I piccoli borghi riprendono vita grazie ai profughi

Fonte: lastampa.it

I giovani profughi hanno compiuto un piccolo miracolo nei borghi che, ormai, quasi tutti i residenti avevano abbandonato: li hanno riportati in vita. Infatti l’arrivo dei profughi, che attendono un permesso umanitario, ha comportato la riapertura delle scuole e la ripartenza dell’economia locale.




Si tratta di zone, o paesi, dove l’età media dei pochi abitanti è molto alta, come spiega l’ex Ubaldo Mazza, quando gli chiedono di parlare del suo giovane amico nigeriano di 17 mesi : “Si chiama Victory, ma per noi è Vittorio, anzi Vittò. E da quando a Petruro sono arrivati Vittò, Testimony, Marvellous, Shiv e tutti gli altri, anche noi vecchi abbiamo ricominciato a sentirci vivi, qui prima c’erano soltanto silenzio e funerali”.

Ma non solo, grazie alla presenza di bambini come Victory, il Comune ha deciso di riaprire l’asilo ormai chiuso da tempo: “Con tutti questi nuovi bambini – aggiunge Mazza – il Comune ha deciso di riaprirlo, qui la scuola era chiusa da vent’anni”.

Un esempio di come l’integrazione sia possibile anche da parte di chi, apparentemente, non ha niente in comune: due epoche che si accettano senza pregiudizi o preconcetti che facciano da filtro o condizionino un legame così semplice come è l’amicizia.

Ubaldo e Victory fanno parte di un progetto avviato dalla Caritas di Benevento e che prende il nome di “Rete dei comuni welcome”: i principi fondanti sono accoglienza e il “welfare locale ad esclusione zero”. Quest’ultimi si trasformano in strumenti utili a frenare l’esodo, sempre più frequente, da questi territori ormai spopolati e abbandonati: si tratta della zona compresa tra il Sannio e l’Irpinia, con numerosi bar deserti, campi non coltivati, strutture commerciali deserte e con un tasso di crescita fermo da tempo a zero.

Un altro esempio di integrazione che stimola l’economia e la cittadinanza attiva, è avvenuto a Pettinengo. Si tratta sempre di un borgo che è rinato proprio grazie alla presenza dei rifugiati politici, tanto che ormai è noto come il “paese salvato dai migranti”.

Il nome deriva dal fatto che ne ospita il 2000% in più di quanto previsto dalle linee guida del Viminale nel piano operativo per i cosiddetti “flussi straordinari“. Grazie a quest’ultimi, il borgo ora è pieno di gente proveniente dalla Costa D’Avorio, Senegal o Nigeria: nessun abitante si è sentito sopraffatto da questa ondata di multiculturalità anzi proprio il contrario.

Sono nati diversi legami e soprattutto numerose collaborazioni in ambito lavorativo, grazie a una gestione intelligente dei fondi disposti dal governo. Ma soprattutto tenendo conto che i fondi devono essere destinati solo all’accoglienza e non ad altri fini: infatti tutte le risorse economiche sono state investite in programmi di formazione, tirocini e strage così da avviare delle sinergie utili al territorio e ai suoi abitanti.

Obiettivo assolutamente raggiunto come dimostra il fatto che a maggio, a Pettinengo, una 40ina di disoccupati sono stati assunti per lavorare, insieme ai profughi, a diverse opere di manutenzione del verde e del patrimonio pubblico.

Dorotea Di Grazia

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