Adelmo Cervi è figlio di Aldo Cervi ucciso dai Fascisti il 28 dicembre del 1943 insieme ai suoi sei fratelli e al loro compagno di battaglia Quarto Camurri, nel poligono di tiro di Reggio Emilia. Aldo era il terzogenito e più politicizzato dei fratelli: fu soprattutto lui, con Gelindo, a convincere gli altri della famiglia a partecipare attivamente alla militanza antifascista.
Da quel momento Casa Cervi smette di essere semplicemente un luogo in cui si lotta quotidianamente contro la povertà, ma inizia a rappresentare un centro nevralgico contro l’ideologia mussoliniana.
I fratelli Cervi vengono arrestati il 25 novembre, dopo uno scontro a fuoco svoltosi nella loro masseria di Praticella. La loro morte, avvenuta circa un mese dopo, si collega al tentativo di dare un chiaro segnale ai combattenti antifascisti dopo la morte mai rivendicata del segretario del PFR di Bagnolo in Piano.
Quella dei fratelli Cervi rappresenta una delle pagine storiche più drammatiche del nostro Paese, ma allo stesso tempo, è anche una delle più importanti per la nascita della Repubblica e della Costituzione Italiana.
Adelmo Cervi ha condiviso con noi il piacere di approfondire queste vicende e molte altre che interessano in modo particolare il mondo giovanile di oggi. Il risultato permette di capire il significato dei gesti della sua famiglia, un significato che molte volte viene trascurato, interpretato in modo soggettivo e purtroppo, a volte, anche in modo disinteressato.
Credo sia importante soffermarsi sulla lettura delle sue parole, non solo per te, ma per l’intera società in cui vivi, risultato di un passato troppe volte dimenticato.
“La mia vita non è niente di straordinario, è mio padre e la mia famiglia che meritano di essere scoperti attraverso i libri e gli insegnamenti. È per questo motivo che ho deciso di scrivere un libro (Io che conosco il tuo cuore) in cui racconto la loro storia e quella degli ideali in cui credo e che da sempre diffondo.
Ho la fortuna di adorare la compagnia dei giovani, ho un certo feeling con loro, mi seguono e lo fanno perché gli parlo delle loro cose, del loro futuro, di grandi ideali da seguire per combattere in questo mondo balordo che sempre più rinnega la nostra Costituzione. Abbiamo creato una nuova Italia attraverso storie simili a quella della mia famiglia, molti partigiani e antifascisti hanno perso la vita, siamo usciti vincitori nella lotta per la Liberazione e per la formazione di una Costituzione meravigliosa che sempre più viene rinnegata.
A me fa sempre piacere entrare nelle scuole e parlare con i ragazzi, perché i giovani sono il nostro futuro. I ragazzi vanno stimolati attraverso i sentimenti: è così che arrivano ad appassionarsi alle storie umane. Spetta a loro descrivere il mondo nuovo e costruire quello futuro in conformità a valori importanti. Quando parli ai ragazzi di gente come mio padre e i miei zii, cha hanno lasciato tutto quello che avevano per un mondo che oggi viene gestito da corrotti e da gente senza valori, riflettono su come sono andate le cose e su come sarebbero dovute andare.
Molte volte sentono dire che la politica è una cosa sporca, ma non è così: la politica è vita, di sporco ci può essere solo il politico che gestisce male questa “vita”. La politica è quello che si fa tutti i giorni e ognuno di noi è un politico, anche chi dice che non ne è interessato, perché la loro politica si basa sul lasciar fare a terzi.
Non possiamo commemorare i nostri eroi e poi non rivalutare una società distante dai valori che hanno guidato e generato questi eroi. Chi ha perso la vita per dei valori dovrà essere sempre rispettato, ma non con monumenti, non con delle decorazioni, non contano le medaglie, ma attraverso l’esaltazione dei valori umani.
Oggi alcuni ricordano il Fascismo come un movimento rivoluzionario, e Mussolini come un personaggio che ha avuto la capacità di cambiare in meglio la vita quotidiana di ogni cittadino italiano. Si parla soprattutto di ragazzi di 16-17 anni che non sanno nulla del Fascismo, sono stati istruiti basandosi esclusivamente sulle cose migliori realizzate da Mussolini. Tutto questo avviene anche a causa di fondamentali istituzioni: la scuola, per esempio, dovrebbe dedicarsi all’illustrazione di ciò che è stato realmente il Fascismo. Perché non si dice che Mussolini era in albergo a Verona quando questi “scalmanati” sono arrivati a Roma? Perché non si racconta di come le più influenti figure di allora hanno consegnato il Governo nelle mani di Benito Mussolini? Forse perché allora bisognerebbe dire che il Fasciamo era anche figlio del capitalismo, che non è nato dal nulla, ma dal bisogno da parte di alcune figure potenti dell’epoca. La storia contemporanea italiana ha bisogno di entrare maggiormente nelle scuole, e allo stesso tempo anche i genitori e le famiglie dovrebbero parlare di più con i propri figli.
C’è molto altro da rivedere anche sulla figura del partigiano. Il partigiano è quell’antifascista che ha fatto venti anni di battaglia, che è stato in esilio, non pseudo partigiano che si è aggregato gli ultimi mesi quando restare a casa era più pericoloso che andare in montagna. Forse si parla anche troppo del partigiano e non dell’antifascista che ha perso la vita, che è stato costretto a fuggire all’estero. E’ paradossale come attualmente non riusciamo a capire come molti degli attuali migranti vivono esattamente la stessa triste esperienza scappando da Paesi caratterizzati dalla tirannia. Li attacchiamo fortemente ma non diciamo nulla contro i tiranni dei loro Paesi.
Ci sono immigrati che arrivano in Italia e cercano scorciatoie sociali attraverso il mondo della criminalità, ma che senso ha dire che ogni emigrante corrisponde solo a questo profilo, quando in realtà chi si ritrova coinvolto in tutto questo non è altro che un servitore di bastardi del nostro Paese che li usano e sfruttano? L’emigrante che finisce per fare lo spacciatore è accolto da qualche bastardo italiano che lo usa per arricchirsi sempre di più. Mandiamo in galera un ragazzo per uno spinello e allo stesso tempo abbiamo rapporti di sudditanza nei confronti di ambasciatori e consoli di Paesi che vivono di narcotraffico, mandiamo ragazzi a morire per il bene di Paesi che rappresentano i principali produttori di droga. E’ inspiegabile come si possa odiare in modo così intenso un popolo che scappa da una guerra e allo stesso tempo mantenere rapporti diplomatici con Paesi che causano queste disperate fughe.
Siamo una Repubblica Democratica fondata sulla Resistenza, abbiamo una Costituzione che dice che dobbiamo rispettare la volontà dei popoli, che dovremmo avere tutti un lavoro, il diritto allo studio, ma pochi si ribellano con forza verso certe mancanze.
A volte mi dicono che sono un utopista perché credo ancora in un mondo basato su una giustizia che non esiste, perché l’uomo non è così come penso io: l’uomo è egoista, pensa ai suoi interessi. Ma non è così: ci sono stati anche uomini diversi, ci sono state migliaia di persone altruiste che hanno dato tanto per ognuno di noi. La mia famiglia ne è un esempio“.
Andrea Umbrello