Phubbing, se lo conosci lo eviti

phubbing cellulare

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Il termine phubbing è di recente coniazione. Indica l’atteggiamento di chi utilizza il cellulare anche se in compagnia di altre persone.

In particolare, phubbing è un neologismo creato nel 2012 da uno studente che aveva risposto alla richiesta di inserire una nuova parola nel Macquarie Dictionary per definire questa fastidiosa abitudine.

Diciamocela tutta, questo è un atteggiamento che purtroppo conosciamo. Sia come attori che come spettatori. Nel secondo caso spesso ci irritiamo, nel primo, facciamo altrettanto se ce lo fanno notare.

Ecco allora che l’universitario australiano Alex Haigh non ci ha pensato due volte. La parola giusta non poteva che essere un insieme di phone e snubbing, perciò l’atto di snobbare tramite il telefono. Nulla di più chiaro.




Phubbing e comunicazione:

Ma come e quanto può influire il phubbing nei rapporti interpersonali di cui la comunicazione risulta base essenziale? Molto. Ed è giusto sia così. Perché è fondamentale pretendere dagli altri e dare noi stessi una comunicazione efficace, pulita e senza interruzioni.

Quante volte si richiama all’attenzione un phubber perché mentre gli stiamo parlando sembra preferire al dialogo con noi una notifica sul cellulare, una partita che “giuro ho quasi finito” o un video divertente che “ora ti mostro così puoi ridere anche tu?” E quante volte dallo stesso, se richiamato all’attenzione ci sentiamo rispondere “guarda che ti ascolto!”.

No. Nulla a che vedere con l’arte del multitasking. Phubbing non significa comunicare in due conversazioni contemporaneamente, con chi si ha davanti e ad un tempo con la persona collegata con noi sul cellulare. Phubbing significa interrompere e rompere la comunicazione. Significa lanciare un messaggio chiaro secondo cui la persona che si ha di fronte non è abbastanza interessante, il dialogo con lei non abbastanza attraente, per cui dobbiamo colmare queste lacune con qualche sguardo al cellulare.

Non si può non comunicare:

Si sa, l’impossibilità di non comunicare è uno degli assiomi della comunicazione della scuola di Palo Alto. Perciò anche attraverso la distrazione da cellulare noi stiamo comunicando e dobbiamo essere consapevoli di ciò che stiamo trasmettendo al nostro interlocutore. Noia. Non appagamento nella conversazione. Disattenzione. Scarsa importanza al contenuto e poco rispetto per la situazione. In altre parole, con quel gesto noi stiamo trasmettendo a chi ci sta di fronte il fatto che in quel momento ci sono situazioni, frasi, persone e post più importanti di lui e del suo pensiero

E tutto questo in quei trenta secondi in cui abbiamo letto che la casella di posta è piena.

Il buon esempio:

Scagli la prima pietra chi è senza peccato. Ma essere stati phubber attivi non significa darsi una pacca sulla spalla e pensare così fan tutti. La comunicazione richiede responsabilità. E quello sguardo, che costantemente si muove dagli occhi dell’interlocutore allo schermo dello smartphone che si accende, è un linguaggio non verbale che indica la nostra scarsa responsabilità verso i rapporti.

Ormai si vedono parlamentari che cliccano sui cristalli liquidi del loro cellulare durante una seduta. Ragazzi che a scuola (di solito sotto il banco) gettano un’occhiata al loro smartphone, persone che durante una riunione di lavoro si distraggono rapite da una vibrazione proveniente dal loro dispositivo.

E ci si illude così di essere in più luoghi contemporaneamente. In ufficio e a casa che si chiede cosa c’è per cena. A scuola e sul gruppo con gli amici per organizzarsi in vista della serata. Al tavolo con un amico e al concerto che volevamo vedere e di cui un altro amico ci ha appena inviato un video.

Essere e non essere:

Bilocazione. Multilocazione. Ubiquità (non esageriamo). Nulla di tutto questo. Anzi. L’opposto. Assenza. È questo ciò che trasmettiamo in quei momenti di distrazione, un “non vorrei essere qui” oppure “non vorrei essere solo qui”. In qualunque senso la si metta, non si dà importanza al momento. Momento che ci facciamo fuggire, distratti e disattenti.

Quasi un essere e non essere contemporaneamente. Un essere fisico e un non essere mentale. La relazione richiede attesa, pazienza, apertura e condivisione (no, non di post). Caratteristiche essenziali che non si possono tralasciare, nemmeno nella più apparentemente banale delle conversazioni.

L’illusione della bilocazione, dell’essere in contatto con il mondo in realtà si traduce in un’assenza e una solitudine dal mondo.

La mia vita è diventata una grande distrazione dal mio cellulare:

“My life has become a major distraction from my cell phone” è il titolo di uno studio firmato David e Roberts della Baylor University, i quali, attraverso l’intervista a 145 adulti hanno cercato di analizzare gli effetti negativi che il phubbing può avere nelle relazioni, di quanto questo uso del cellulare porti ad influenzare le interazioni tra le persone e la loro considerazione.

Chiediamoci quindi chi vogliamo essere e cosa vogliamo trasmettere agli altri di noi. Allontaniamo la tentazione e teniamo il cellulare in borsa se siamo seduti ad un tavolo con gli amici. Lasciamolo in auto se stiamo per fare una passeggiata al parco con il nostro partner. Facciamo tacere la vocina secondo cui potremmo ricevere proprio in quel frangente la telefonata della vita. L’umanità è riuscita a fare senza di noi per millenni, non sarà una telefonata a fermare l’evoluzione.

Ma soprattutto. Quella chiacchierata e quella passeggiata al parco non torneranno più. Il post sul cellulare resta. Purtroppo.

Caterina Simoncello

 

 

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