Lo studio proveniente dal Poland’s Optical Gravitational Lensing Experiment (OGLE) effettuato con dati da un telescopio basato in Cile e pubblicato su Nature è importante non tanto per il risultato preso come dato a se stante, cioè che i pianeti erranti di dimensioni gioviane (o più grandi) siano un quarto delle stelle della galassia invece che il doppio come suggeriva lo studio MOA (Microlensing Observations in Astrophysics) della Ohio University, ma proprio perchè si inserisce in una diatriba scientifica che è tutt’altro che conclusa dal nuovo studio.
Innanzitutto voglio tranquillizzare chi sia a digiuno di astronomia, che siano un quarto delle stelle o il doppio i pianeti erranti vista la vastità del cosmo sono un pericolo solo teorico, talmente improbabile come evenienza da essere trascurabile (non che nel caso ci potremmo fare qualcosa a parte emigrare).
Non ho spiegato cosa sia un pianeta errante, credo sia abbastanza intuitivo, si tratta di pianeti che non orbitano attorno a una stella in un sistema solare ma vagano nello spazio interstellare. Vengono espulsi da un sistema solare nelle fasi di formazione, le prime turbolenti fasi di vita di un sistema planetario sono state paragonate alla spaccata nel biliardo con palline spedite da tutte le parti, mentre la maggior parte poi entrano in orbita stabile attorno alla stella alcuni possono essere spinti abbastanza lontano da non essere più catturati dalla sua gravità. Per gli studiosi di cosmologia questi corpi sono importanti perchè una volta individuati possono, tramite la loro traiettoria, risalire al loro sistema di origine e costituiscono un mattone importante nella conoscenza della formazione di quei sistemi.
Come individuare un pianeta errante
Un pianeta è un corpo freddo non emette luce o radiazione in maniera significativa, non è nemmeno concepibile pensare di realizzare un telescopio che permetta di osservarlo direttamente. E allora? Allora la risposta la avete nel nome dei due studi, lente gravitazionale, un effetto previsto dalla Teoria della Relatività generale di Einstein (e sì rispunta sempre, poi ogni tanto tocca leggere un analfabeta in fatto di scienza che per fare il figo su internet avendo mal compreso qualcosa che ha letto dice che è sorpassata o altre amenità del genere) quando un corpo passa davanti a una stella sullo sfondo la deformazione dello spazio provocata dalla sua massa agisce come una lente che fa convergere i raggi e la luminosità aumenta temporaneamente. Quindi nel mondo si stanno moltiplicando gli esperimenti che consistono nel sorvegliare per un lungo periodo di tempo grandi quantità di stelle registrando questi eventi. Se il corpo è di dimensioni terrestri o fino a 10 volte la massa della Terra questo effetto di aumento della luminosità durerà poche ore, nel caso di pianeti giganti anche alcuni giorni.
La discrepanza dei risultati tra OGLE e MOA
Se l’unico modo che abbiamo per “indovinare” le caratteristiche del corpo che provoca l’effetto lente gravitazione è la variazione di luminosità di una debole stella si capisce quanto sia difficile effettuare la misurazione, ma c’è di più, anche a parità di dati rivelati la metodologia di interpretazione può variare, ad esempio una delle ipotesi per spiegare la grossa discrepanza tra il nuovo esperimento e il MOA è che i polacchi abbiano considerato nane brune (dunque non pianeti) oggetti che nello studio americano sono stati classificati come pianeti erranti giganti. Gli americani non vacillano e stanno coi loro dati, i polacchi hanno intitolato il loro studio “No large population of unbound or wide-orbit Jupiter-mass planets” rivelando una volontà abbastanza esplicita, iniziando con quell’avverbio di negazione, di volersi riferire allo studio precedente e smentirlo, tanto è vero che nel titolo stesso non si fa riferimento all’altro risultato, che i pianeti erranti di tipo terrestre sarebbero numerosi almeno quanto le stelle, anche se questo dato va confermato perchè per ovvi motivi nella rilevazione di pianeti più piccoli la possibilità di errore è più grande.
Infine una curiosità: alcuni scienziati speculano che un pianeta errante potrebbe essere un posto non proibitivo per la vita, ad esempio il calore proveniente dal decadimento di elementi radioattivi al suo interno potrebbe rimanere intrappolato da una crosta ghiacciata o da una densa atmosfera di idrogeno.
Roberto Todini