A più di un mese dal rapporto di Greenpeace Italia sui livelli di contaminazione di Pfoa e Pfas in Piemonte le risposte da parte delle istituzioni tardano ad arrivare. Secondo il report sarebbero contaminate le acque potabili di oltre settanta comuni intorno a Torino, compreso il capoluogo più altri diciannove in Val di Susa. Piuttosto che intraprendere ulteriori indagini però le autorità regionali sono rimaste inattive, non fornendo risposte ai numerosi interrogativi.
La situazione Pfoa e Pfas in Piemonte
Più di un mese fa, l’8 febbraio 2024, Greenpeace Italia ha pubblicato un rapporto relativo alle acque potabili e ai Pfas in Piemonte, evidenziando come la situazione fosse critica. La contaminazione da Pfas non riguarda più solo la provincia di Alessandria ma anche Torino e la sua area metropolitana, vedendo coinvolti oltre 70 comuni intorno al capoluogo; inoltre, secondo i campionamenti effettuati da Greenpeace, queste sostanze chimiche sono presenti anche nelle acque di 19 comuni della Val Di Susa. Di conseguenza si stima che oltre 125 mila persone potrebbero aver bevuto acqua contaminata da Pfoa (acido perfluoroottansulfonico), una molecola appartenente al gruppo dei Pfas (sostanze organiche perfluoroalchiliche), che l’OMS ha classificato come cancerogena.
I Pfas sono sostanze chimiche prodotte dall’uomo, usate in prodotti industriali come tappeti, tessuti e rivestimenti antiaderenti per aumentarne la resistenza all’acqua e alla temperatura. Sono sostanze che resistono ai normali processi di degradazione (vengono infatti definiti “inquinanti eterni“), per cui possono rimanere nell’aria per diverso tempo percorrendo lunghe distanze, per poi andare a depositarsi nel suolo andando appunto a contaminare le acque.
Secondo Greenpeace Italia la responsabilità di questo inquinamento è da attribuirsi alla Solvay Specialty Polymers, società che produce polimeri con uno stabilimento in provincia di Alessandria. Questa sede è l’unico luogo in Italia dove si producono attivamente Pfas. L’associazione ambientalista riporta che, secondo uno studio del 2007 coordinato dall’Università di Stoccolma, il polo chimico della Solvay Specialty Polymers era ritenuto già in quell’anno la principale fonte di Pfoa nel bacino del Po. “Da decenni ormai l’azienda rilascia sostanze pericolose tramite le acque reflue e, come rivelano i dati di ARPA Piemonte (Agenzia Regionale Prevenzione e Ambiente), la contaminazione riguarderebbe anche l’atmosfera”, così dichiara Greenpeace.
La (non) risposta delle istituzioni
La presenza di Pfas in Piemonte non è certo il primo caso di contaminazione dell’acqua in Italia. Già in Veneto erano stati documentati casi analoghi, che però sono stati accantonati dai media e di conseguenza dimenticati dall’opinione pubblica. Proprio per questo Greenpeace e altre associazioni locali hanno chiesto risposte alla istituzioni regionali, le quali però si sono limitate a minimizzare il problema, non fugando nessun dubbio, ma anzi creandone di ulteriori.
In base a quanto riferisce Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia, la regione Piemonte ha risposto così alla richiesta dell’organizzazione di prendere visione delle analisi sulla presenza di Pfas nelle acque potabili: “le informazioni richieste non sono in possesso della Regione Piemonte”. È evidente che una risposta di questo tipo non solo crea ulteriori dubbi sulla qualità dell’acqua, ma anche sull’operato delle istituzioni che sembrano essere all’oscuro di ciò che succede sul proprio territorio.
In Italia manca una legge nazionale che limiti la presenza di Pfas nelle acque potabili, quindi i controlli sono effettuati dagli enti locali su scala regionale. Pare però assurdo che in una regione estesa e popolosa come il Piemonte, in cui è presente l’unica produttrice attiva di queste sostanze chimiche, non si abbiano (o non si vogliano consegnare) i dati relativi al problema.
Quello che viene chiesto da Greenpeace è che vengano resi pubblici i dati sui Pfas in Piemonte, ma in generale in tutta la Penisola, e che si compia un deciso intervento per eliminare questi “inquinanti eterni”. L’acqua pulita dovrebbe essere un diritto di tutti, garantito dalle nostre istituzioni.