Playa Punta Canna: “relax” sulle note di Faccetta Nera

Playa Punta Canna, saluto romano al Duce

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Un pomeriggio nostalgico a Playa Punta Canna. No, non è il titolo di un romanzo di Nicholas Sparks: è tutto vero. Sono passati 88 anni dal saluto romano dei bagnanti sulla spiaggia di Riccione, ma la storia – lo sappiamo – si ripete.

Accade a Chioggia: lo stabilimento “Playa Punta Canna” è pieno di cartelli con immagini di Benito Mussolini, di saluti romani, e scritte “Se non ti piace, me ne frego“.  È una “zona antidemocratica e a regime. Non rompete i c***”.

Benvenuti a Playa Punta Canna: “Regole: ordine, pulizia, disciplina, severità!”

Lungo il sentiero di traversine in legno che porta verso la spiaggia altri cartelli avvisano i bagnanti: “Regole: ordine, pulizia, disciplina, severità“; “difendere la proprietà sparando a vista ad altezza d’uomo!”; “servizio solo per i clienti… altrimenti manganello sui denti”. Poi, un’insegna indica i servizi igienici: “Questi sono i gabinetti per lui, per lei, per lesbiche e gay”. Di fronte c’è l’angolo doccia, col nebulizzatore, protetto da una cinta di canne: camere a gas.
Ma i cartelli non sono niente rispetto a quello che si vedrà e si sentirà nel pomeriggio, sotto gli ombrelloni, tra inni al Duce e al regime fascista: le casse sparano “Faccetta nera” e i bagnanti cantano facendo il saluto romano. Lo stesso fa, in piedi sul trespolo del bagnino, Gianni Scarpa, l’ex gestore – che non ha perso l’occasione di animare la spiaggia – di Playa Punta Canna. A tre anni dalle prime indagini.

Non ci sono dubbi, è la spiaggia del Duce. Peggio degli stabilimenti marini ai tempi del Ventennio. È tutto vero quello che si vede e si ascolta in una spiaggia in mezzo a 650 bagnanti o è un colpo di sole?




Era il 2017, a Playa Punta Canna…

Tre anni fa, un servizio di Repubblica raccontò questo stabilimento balneare arredato con immagini del duce, motti e simboli fascisti, cartelli apologetici con addirittura richiami alle camere a gas, e i deliranti comizi di Scarpa che, davanti a centinaia di clienti, inneggiava al regime e allo sterminio dei tossici. Le autorità di Chioggia e Venezia si attivarono subito. I poliziotti effettuarono un servizio per acquisire materiale audio e video che confluì nel fascicolo di denuncia a carico di Gianni Scarpa, il titolare dello stabilimento. Sessantaquattro anni, Scarpa sarà quasi certamente denunciato per apologia di fascismo, si pensava.

“Stiamo facendo tutte le verifiche, condanniamo ogni atto che va contro la democrazia, qui c’ un reato ed è giusto venga perseguito”.

Diceva il vicesindaco di Chioggia, Marco Veronese.

E invece no. L’indagine venne archiviata perché, a quanto pare, quella di Scarpa era “libera espressione del pensiero“. Così, oggi si torna ai cori: non è un banale pomeriggio nostalgico in riva al mare…

Ma come funziona il reato di apologia di fascismo?

Come può essere considerata “libera espressione del pensiero” una dichiarazione palesemente antidemocratica, discriminatoria e violenta? Facciamo chiarezza
Apologia di fascismo” è il reato introdotto dalla famosa legge Scelba, nel 1952. Contrariamente al nome, però, la legge si occupa di punire soprattutto chi tenta di ricostruire il vecchio partito fascista, piuttosto che chi lo difende o esprime opinioni favorevoli al fascismo.
Questa legge è composta da dieci articoli, l’articolo 1 spiega che si verifica una “ricostruzione” del partito fascista quando:

una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, princìpi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista.

L’articolo 4, invece, rende perseguibile il vero e proprio reato di apologia del fascismo (cioè letteralmente la difesa, a parole o scritta, del regime fascista). Chi “esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche” rischia dai sei mesi ai due anni di reclusione.

Un reato non reato?

Una precisazione: per esserci una vera e propria apologia di fascismo non è sufficiente che ci sia “una difesa elogiativa” del vecchio regime, ma è necessaria “una esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista”. Ciò significa che non è reato difendere il fascismo a parole.

Per questo nel 2017 il deputato del PD Fiano ha scritto e fatto approvare alla Camera una legge che restringe significativamente la possibilità di fare propaganda al fascismo. Un unico articolo:

Chiunque propaganda le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero delle relative ideologie, anche solo attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne richiama pubblicamente la simbologia o la gestualità è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. La pena di cui al primo comma è aumentata di un terzo se il fatto è commesso attraverso strumenti telematici o informatici.

Questa legge non è mai stata approvata dal Senato.

Quando l’asticella di ciò che è permesso si sposta sempre un po’ più in là…

L’asticella di ciò che è permesso si sta spostando sempre un po’ più in là… Fino a che punto si può affermare il diritto di esprimere un parere se questo è dichiaratamente in contrasto con i valori antifascisti dettati dalla nostra Costituzione?

Fascismo e nazismo avranno sempre potere fino a quando saranno accettati, fino a quando gli sarà permesso di insinuarsi dentro le istituzioni, di fare controcultura scorretta, volta a modificare la memoria. Questo è apologia di fascismo, ed è un reato.

La libertà di espressione non va confusa con la libertà di essere intolleranti. Citando il filosofo Karl Popper

l’intolleranza nei confronti degli intolleranti è la condizione necessaria per la preservazione della natura tollerante di una società aperta.

Quello che accade a Punta Canna è reato; il fascismo è un reato, non una libera espressione di idee.

Giulia Chiapperini

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