Ad oggi il culto degli imprenditori illuminati è diffuso in tutto il pianeta. In questa piccola guida proveremo a spiegarvi come diventare simile a loro. Inoltre, faremo una piccola rassegna di tutti gli effetti positivi che l’abbandono di vetuste istituzioni come lo stato sociale ha avuto sulle nostre società.
Il cambio di paradigma
A partire dagli anni ’70/’80, le nostre società hanno vissuto una trasformazione di natura epocale: il passaggio da un sistema fordista ad uno definito come postfordista.
Il sistema fordista si basava sulla gestione pubblica delle risorse che venivano allocate dallo stato secondo un principio di giustizia sociale.
Il modello postfordista, viceversa, è fondato sul neoliberismo. Questo processo è stato definito dal filosofo Avram Noam Chomsky come basato sul sistematico indebolimento dei meccanismi di solidarietà sociale e di coinvolgimento popolare nella determinazione delle politiche. Ciò ha portato ad ampie privatizzazioni e deregolamentazioni.
In questa nuova organizzazione sociale non è più la politica a indirizzare l’economia, ma piuttosto l’economia, dominata da un’élite di uomini bianchi privilegiati, a guidare le scelte politiche.
Come è stato possibile?
A questo punto ci si potrebbe chiedere come sia possibile che questa trasformazione, che ha rappresentato un evidente peggioramento della condizione delle classi meno abbienti, non abbia come minimo scatenato una rivoluzione.
La risposta non è né semplice né univoca. Innanzitutto, va ricercata nella trasformazione radicale del discorso politico iniziata a partire dagli anni ’80 con Margaret Thatcher e Ronald Reagan e ulteriormente acceleratasi all’indomani della caduta del muro. Con la fine dell’epoca fordista e dunque la chiusura dei grandi poli industriali e il cambiamento radicale del mercato del lavoro, la classe operaia diventa difficile da definire come un’entità unitaria e riconoscibile. Scomparsa la categoria di “classe”, scompare anche l’idea di “lotta di classe” e rimane un pulviscolo di individui incapaci di organizzarsi collettivamente per combattere contro un nemico comune.
Questo si riflette nelle proposte dei partiti tradizionalmente socialisti che smettono di parlare di lotta allo sfruttamento del proletariato e iniziano ad occuparsi della tutela dei diritti identitari come quelli legati all’etnia e all’orientamento sessuale.
Ciò che questi nuovi partiti di sinistra faticano a riconoscere è che anche il rispetto dei diritti identitari risulta impossibile in una società strutturalmente ingiusta come quella capitalistica. Infatti, Il prerequisito necessario a garantire i diritti identitari non consiste forse innanzitutto nel rispetto della dignità umana nell’ambito che rappresenta la parte più consistente della vita di ciascuno di noi, ovvero il posto di lavoro?
Il culto degli imprenditori illuminati
Nel 1844, il filosofo tedesco Karl Marx scrive un saggio intitolato “Contributo alla critica della filosofia del diritto di Hegel”. Sebbene questo testo sia ad oggi meno celebre di altre opere, proprio da qui è tratta una frase che tutti hanno sentito almeno una volta: “la religione è l’oppio del popolo”. Ciò che il filosofo intendeva con queste parole era che le classi dirigenti sfruttassero la religione per controllare il proletariato e contenere l’odio di classe, attraverso la promessa del raggiungimento della felicità nell’aldilà e l’idea per cui “gli ultimi saranno i primi”.
Oggi dovremmo tenere bene a mente il monito di Marx. Questo perché la rivoluzione che ci si sarebbe aspettati con l’avvento del postfordismo è stata evitata anche grazie alla creazione di una nuova religione in grado di ottundere le masse. Si tratta del culto del “self made man” e della “hustle culture” (traducibile come “cultura dello stacanovismo”).
Questa nuova religione è semplice, si basa sulla promessa che tutti possiamo raggiungere la felicità ( nella forma di soldi e potere). Tutti possiamo sedere alla destra di quegli imprenditori illuminati e filantropi che con il proprio ingegno e innato altruismo salveranno l’umanità. Infondo basta lavorare duro abbastanza, no?
