Platone aveva ragione e uno studio scientifico lo conferma: la teoria dei solidi platonici aveva radici molto reali.
Qual è la forma della terra? Se scomponessimo una roccia, la frammentassimo, la sminuzzassimo in minuscoli segmenti, che forma otterremmo? Platone si poneva una domanda simile nel Timeo. Nel celebre dialogo, il filosofo greco descriveva cinque poliedri regolari. A ogni poliedro corrispondeva un elemento fondamentale dell’universo – aria, acqua, fuoco o terra. La forma della terra, nella visione platonica, era il cubo.
L’idea di Platone era puramente teorica, naturalmente. Le suggestioni poetiche del filosofo hanno affascinato per secoli per la loro semplice eleganza, ma non sono mai state interpretate come validi presupposti scientifici. Fino ad oggi.
L’origine dell’universo nel Timeo
Platone amava miscelare filosofia e scienza, unite a doppio filo nell’intento comune di narrare il mondo. Nel Timeo, scritto attorno al 360 a.C., affronta il tema dell’origine dell’universo da un punto di vista insolitamente materiale. E lo fa affidandosi al fascino della geometria.
Nella seconda parte del dialogo Platone introduce i suoi celebri poliedri. I poliedri platonici sono le unità di costruzione fondamentali dell’universo, e a ognuna di queste forme corrisponde un elemento. Il tetraedro evoca il fuoco, l’ottaedro si collega all’aria, l’icosaedro risponde all’acqua, l’esaedro alla terra. Nella loro semplicità, i poliedri platonici hanno affascinato gli studiosi per secoli.
Del resto, fin dall’antichità questi solidi regolari, così affascinanti nella loro misteriosa bellezza, avevano acceso la fantasia di quanti, come Pitagora, erano propensi a vedere nel numero e negli enti della matematica una cifra nascosta delle leggi universali, una sorta di linguaggio ermetico e parallelo a quello derivante dall’esperienza sensibile. Francesco Lamendola, filosofo
Il legame tra forma ed elemento, secondo Platone, nasce dal movimento. Più un elemento è mobile, meno avrà bisogno di una forma stabile che ne componga la struttura. Per questo motivo al fuoco, con le sue lingue instabili, bastano le poche facce del tetraedro. Al contrario la terra, poco incline al movimento, necessita della solidità del cubo.
Platone aveva ragione?
Un gruppo di ricercatori delle università della Pennsylvania, di Budapest e di Debrecen si è posto questa stessa domanda. In uno studio portato avanti per tre anni e recentemente pubblicato, il gruppo di geologi, matematici e fisici che ha aderito al progetto presenta delle conclusioni finali davvero inusuali. In sostanza, la scienza afferma che Platone aveva ragione.
A partire dal modello geometrico del matematico Gabor Domokos, i ricercatori sono giunti alla conclusione che ogni roccia naturale sezionata ai minimi termini produrrà sempre e solo una forma – il cubo.
Lo studio è il risultato di tre anni di ricerche, ma parte da un’unica idea. Se prendeste una forma poliedrica tridimensionale, la tagliaste in due in maniera casuale e poi procedeste a sezionare i frammenti ancora e ancora, otterreste un vasto numero di diverse forme poliedriche. Ma, in linea generale, la forma principale dei frammenti sarà il cubo. Gabor Domokos, matematico
A partire dalla tesi matematica di Domokos, il geologo Douglas Jerolmack ha analizzato un vasto campione di rocce naturali e dati preservati nei database. I risultati del confronto sono stati stupefacenti. Ogni roccia frammentata, in maniera naturale o artificiale che fosse, tendeva sempre a riprodurre la forma del cubo.
Una sorta di ordine nel mondo
Platone aveva ragione e le conclusioni cui sono giunti gli scienziati sembrano sostenerlo con forza. Ciò che la scienza non può spiegare è come il filosofo greco, lontano anni luce delle nostre capacità tecnologiche, potesse essersi tanto avvicinato alla realtà.
Una delle ipotesi che abbiamo preso in considerazione tra noi è che, verosimilmente, Platone abbia osservato uno spuntone di roccia e, dopo aver riflettuto o analizzato l’immagine a livello subconscio, abbia dedotto che la sua forma primaria fosse il cubo. Douglas Jerolmack, geologo
Il fascino che la tesi platonica esercita è innegabile. L’idea che vi sia un tale ordine nell’universo che abitiamo, che ogni roccia generata dalla terra sia costruita a partire dalla nuda semplicità del cubo è quasi confortante. Sarebbe incredibile poter provare che l’armonia dipinta da Platone nel suo Timeo possa in qualche modo essere un riverbero della realtà. Una realtà che, proprio come nel mito della caverna, siamo in grado di percepire solo attraverso ombre distorte.
Carlotta Biffi