Noi non dimentichiamo Pippo Fava, giornalista e scrittore ucciso da Cosa Nostra il 5 gennaio 1984 a Catania.
Alle 21,30 si trovava davanti al teatro Stabile, per riportare a casa la nipote che recitava in ‘Pensaci Giacomino’.
Non ebbe il tempo di scendere dalla sua auto che fu freddato da cinque proiettili alla nuca.
Nella Catania dei primi anni Ottanta che negava l’esistenza della mafia, l’unica voce forte, era quella di Pippo Fava che denunciava gli intrecci tra politica, affari e alcuni imprenditori, i “cavalieri del lavoro” che da Cosa Nostra traevano enormi vantaggi: Costanzo, Rendo, Graci e Finocchiaro, quelli che egli chiamava “I Cavalieri dell’Apocalisse”.
Nel 1998 furono condannati all’ergastolo il boss mafioso Nitto Santapaola, ritenuto il mandante, Marcello D’Agata e Francesco Giammuso come organizzatori, Aldo Ercolano come esecutore assieme a Maurizio Avola.
Dai processi sono usciti assolti Marcello D’Agata, Francesco Giammusso e Vincenzo Santapaola, che erano stati condannati in primo grado.
Pippo Fava:
“Mi rendo conto che c’è un’enorme confusione sul problema della mafia
I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono i ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione.”
I due pentiti Luciano Grasso e Maurizio Avola hanno sempre affermato che Santapaola organizzò l’omicidio per conto di ” alcuni imprenditori catanesi ” nessuno di questi è stato condannato.
Pippo Fava:
” Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza e la criminalità accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali. Tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo. “
Oggi i giornalisti sono al servizio dei potenti e dei politici, pochi quelli che denunciano il malaffare, il giornalismo d’inchiesta non esiste quasi più, la maggior parte preferiscono stare in tv, o seduti davanti ad un computer aspettando che magari qualche magistrato o poliziotto mandi notizie d’inchieste o di arrestati.
I pochi che fanno vero giornalismo, vengono additati, messi alla gogna, ed isolati.
Pippo Fava:
“Il problema della mafia è molto più tragico ed importante. È un problema di vertici e di gestione della nazione, è un problema che rischia di portare alla rovina e al decadimento culturale definitivo l’Italia” “
Indubbiamente profonde, le parole riflettono una realtà attuale e complessa. Oggi, la presenza pervasiva della mafia si estende su tutto il territorio italiano, non limitandosi a confini geografici specifici. Il declino culturale è visibile e l’economia illegale legata alla criminalità organizzata sembra superare in potenza quella legale, esercitando il proprio controllo su settori cruciali come media, industrie, cliniche private, banche, ristoranti, hotel e bar. Questa influenza si manifesta su larga scala, sia nel nord che nel sud del Paese. La pervasività della mafia costituisce una sfida significativa per la stabilità e la sicurezza nazionale, richiedendo un impegno congiunto per contrastare il suo impatto devastante sulla società e sull’economia italiana.
In Sicilia quasi tutto il capitale è nelle mani di una mafia, non più rozza e cafona, ma una mafia che indossa un nuovo vestito quello della borghesia e quello intellettuale. Sono avvocati, medici, industriali, hanno il potere e spesso sono così ricchi che non riuscendo ad investire e riciclare tutto il denaro sono costretti a murarlo o a riempire barili da nascondere nella discarica di proprietà.
La Memoria
Pippo Fava rappresenta gli italiani onesti, coloro che non si arrendono, quelli che non s’inchinano ai potenti, i don Chisciotte che combattono contro i mulini a vento, perché puoi combattere, ma la mafia si trasforma e come afferma Fava:
“La mafia è dovunque, in tutta la società italiana, a Palermo e Catania come a Milano, Napoli o Roma ,annidata come un inguaribile cancro. “