I comandamenti sono scritti nei testi sacri, i libri sulla vita dei profeti Jeff Bezos, Mark Zuckenberg e Elon Musk (per citarne alcuni). Di seguito riportiamo i principali:
- Non mettere mai in dubbio la bontà del libero mercato.
- Onora il progresso tecnologico, cosa buona e giusta in ogni caso.
- Non dimenticare che lo stato sociale, con la sua pretesa di tassare gli imprenditori milionari, impedisce il compiersi del progresso.
- Sii produttivo, fermarsi a riflettere rischia di indurti nella tentazione di immaginare un’alternativa al sistema capitalista.
Se rispetterai questi principi anche tu raggiungerai la vita promessa e soddisferai tutti i tuoi bisogni, anche quelli che prima della società capitalistica non sapevi di avere.
Tutti possono diventare imprenditori illuminati
Ma quindi per diventare gli imprenditori illuminati basta seguire i comandamenti?
Non proprio, ci sono ancora un paio di passaggi, ma tranquillo sono cose che tutti possono raggiungere, basta sognare abbastanza in grande.
Innanzitutto, come dimostra la classifica delle persone più ricche del mondo nel 2022 di Forbes, basta non essere donne ed essere tendenzialmente bianchi.
Poi ovviamente è necessario avere un’infanzia difficile. Ad esempio, il povero Elon Musk, nella sua residenza da nababbo in Sudafrica, non ha ricevuto abbastanza attenzione dai genitori.
Per quanto riguarda i primi passi nel mondo dell’imprenditoria, non serve possedere un ingente capitale da investire, è sufficiente una buona idea. Basti pensare a Jeff Bezos che ha ricevuto dai genitori solo la misera cifra di 250.000 dollari da poter investire nella sua idea.
Infine, bisogna saper riconoscere il nemico: lo stato che con le tasse impedisce l’avanzata dell’innovazione; salvo poi accettare di buon grado quando finanziano un nostro progetto con cifre da capogiro. Non bisogna dimenticare le parole di Elon musk: la terra promessa sarà la società di Marte, dove lo stato sarà abolito e a sedere sul trono sarà l’imprenditore illuminato stesso!
La trasformazione del mondo del lavoro
In attesa della terra promessa, ecco un elenco di alcuni dei benefici portati dalla progressiva privatizzazione e deregolamentazione di vari settori lavorativi.
Innanzitutto, ai lavoratori è stata garantita molta più flessibilità grazie all’aumento dei contratti a tempo determinato. Questo ha salvato milioni di persone dalla noia di lavorare senza il brivido di ritrovarsi a dover ricominciare da capo in ogni momento.
Inoltre, ci si è potuti liberare dell’idea vetusta per cui i lavoratori abbiano degli orari di lavoro specifici. Del resto, rispondere alle e-mail o collegarsi da remoto per riunioni fuori dall’orario di lavoro sono da considerare come requisiti minimi. Se i datori di lavoro sono instancabili “workaholics” che lavorano fino a mezzanotte perché non dovrebbero farlo anche gli impiegati? E di più: chi non sarebbe felice di venir sfruttato per portare avanti i progetti rivoluzionari degli imprenditori illuminati?
Infine, grazie alle politiche di “New Public Management” si è potuto finalmente aziendalizzare servizi come l’istruzione o la sanità . Questo ha permesso di renderli più efficienti economicamente, tagliando spese inutili. Ad esempio, quella per la predisposizione di un surplus di posti letto in terapia intensiva negli ospedali. Tanto, se arriva uno shock esogeno come una pandemia ci si penserà poi. Del resto, se muore qualche anziano che non contribuisce in alcun modo alla crescita del PIL che male c’è?
Un triste paradosso
In conclusione, l’insegnamento che si può trarre è quello di non lasciarsi ammaliare dal culto del “ self made man” e del “hustle culture”. Infatti, nel tentativo di diventare come gli imprenditori illuminati che tanto ammiriamo, rischiamo di non vedere quello che abbiamo sotto gli occhi: il declino della democrazia e dello stato sociale.
Se non smettiamo di credere alle favole dell’uomo che si fa da solo e della crescita economica infinita, rischiamo di alimentare il triste paradosso per cui sono proprio gli ultimi della società che votano partiti che eliminano garanzie sociali, abbassando le tasse agli imprenditori con strumenti come la “flat tax”.
Virginia Miranda