“Chi non muore si rivede”, così recita un ironico modo di dire. Ma questa volta è successo “letteralmente”. Mentre, al giorno d’oggi, in tutta Italia imperversa il virus dell’influenza, un tempo erano altre le malattie che colpivano le persone. Una, in particolar modo, è stata tra le più devastanti. Stiamo parlando della peste, sì la peste dei Promessi sposi, a cui Manzoni ha dedicato gli ultimi capitoli del suo celebre romanzo. L’autore ha scritto alcune tra le pagine più tragiche della letteratura, trattando dell’epidemia del 1630-1631. La peste dei Promessi sposi ha decimato la popolazione della Milano di allora: i morti furono ben 60 mila, per un totale di 160 mila in tutto il Ducato. Una vera e propria strage, in sostanza gli abitanti furono dimezzati dall’epidemia.
Una sorpresa dall’Archivio di Stato
Poco più di un mese fa, presso l’Archivio di Stato di Milano è stata presentata una ricerca alquanto singolare. Su alcune pagine dei registri di morte del 1630 sono state rinvenute le proteine del batterio Yersinia pestis, ovvero proprio quello che ha provocato la peste dei Promessi sposi. Tale batterio porta il nome del suo scopritore, Alexander Yersin, il primo ad identificarla nel 1894. Ma com’è stato possibile un ritrovamento del genere? È stato un docente del Politecnico di Milano, il chimico Pier Giorgio Righetti, assieme alla Spectrophon Ltd (società israeliana) a svolgere la ricerca. Ma le indagini sui registri non hanno in alcun modo previsto il danneggiamento degli stessi. Esiste un metodo innovativo per verificare la presenza di eventuali molecole rimaste su documenti o quadri, senza “grattarli” e senza prelevarne alcun pezzo. In pratica, un polimoro chiamato EVA (ossia, EtilVinilAcetato) viene mescolato a delle resine e applicato su un dischetto. Tale dischetto viene poi poggiato sul foglio, da cui “cattura” il materiale organico, senza intaccare il foglio stesso.
Le pagine rivelatrici
La scelta dei fogli ha richiesto molto tempo. Righetti ha esaminato con estrema minuzia i registri dei decessi avvenuti in un trimestre (giugno-agosto del 1630), il più tremendo. Si stima infatti che a Milano morisse una media di 1000 persone al giorno, in quel periodo. Per questo, la città venne tappezzata di lunghe liste di nomi, recanti la scritta “ex peste obiit” (morì a causa della peste). La scelta è poi ricaduta su 11 pagine, le “più sporche” e i risultati non hanno lasciato spazio a nessun dubbio. EVA ha imprigionato ben 26 proteine tipiche della peste bubbonica. E, se qualcuno fosse già in allarme, stia tranquillo: non sono affatto pericolose. Inoltre, sono state rinvenute anche le proteine del carbonchio e dell’antrace. Esaminando tali registri, è venuto fuori che circa il 5% delle morti non sarebbe da imputare all peste dei Promessi sposi, bensì ad una strana “febbre violenta”. Febbre dovuta all’infezione polmonare causata dall’antrace. A quel tempo, se n’erano resi conto i cerusichi, ma non ne capirono la causa e non riuscirono a proporre una cura.
Usi e costumi di quel periodo
L’esame delle proteine ha portato alla luce anche altri dati. Sono state riscontrate circa 60 cheratine umane, tutte con proteine vegetali, ciò significa che gli scrivani seguivano una dieta vegetariana, priva di carne. Inoltre, sui fogli, sono state trovate tracce di topi, i veri colpevoli della peste dei Promessi sposi. Assieme ai topi, anche segni di ovini: difatti, si racconta che le capre allattarono i neonati rimasti senza madri. E, dulcis in fundo, sull’angolo in basso a destra dei fogli vi sono delle macchie verdastre. Non sono altro che residui di olio e petrolio usati dal barbiere Mora per i suoi unguenti, assieme a delle erbe. Quello che è passato alla storia come un untore, cercava in realtà di aiutare la gente. Ebbe una fine terribile: gli amputarono una mano; gli ruppero le ossa sulla ruota; venne scannato e poi bruciato. Ma quest non è più la peste dei Promessi sposi, bensì La storia della colonna infame.
Carmen Morello