarebbe schiantato contro i trattati internazionali, contro la volontà del tribunale dei ministri che vorrebbe vedere i fatti chiariti in un regolare processo, contro le 3 associazioni costituitesi parte civile insieme alle poche vittime dirette del reato in condizione di poter chiedere giustizia.
La Procura di Catania rappresentata in aula dal sostituto Bellomo agli ordini del procuratore capo Zuccaro, quella che nel processo penale dovrebbe fungere da propulsore all’accertamento delle responsabilità in perfetta simmetria e contrappeso al lavoro della difesa, avrebbe già deciso per conto suo che l’avvocatessa Bongiorno ha ragione. Nessun accordo internazionale fu violato, nessun sequestro di persona fu consumato e i fatti, le immagini che abbiamo visto tutti in televisione, “non sussistono”.
Mentre aspettiamo la decisione del GUP Sarpietro il 14 maggio e Matteo Salvini si atteggia a salvatore della patria, qualcuno dovrà spiegarlo almeno a quella donna incinta all’ottavo mese e ai sedici ragazzini, alcuni piccolissimi, che per quattro giorni sono rimasti a languire sul ponte di una nave da guerra, che anche loro, proprio come i fatti, non sussistono.
Per una breve stagione politica non siamo stati molto diversi nei princìpi da quell’Erdogan che oggi (a buon diritto?) chiamiamo dittatore, e al rischio che si possa precipitare di nuovo nella fogna da cui solo i mojito e le chiappone del Papeete ci hanno salvato non voglio neppure pensare.