C’è troppa plastica nel Mare Adriatico e le tartarughe marine ci chiedono aiuto

plastica mare adriatico

Un altro forte segnale della presenza di plastica nel Mare Adriatico arriva da 45 tartarughe ricoverate a Riccione: nelle loro feci ci sono diverse microplastiche.

Le tartarughe Caretta caretta

Nel Mar Mediterraneo la specie di tartaruga marina più diffusa è la Caretta caretta, caratterizzata da un carapace di colore marrone-rossiccio e un piastrone giallastro. Di dimensioni ridotte rispetto alle altre, raggiunge i 110 cm di lunghezza e i 180 kg di peso. Purtroppo, è ormai da tempo a rischio di estinzione a causa della pesca accidentale e dell’inquinamento da plastica. Infatti, i Piccoli Detriti (PD) ingeriti dalle tartarughe si accumulano nella sezione finale del loro tratto digerente, alterando il microbiota locale. Negli ultimi anni, la quantità di plastica nel mare Adriatico è notevolmente aumentata e gli effetti colpiscono tutto l’ecosistema marino, comprese le testuggini.




Lo studio

Pubblicato su Frontiers of Marine Science”, è frutto della collaborazione tra la Fondazione Cetacea e l’Università di Bologna. Il team di ricerca ha voluto testare l’ipotesi secondo cui il microbiota fecale può essere un buon bioindicatore, per valutare l’impatto della contaminazione da PD sulla salute delle tartarughe marine. Per fare questo, i ricercatori hanno analizzato i detriti di plastica trovati nelle feci di 45 esemplari ricoverati presso il Centro di Recupero (CRTM) di Riccione. Gli animali analizzati erano stati recuperati nell’Adriatico Nordoccidentale arenate sulle coste oppure accidentalmente catturate dalle reti da pesca. Lo studio si è protratto tra il 2017 e il 2019, periodo durante il quale gli animali sono stati ospitati nel centro di riabilitazione fino al completo recupero, cui è seguita poi la liberazione.

I risultati

Fatta eccezione per una tartaruga, 44 esemplari hanno presentato plastiche nelle feci con un valore medio di 6 ± 6,09 particelle per ciascun campione di feci (0,2 g). Inoltre, “non è stata osservata alcuna relazione significativa tra la quantità di materiale detritico e il tempo di permanenza nel centro di ricovero”. La dimensione dei PD variava tra 11 e 889 μm (micrometro), con un valore medio di 198 μm, ma questi numeri non hanno una correlazione significativa  con la grandezza di ogni tartaruga. In genere, i detriti più grandi hanno effetti macroscopici (es. blocco intestinale), mentre quelli più piccoli possono interagire con le comunità microbiche intestinali, alterandone la fisiologia.

Il microbiota delle tartarughe e le plastiche

Le funzioni del microbiota sono molteplici, ad esempio contribuisce alla digestione, alla regolazione del metabolismo e collabora con il sistema immunitario. Per questo motivo, si è deciso di procedere con l’analisi del microbiota fecale, quale possibile bioindicatore della salute dei vertebrati marini in relazione all’inquinamento da plastica. Come afferma il capo della ricerca, Elena Biagi, la nostra analisi ha permesso di associare la presenza di detriti plastici a specifiche alterazioni patologiche del microbiota intestinale delle tartarughe, con conseguenze negative sulla loro salute”.




Attualmente, la ricerca di correlazioni tra l’ingestione di microplastiche e l’alterazione del microbiota è piuttosto povera, ma con un potenziale notevole. Purtroppo, fare esperimenti in natura è complesso, motivo per cui la maggior parte delle ricerche fatte ha interessato organismi modello tenuti in laboratorio oppure trovati morti (necroscopie) in natura.

La situazione plastica nel mare Adriatico

Situato a est dell’Italia, il Mare Adriatico prende il nome dall’antica città di Adria, per volere dei Greci nel III secolo a.C. Ad oggi, è uno dei mari che più risente delle attività antropiche, così come i suoi litorali. Le fonti di inquinamento sono molteplici:

La plastica è sicuramente uno dei componenti principali (80%) dell’inquinamento marino a scala globale e minaccia più di 260 specie. Infatti, molti animali non sono in grado di discriminare i rifiuti dal cibo, ingerendo spesso ingenti quantità di plastica. Quest’ultima si accumula nel corpo ed entra in tutta la catena alimentare, uomo compreso.

Gli esiti di questo studio sono una dimostrazione della pervasività dell’inquinamento da plastiche nell’ecosistema di un mare estremamente sfruttato come l’Adriatico.

Quanto emerso da questo studio rappresenta indubbiamente un passo avanti nella valutazione dell’inquinamento da plastica del Mare Adriatico. Inoltre, è il primo a ricercare delle correlazioni tra PD e microbiota intestinale e, infatti, “i dati ottenuti sono difficili da confrontare con la letteratura disponibile”. In futuro, si spera di poter replicare l’esperimento in altre zone marine, così da valutare meglio l’attendibilità di questo nuovo metodo sperimentale.




Spesso definita “fossile vivente”, la tartaruga è tra gli animali più antichi, perché esiste sulla Terra da oltre 200 milioni di anni. La sua biologia si interseca con il mito e le leggende di civiltà antiche, quale quella dei Maya, che vedevano nel suo carapace la rappresentazione della volta celeste. Simbolo di forza e di longevità in molte tradizioni popolari, per gli indiani d’America è invece l’emblema della saggezza da ricercare dentro se stessi.

Difficile avere paura di una tartaruga, non raro provare simpatia per i suoi movimenti lenti. Eppure, dalla superstizione alla pesca, dall’inquinamento alla distruzione degli habitat, è sempre più spesso vittima dell’uomo. E mentre nei negozi portuali è la statuetta più venduta, magari proprio in plastica, nel mare soffre e scompare. Sentinella martire della nostra indifferenza.

“Sempre più rare sono le spiagge tranquille dove i grandi cheloni possono andare a riprodursi. Se vorremmo per noi tutte le spiagge, tutte piene di bagnanti e di traffici, un giorno non lontano delle splendide testuggini marine non ci sarà più ombra.”

Carolina Salomoni

Exit mobile version