Pirati nel Mediterraneo: l’Europa che consegna i rifugiati alle milizie

Pirati nel Mediterraneo

Nel Mediterraneo centrale opera la nave di una delle milizie armate più pericolose al mondo. A loro, l’UE affida numerose imbarcazioni di rifugiati da riportare in Libia

I pirati nel Mediterraneo vengono utilizzati dall’agenzia di frontiera dell’UE, Frontex, e dal governo maltese, per riportare barconi di rifugiati in Libia.
In particolare, gli aerei europei condividerebbero le coordinate dei barconi di rifugiati, in modo che i miliziani libici del gruppo armato TBZ possano intercettare le imbarcazioni e riportarle indietro. Non senza l’utilizzo di torture, lavori forzati e pagamento di riscatti.

Questo è ciò che emerge da un’indagine di Lighthouse Reports, in collaborazione con Le Monde, Der Spiegel, Malta Today, Al Jazeera, SIRAJ e DARAJ.

Pirati nel Mediterraneo: chi è, e come agisce, il gruppo TBZ

Il gruppo armato libico Tariq Ben Zeyad (TBZ), emerso nel 2016 e guidato da Saddam Haftar, figlio del comandante generale delle LAAF Khalifa Haftar, è conosciuto come uno dei gruppi armati più pericolosi al mondo. I suoi membri sono soldati che hanno combattuto a fianco di Gheddafi nel 2011, e combattenti provenienti da tribù alleate delle Forze Armate arabe libiche (LAAF).

TBZ opera in difesa delle LAAF, e a loro sono stati attribuiti come si legge in un report di Amnesty International pubblicato nel dicembre 2022 una serie di crimini tra cui uccisioni illegali, torture, sparizioni forzate, stupri, e sfollamenti forzati.
Gli obiettivi sono critici e oppositori reali o percepiti delle LAAF, ma anche residenti delle aree controllate dalle forze armate, a causa delle loro opinioni politiche o delle loro affiliazioni tribali, familiari o regionali.

Dal maggio 2023, TBZ gestisce una grande nave blu a tre motori nel Mediterraneo centrale. Nave che, secondo i dati di World Navigation Organization, apparterrebbe a una società denominata 2020 Volume Boat Maintenance, registrata negli Emirati Arabi Uniti.
Tramite questa, TBZ ha intercettato e riportato in Libia più di 1.000 rifugiati in viaggio al largo delle coste di Libia e Malta.
Tuttavia, secondo gli esperti, la milizia non è dotata di sistemi per l’intercettazione delle barche di rifugiati. Perciò, deve agire grazie a intercettazioni degli aerei di sorveglianza di proprietà dell’UE. Tecniche che, chiaramente, gli esperti hanno dichiarato illegali.

Secondo le indagini, sono tre i metodi attraverso cui l’UE agirebbe in combutta con i pirati nel Mediterraneo:

Secondo un report ONU, TBZ si finanzia tramite il contrabbando di carburante, il traffico di migranti, la tratta di persone e il traffico di droga.
Inoltre, riceve finanziamenti ed equipaggiamenti militari dall’LNA, alcuni dei quali sembrano provenire dagli Emirati Arabi Uniti e dalla Giordania. Qui, diversi combattenti hanno ricevuto un addestramento militare.

Nelle mani di TBZ: “picchiati e gettati in acqua per ore”

Gli autori dell’inchiesta di Lighthouse Reports hanno raccolto le testimonianze di alcuni rifugiati finiti nelle mani dei pirati nel Mediterraneo e riportati in Libia.
Tra questi, c’è un uomo siriano, Bassel.




Mentre era in viaggio su un vecchio peschereccio con altri rifugiati siriani e libanesi, ha visto avvicinarsi i miliziani.
La barca di Bassel ha tentato di fuggire per ben tre ore, prima di essere raggiunta da TBZ.

Abbiamo detto loro di lasciarci in pace, che avevamo bambini e donne a bordo. Ma ci hanno accusato di avere armi e droga e hanno aperto il fuoco sulla nostra barca.

Importante notare che il peschereccio era già stato avvistato da un drone Frontex, due giorni prima dell’intercettazione di TBZ. Le sue coordinate erano state poi inviate a Malta e Grecia.
Tuttavia, la guardia di frontiera ha rifiutato di commentare su come quei dati siano stati ottenuti dai miliziani.

Quando Bassel è stato catturato, i soldati gli hanno rasato sopracciglia e ciglia. Infine, lo hanno picchiato.

