L’atto del piantare
Se l’atto del piantare dona qualcosa al mondo in cui tutti viviamo, in esso è necessario per forza di cose qualcuno che ha piantato. Vedere oggi una specie vegetale non spontanea porta a pensare a chi se ne è occupato; un giardino di una villa è il prodotto di chi ci abita, un orto urbano è della città tanto quanto di chi ci ha lavorato.
Uomo e natura: Beuys e i Caetani
E due esempi, geograficamente distanti ma cronologicamente l’uno più o meno successivo all’altro nel corso del Novecento, permettono di riflettere su chi ha progettato e portato avanti un processo di naturalizzazione: sto parlando delle 7000 querce di Joseph Beuys piantate tra il 1982 e l’87, e del Giardino di Ninfa, gestito oggi dalla Fondazione Caetani e creato in massima parte da due generazioni di Caetani tra il 1920 e il 1970 circa.
Natura e uomo: le 7000 querce
Beuys prepara per Documenta VII, la manifestazione artistica internazionale che si svolge a Kassel in Germania, 7000 lastre basaltiche: ognuna di esse da abbinare ad una quercia che chiunque può decidere di acquistare e piantare. Più scende il mucchio delle pietre di fronte il museo Fridericianum, più la città è abitata di nuovi alberi. L’artista tedesco si occupa delle operazioni, ma non vedrà mai la fine del suo progetto che giungerà un anno dopo la sua morte.
Natura e uomo: il Giardino di Ninfa
La famiglia Caetani, invece, nelle persone di Roffredo e Gelasio prima, e di Lelia, figlia di Roffredo, poi, in circa cinquant’anni popola lo spazio delle rovine medievali di Ninfa di specie vegetali dalle più disparate provenienze.
La persona che pianta
Che cosa significa oggi visitare Kassel o Ninfa? Di sicuro vedere come queste architetture naturali si siano sviluppate e convivano con il resto della produzione umana. Ma ancor più di questo, la natura si presenta per quanto detto prima come testimonianza del lavoro dei personaggi che ho nominato. E si può intravedere la loro mentalità, la loro personalità: dagli alberi ad alto fusto preferiti da Roffredo e Gelasio Caetani, alla delicatezza dei colori delle specie ornamentali di Lelia, fino alla volontà di Beuys di farsi da tramite in un rituale sociale di piantagione che coinvolga i cittadini tedeschi e i visitatori stranieri di Documenta a lasciare il proprio segno, in questo processo di riappropriazione ecologica del nostro mondo.
Gli alberi che piantano
Beuys parla di come si possa anche vedere rovesciata la situazione: gli stessi alberi ci piantano; l’uomo appartiene alla natura; un albero è come noi. Nel suo ergersi e diramarsi, nel colorarsi e seccarsi si specchia ciò che siamo, dove siamo stati e cosa vogliamo ancora fare; si dichiara una presenza e si lascia vivere una vita nuova, che non potremo più dal momento della piantagione pensare di controllare in tutti i suoi sviluppi.
Giacomo Tiscione