Il Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ha finalmente approvato il Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. La decisione arriva dopo 6 anni e ben 4 governi dalla prima bozza e sembra essere una delle prime buone notizie di questo anno nuovo.
Cos’è il Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici
“Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC) è uno strumento di pianificazione nazionale a supporto delle istituzioni nazionali, regionali e locali per fornire loro una base comune di dati, informazioni e metodologie di analisi utile alla definizione dei percorsi settoriali e/o locali di adattamento ai cambiamenti climatici”.
Così si legge nel rapporto disponibile sul sito del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica. Il PNACC, quindi, cerca di proporre azioni di adattamento climatico in molteplici settori.
È noto, infatti, che il nostro Paese sia sempre più spesso colpito da eventi climatici estremi dovuti alla crisi climatica, ed è dunque un ottimo segnale che sia stato approvato un piano per far fronte a tali fenomeni. Nel 2023, infatti, ci sono stati 378 eventi metereologici estremi (mediamente più di uno al giorno) che corrispondono a un aumento del 22% rispetto al 2022.
Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici: un po’ di contesto
361 azioni per tutelare i sistemi naturali, sociali ed economici italiani. Sembra promettere bene il piano di adattamento ai cambiamenti climatici approvato nelle ultime ore dal ministero di Pichetto Frattin. La prima bozza di questo piano risale al 2018 con il Governo Gentiloni e l’allora ministro dell’ambiente Gianluca Galetti. Ci sono voluti altri 4 governi e 3 ministri per portarlo all’approvazione.
Ecco alcune delle le proposte del Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici nell’ambito dei 9 settori considerati:
- Biodiversità: assicurare entro il 2030 il ripristino di vasti ecosistemi degradati, arrestare la deforestazione e promuovere la riforestazione e il rimboschimento, aumentare le superfici delle aree protette e gestirle efficacemente.
- Ambienti marini, costieri e di transizione: garantire l’utilizzo sostenibile delle risorse naturali, in particolare idriche, prevenire gli impatti dell’erosione costiera attraverso infrastrutture di protezione, limitare l’inquinamento marino.
- Suolo e territorio: arrestare il consumo di suolo, combattere la desertificazione e proteggere il suolo affinché possa continuare a fornire i suoi servizi ecosistemici fondamentali.
- Dissesto geologico e idraulico: rafforzare le capacità di adattamento e resistenza di comunità e territori attraverso un migliore monitoraggio del territorio e una sua migliore gestione.
- Risorse idriche: garantire la funzionalità degli ecosistemi fluviali anche per i periodi di siccità. Massimizzare l’efficienza delle infrastrutture idriche e dei prelievi.
- Emissioni atmosferiche e qualità dell’aria: minimizzare le emissioni per mantenere una buona qualità dell’aria e migliorarla. Incrementare l’efficienza energetica e la produzione di energia da fonti rinnovabili.
- Popolazione e salute umana: diminuire l’esposizione della popolazione ai fattori di rischio ambientale e antropico.
- Beni culturali e paesaggistici: salvaguardare, proteggere e promuovere il patrimonio culturale e ambientale del Paese.
- Settori antropici: promuovere e incentivare agricoltura, pesca, acquacoltura e turismo sostenibili.
In poche parole, il Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici punta a una maggiore sostenibilità dell’Italia sotto tutti i punti di vista e, come si diceva, questa sembra essere una delle prime buone notizie dell’anno.
Dalle parole ai fatti
Ma non è tutto oro quello che luccica e, com’è noto, passare dalle parole ai fatti è spesso molto complicato. Il rischio che questo piano rimanga solo un elenco di buoni propositi che verranno dimenticati nel giro di pochi mesi, infatti, è alto. E una prima spia potrebbe essere il fatto che nell’ultima legge di bilancio all’ambiente spetta decisamente troppo poco.
A sollevare alcuni dubbi sono, tra altre, Legambiente e WWF che temono che alle parole, certamente condivisibili, non seguiranno azioni concrete.
“Ricordiamo al Ministro dell’ambiente e al Governo Meloni che per attuare il PNACC sarà fondamentale stanziare le risorse economiche necessarie e ad oggi ancora assenti, non previste neanche nell’ultima legge di bilancio, altrimenti il rischio è che il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici resti solo sulla carta. È fondamentale che metta in campo una chiara e decisa strategia di prevenzione attuando al più presto le 361 azioni individuate nel Piano, tra cui le aree e vasche di esondazione e i processi di rinaturalizzazione dei bacini idrografici e dei versanti per ridare spazio ai fiumi, per far sì che la nostra Penisola conviva nei prossimi anni con l’emergenza climatica evitando così di rincorrere le emergenze”.
Stefano Cifani, presidente di Legambiente
Legambiente, inoltre, chiede che venga approvato anche un Piano Nazionale integrato energia e clima con obiettivi ambiziosi nell’ambito della produzione energetica da fonti rinnovabili e di riduzione drastica di gas climalteranti entro il 2030, in linea con gli obiettivi ONU.
La posizione di WWF in merito al Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici
WWF, invece, è ben più pessimista:
“Oggi finalmente abbiamo un Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, strumento importante e indispensabile atteso da anni. Le buone notizie però finiscono qui. Riteniamo non ammissibile che dopo 7 anni si proponga un Piano con “possibili opzioni di adattamento che troveranno applicazione nei diversi strumenti di pianificazione, a scala nazionale, regionale e locale”. I Piani si chiamano così perché servono a pianificare concretamente operando scelte, specie a livello nazionale e sovraregionale”.
Secondo l’associazione ambientalista, infatti, il piano manca di decisioni chiare e coraggiose: offre una visione lucida dei problemi ma non propone vere azioni per affrontarli e nemmeno adeguati finanziamenti.
Il Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, dunque, sarebbe solo un primissimo passo a cui devono necessariamente seguire decreti attuativi e azioni di governance finalizzati a costruire un percorso efficace e sistemico. Mentre per ora, secondo WWF,
“il Piano appare fortemente deficitario di quella visione integrata che dovrebbe consentire di pensare l’adattamento non come mere misure di emergenza o di messa in sicurezza del territorio. Oggi la coscienza e conoscenza dei rischi dovrebbe portare a misure strutturali che il Piano ancora non intravede”.
Insomma, il Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici è certamente una prima mossa nella direzione giusta, la base minima da cui partire, ma è necessario ora più che mai che alle parole seguano i fatti.