Ci hanno picchiato fino a quando i nostri corpi non sono diventati neri. Poi hanno gettato i nostri corpi in acqua. Siamo stati lasciati nel porto di Bengasi accanto alla nave attraccata per ore durante la notte, con il sale che bruciava le ferite.
Alle 4 del mattino ci hanno tirati fuori, e ci hanno picchiati ancora di più

Infine, Bassel ha dovuto indossare una tuta arancione da prigioniero e rimanere in piedi contro un muro. A quel punto, i soldati hanno iniziato a sparare intorno a Bassel, ma senza mai colpirlo –  finchè l’uomo non è svenuto.

Hasan, adolescente siriano, ha raccontato di come lui e altri 500 passeggeri abbiano rischiato la vita cercando di fuggire dai pirati che li avevano riportati in Libia.

Hanno detto: siamo della Mezzaluna Rossa e vogliamo mandarvi dalla Croce Rossa. Ma la nave aveva la bandiera libica e la parola “Tareq Bin Zeyad” scritta sopra. L’ho visto con i miei occhi. Sapevamo che stavano mentendo dicendo che erano della Mezzaluna Rossa. Per calmarci, hanno legato la nostra nave alla nave da guerra con una corda e ci hanno riportato in Libia.

Quando ci siamo resi conto di essere stati riportati in Libia, il capitano della nave ha tagliato la corda e ha acceso il motore per cercare di fuggire. Ma il Tareq Bin Zeyad ci ha raggiunti rapidamente.
Ci hanno detto di spegnere il motore altrimenti ci avrebbero annegato. Non abbiamo risposto, così hanno iniziato a colpire deliberatamente la nostra nave con la loro nel tentativo di affondarci. La nostra barca stava per affondare mentre si inclinava e poi girava, così hanno tirato fuori le mitragliatrici e hanno iniziato a sparare a noi e alla barca

Un altro profugo siriano, Jamal, ha raccontato di essere stato portato in una prigione.

Ci hanno portato in una grande prigione dove siamo stati picchiati con bastoni e ferro. Tutti i nostri averi (passaporti e cellulari) sono stati confiscati.
Non c’era acqua disponibile nella prigione, abbiamo bevuto in bagno. Ci davano da mangiare riso, zuppa o pasta in piccole quantità. Siamo stati trattenuti per 20 giorni

Altri, invece, hanno raccontato di essere stati costretti a lavorare per poter essere liberati o a pagare riscatti. Alcuni sarebbero persino stati venduti come schiavi a uomini d’affari.

Pirati nel Mediterraneo: le posizioni di Frontex e Malta

La guardia di frontiera e il governo di Malta hanno dichiarato di avere un solo obiettivo comune: quello di aiutare le persone in difficoltà. Ma questo significa considerare partner appropriato anche una milizia di pirati? A questa domanda, Frontex ha rifiutato di commentare.

D’altra parte, l’UE è a conoscenza dei pirati nel Mediterraneo.
Infatti, la Corte è in possesso di rapporti riservati che dimostrano che gli Stati membri sono consapevoli della natura illecita di molte delle attività di TBZ, compresa la tratta di esseri umani. Il gruppo, in più, è stato descritto come sostenuto dal gruppo militare privato russo PCM-Wagner.

Secondo l’esperta di diritto internazionale, Nora Markard, la guardia di frontiera UE dovrebbe agire con più responsabilità.

Frontex avrebbe dovuto garantire che qualcun altro si occupasse del salvataggio dopo la richiesta di soccorso, ad esempio una delle navi mercantili, che sarebbe comunque arrivata sul posto molto più velocemente di TBZ. Frontex sa che questa situazione è più un rapimento che un salvataggio.
Provate a immaginare dei pirati che annunciano che si occuperanno di un caso di emergenza

Diverse organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International, hanno chiesto ripetutamente all’UE di smettere di cooperare con la Libia in materia di migrazione e controllo delle frontiere.

La comunità internazionale, compresa l’UE, deve cambiare il suo approccio alla Libia e dare priorità ai diritti umani rispetto agli interessi politici miopi. Senza misure concrete per tenere a freno Tareq Bin Zeyad e ritenerlo responsabile, innumerevoli altri sono alla mercé del gruppo armato

Alla richiesta di commenti da parte di Al Jazeera, Frontex ha dichiarato di lavorare a stretto contatto con i centri di coordinamento dei soccorsi e altre autorità competenti per salvare vite in mare.

Giulia Calvani

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