Quando si parla di trattativa Stato-mafia nomi di magistrati come Antonino Di Matteo risultano ormai noti.
Ma di cosa stiamo parlando? Della supposizione (le indagini sono ancora in corso, pertanto ci si riserva il diritto di non utilizzare un tono enfatico rispetto una vicenda delicata come la seguente) di una negoziazione tra gli alti funzionari delle istituzioni italiane e i rappresentanti di Cosa Nostra, in seguito alle stragi del 1992-93 che portarono, tra le altre, alla morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
La supposizione alla base dell’indagine avviata da Di Matteo pone le basi sull’attentato di via D’Amelio, l’attentato in cui fu ucciso Paolo Borsellino, che, stando al pm, fu realizzato al fine di evitare la denuncia da parte del magistrato della trattativa di cui era venuto a conoscenza.
Parliamo di un processo che se dovesse autenticare le supposizioni del pm di Matteo, darebbe luogo al più grande scandalo che l’Italia fin’ora abbia mai vissuto.
A partire da qui le minacce, ripetute, continue, nonché le dichiarazioni di innumerevoli pentiti sul progetto di eliminarlo, unitamente alla minaccia Totò Riina, di fronte al quale il CSM, per ragioni di sicurezza, ha invitato Antonino Di Matteo ad un trasferimento d’ufficio.
Non si tratta di una proposta “nuova”. Già nel marzo scorso il CSM era intervenuto in tal senso, predisponendo tra l’altro un sistema per la tutela del magistrato ad hoc, attraverso una tecnologia che neutralizza le attivazioni a distanza di telecomandi.
La risposta del sostituto procuratore di Palermo non si è fatta attendere, in questi giorni, come lo scorso marzo.
“Non sono disponibile al trasferimento d’ufficio – ha detto il magistrato – Accettare un trasferimento con una procedura straordinaria connessa solo a ragioni di sicurezza costituirebbe a mio avviso un segnale di resa personale ed istituzionale che non intendo dare.”
Il CSM da parte sua, per voce di Elisabetta Alberti Casellati, afferma che “quella di Di Matteo è una situazione che ci dà molta preoccupazione. […] Anche oggi lo abbiamo incalzato, manifestando la nostra forte e unanime preoccupazione. Ma la sua risposta è di indisponibilità al trasferimento per ragioni di sicurezza perché sembrerebbe un segnale di resa che non vuole dare.”
Nel frattempo, tra le preoccupazioni generali, continuano le indagini, tra intercettazioni che fanno pesare sempre più una situazione già da tempo tesa.
Di Ilaria Piromalli