Pig palace: la nuova frontiera dell’allevamento intensivo

Pig Palace: si avvia in Cina la costruzione di un nuovo allevamento intensivo

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Pig Palace: nasce in Cina il più grande allevamento intensivo verticale del mondo. Moderno e con un basso impatto ambientale, si pone l’obiettivo di coniugare produzione e sostenibilità.  

Pig Palace è il futuro dell’allevamento intensivo. Autoalimentata e dal basso impatto ambientale, la struttura in costruzione sarà in grado di mandare al macello 1,2 milioni di suini all’anno producendo il 90% delle emissioni in meno. La Cina sembra aver trovato il modo di rendere sostenibile l’allevamento intensivo, una delle principali fonti dell’inquinamento globale, e di vanificare qualsiasi chiamata alla transizione verso un’alimentazione vegetale.  

“Il mercato ha sempre spazio per carne di alta qualità e il futuro dell’allevamento suino è roseo– ha dichiarato Zhuge Wenda, presidente di un’azienda produttrice di cemento e grande investitore del progetto – soprattutto se prodotta in un’industria amica degli animali, che tutela il loro benessere”.  

Sarà per questo che alla COP27 di allevamento intensivo non si è parlato?  

COP27: la Cina è grande assente  

Il 6 novembre scorso a Sharm El-Sheik, si è inaugurata la COP27, ventisettesima conferenza delle Nazioni Unite sul clima. Un evento che il presidente Abdel Fattah El-Sisi ha definito “un’opportunità per mostrare unità contro una minaccia esistenziale che solo noi possiamo superare attraverso soluzioni concrete e ottimizzazione”.  

Unità che di fatto non c’è stata. Al summit non si sono presentati i capi di stato dell’India e della Cina, due dei maggiori produttori di CO2 al mondo. Un’assenza che ha fatto paventare l’impossibilità di raggiungere un accordo efficace in materia climatica.  

… ma non trascura la problematica ambientale 

Fortunatamente le cose sono andate diversamente. Il presidente cinese Xi Jinping, ad esempio, ha sì mancato di presenziare alla COP27 ma non ha certo perso l’occasione di dire la sua. In occasione del G20, Xin ha incontrato il suo omologo statunitense Biden. Un colloquio di circa due ore ha visto confrontare le due potenze su temi come Taiwan, la crisi Ucraina e la lotta al cambiamento climatico.  

Si presenta, per Cina e Stati Uniti, “l’urgenza di collaborare per affrontare sfide transnazionali, quali il cambiamento climatico, la sicurezza alimentare e sanitaria, perché questo è ciò che la comunità internazionale si aspetta”.  

Pur non avendo presieduto alla COP27, dunque, non possiamo certo dire che la Cina stia del tutto ignorando la questione ambientale. Anzi. È recente la notizia secondo cui proprio nel paese del dragone starebbe sorgendo il secondo edificio di un grande plesso completamente autonomo sul piano energetico. Lo chiamano Pig Palace. 

Peccato sia un allevamento intensivo.  

Pig Palace: la nuova frontiera dell’allevamento intensivo  

26 piani e 400 mila metri quadrati sono le ambiziose dimensioni di quello che in Cina già chiamano “Pig Palace”, il palazzo dei maiali. Si trova ad Ezhou, 80 Km a sud-est di Wuhan, e una volta entrato in funzione manderà al macello circa 1,2 milioni di suini all’anno.  

L’azienda Zhong Xin Kai Wei Modern Breeding Company se ne servirà per far fronte alla crescente domanda di carne proveniente dalla popolazione cinese. Il vicepresidente ha descritto l’edificio in costruzione, il secondo del suo genere, come il “più grande allevamento di maiali al mondo, dove c’è brezza fresca d’estate e l’aria è calda in inverno”.

La struttura sarà infatti dotata di un sistema di trattamento dei rifiuti in grado di trasformare gli escrementi dei suini stessi in energia per la produzione del riscaldamento. Un trattamento che permetterà di ridurre sostiene l’azienda, del 90% le emissioni di gas inquinanti. Una sala di controllo, inoltre, verificherà in tempo reale l’approvvigionamento di mangime ed acqua potabile per ciascun maiale; umidità e concentrazione di gas tossici ai piani. Se a questo uniamo la gran convenienza dello sviluppo verticale dell’allevamento, che consentirà alla Cina di preservare una buona parte del terreno dall’erosione, è indubbio che Pig Palace si presenti come un successo sul profilo ambientale. Forse per questo la New China Tv lo ha sponsorizzato attraverso video promozionali con tanto di maialini sorridenti.  

Pig Palace: la fabbrica della morte diventa sostenibile 

Peccato che sia tutta una messa in scena. I maiali che cresceranno, “vivranno” e verranno macellati all’interno di questi allevamenti verticali non conosceranno mai un filo d’erba; né brezza estiva; né vento caldo. Immaginiamoli piuttosto come corpi pronti all’uso, destinati al macello, che attendono la loro esecuzione ciondolando in gabbiette dagli spazi ristretti. L’impatto sull’inquinamento potrà essere di tutto rispetto, ma la sostenibilità etica dell’edificio e del complesso di cui farà parte, di fatto non esiste e non può esistere. Pig Palace non è, come molti lo hanno tristemente ribattezzato, un “hotel per maiali”. Pig Palace è una fabbrica di morte dove i corpi di animali con elevate capacità cognitive e relazionali vengono ammassati e ridotti alla stregua di pezzi di una catena di montaggio.  

Però la catena di montaggio funziona alla perfezione.  La catena di montaggio è sostenibile.  

È accettabile una morte a impatto 0? 

Di allevamento intensivo alla COP27 non si è discusso, nonostante più volte in passato si sia ribadita la necessità di contrastare gli allevamenti intensivi inquinanti e preferire un’alimentazione vegetale. È noto che gli allevamenti intensivi siano responsabili di un’alta percentuale di emissioni di CO2 nell’atmosfera. Per non parlare poi dell’erosione del suolo e del consumo di risorse idriche. Attenzione però a porre l’accento solo su problemi quali il consumo di risorse idriche, l’emissione di CO2 nell’atmosfera, la produzione di gas tossici e l’erosione del suolo legati all’industria zootecnica.  

Guardando agli allevamenti intensivi come problematici sul solo piano dell’inquinamento, rischiamo di trovare in Pig Palace quel giusto compromesso tra sostenibilità e produzione carnea. Dimenticheremmo così che dietro la fettina acquistata al supermercato c’è la macellazione di un essere vivente nato e cresciuto in un box di metallo poco più grande di lui. 

 Il fatto che quella fettina sia stata prodotta con il 90% di emissioni in meno non cambia tutto questo.  

 

                                                                                                                 Alessia Fallocco

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