La pesca è un’attività che esiste da millenni: già nel Paleolitico gli uomini catturavano e mangiavano pesci, come dimostrato dai ritrovamenti di resti di pasti a base di pesce, ma col passare del tempo questa attività si è trasformata radicalmente. Nelle sue fasi iniziali si pescava esclusivamente per vivere, oggi invece è diventata un’attività sportiva esercitata per divertimento nei momenti di relax o svago, con finalità sempre meno commerciali. Le tecniche utilizzate nella pesca sia in acqua dolce sia in mare sono davvero innumerevoli, tentando di elencarle tutte si rischia concretamente di dimenticarne qualcuna, quindi meglio fare la più semplice delle distinzioni, dividendo le tipologie di pescatori in:
– Pescatori da superficie
– Pescatori subacquei
– Pescatori da barca
Tutte le tecniche presenti in queste tre categorie permettono di praticare l’attività della pesca in modo diverso attraverso caratteristiche uniche, alcune delle quali davvero affascinati: immaginate di dover continuamente lanciare e recuperare un pesciolino finto animandolo nel tentativo di indurre i predatori ad attaccarlo. Per il pescatore ciò significherebbe pensare e agire come le sue prede. Questi pescatori si chiamano spinners e praticano la tecnica dello spinning. Spinning è una parola della lingua inglese che indica il lancio e recupero svelto della lenza, alla quale è collegato un pesce artificiale dotato di ami (o molto più comunemente di ancorette) indispensabili per la cattura del pesce. Dal punto di vista pratico, pescare con la tecnica dello spinning nel caso di molti appassionati non significa semplicemente lanciare l’esca in acqua e recuperarla, ma indica una continua ricerca di miglioramento e personalizzazione delle proprie abilità. In altri casi si arriva addirittura ad affiancare a questo fantastico sport altre passioni, come avviene per esempio nell’autocostruzione dei pesci artificiali. Quella dell’autocostruzione è un’attività ancora non molto praticata, perché richiede specifiche capacità e attrezzature che non tutti riescono a utilizzare facilmente. All’interno di questa piccola cerchia siamo riusciti a rintracciare Enriko Piola, che tenterà di far scoprire a ognuno di noi cosa si nasconde dietro l’attività di pesca e come spesso a questa passione se ne congiungono molte altre.
A monte di tutte le attività che svolgi nel settore della pesca sportiva c’è sicuramente una grande passione. Cosa rappresenta per te la pesca?
“La pesca non ha solo un valore e non la posso spiegare in due parole. La pesca è vita, la pesca è relax, la pesca è amicizia, la pesca è arte, e per uno spinner la pesca è una sfida perché nulla c’è di più difficile che indurre un predatore ad attaccare la tua esca, che sia di legno o plastica. Devi pensare come lui, devi capire se c’è e se ha voglia o no di mangiare, lo devi stuzzicare, lo devi invogliare. Lo spinning è in continua evoluzione.
Ricordo ancora la mia prima battuta di pesca. Mi portò la prima volta lungo le sponde del fiume Magra il mio papà con una semplice canna 2pz e un mulinello che ancora conservo. Avevo 5 anni e mi spiegava il concetto del lancio e più o meno come dovevo innescare il verme… bei tempi! Ricordo che catturai solo un misero vairone. Lo spinning ai tempi era un’utopia (perlomeno nella zona in cui abito), l’esca in voga era il cucchiaino, che era sempre il Mepps del 2”.
Parlaci di come gradualmente ti sei avvicinato al mondo dell’autocostruzione e del modo in cui oggi affronti questa attività.
“Io ho iniziato a fare i miei primi legnetti nel 1998 perché i rapala costavano troppo. Legnetti perché erano solo degli scarni prototipi di minnow solo a uso personale ,verniciati con gli smalti da unghie sapientemente sottratti alle mie fidanzate. Da qui con le catture man mano saliva la voglia di superarsi e di soppiantare i vecchi concetti di costruzione, quindi ho iniziato a sperimentare. Quello realizzato nel 1998 non è altro che una porcheria che ancora mi gira nel cassetto perché, pur essendo bruttino, è pur sempre il primo e mi serve da monito in quanto mi ricorda quello che facevo per non farmi peccare in futuro di troppo ego.
Durante tutti questi anni avrò costruito più di un centinaio di prototipi, inizialmente cercando di ricreare e modificare i commerciali. Poi un giorno ho detto: “Devo avere una linea mia che nulla abbia a che vedere con la plastica”. Quindi è iniziata una vera e propria fase di sperimentazione (che non è ancora terminata) cercando di ricreare quei movimenti che fanno scattare l’indole aggressiva del predatore. Molto mi aiuta YOU TUBE visionando come e quando avviene l’attacco, ma anche studiando il pesce foraggio mentre viene “cacciato”. Tra le principali caratteristiche che cerco di conferire ai miei lavori c’è il giusto assetto, il tipo di nuoto che devono avere anche in pessime condizioni e la solidità.
Dal punto di vista tecnico non ci vorrebbe molto tempo a costruirsi un pesciolino, ma ora abbiamo tanta premura di farli perfetti, solidi e duraturi. Questo implica una serie di macchinari tra platoretti, tornio, trapani ed elettroutensili. Inoltre un buon costruttore deve soprattutto saper scegliere il legno giusto in base alle esigenze e i prodotti adatti per far sì che il tutto sia perfetto o quasi. Questo credo sia significativo se si considera che per iniziare ad avventurarsi in questo mondo bastano un seghetto, un cutter, un trapanino anche a batteria dei piombi da bolognese, un po’ di filo d’acciaio, della colla cianoacrilica, stucco x metal, carta abrasiva e non sarebbe male avere un po’ di resina. Poi tutto quello che si vorrà usare sopra come copertura da spazio a fantasia. Ovvio, non avrà vita lunga ma sicuramente vi farà divertire”.
Definiresti tutto questo una forma artistica?
“Sì, sicuramente è una forma artistica perché ogni costruttore imprime il suo marchio: il marchio non è inteso come nome ma come stile, perché ognuno di noi ha una sua personale interpretazione e non solo dovuta al metodo, ma allo spot che intende affrontare”.
Produci i tuoi artificiali da tanto tempo ormai, evidentemente stiamo parlando di prodotti che regalano gradi soddisfazioni. È così?
“Perché smettere? Non si può smettere! Quando la passione ti porta così lontano non si può più tornare indietro, si può rallentare ma comunque si deve andare avanti alla ricerca dell’esca perfetta. Per un costruttore andare a pesca e fare anche cappotto non ha importanza perché la vera soddisfazione è vedere come lavora il tuo artificiale, vedere il come e il perché e capire se si può migliorarlo. Se poi a tutto questo unisci la cattura, la soddisfazione non ha eguali e continui a gioirne per ore”.
Discutere con Enriko Piola è stato per me davvero piacevole, sono rimasto colpito dalla passione che ci mette in tutto quello che fa, ascoltandolo viene voglia di cercare un legnetto e iniziare a dargli forma. Riporto il sito dove potrete visionare i suoi lavori più collaudati e trovare i contatti utili per fare anche voi una piacevole chiacchierata con lui (http://www.projectbait.it). Mi piacerebbe concludere con un pensiero che senza ombra di dubbio anche Enriko condividerà: la pesca è uno sport fantastico in grado di regalare grandi emozioni, ma ricordiamo che è anche una passione che permette di evidenziare il rispetto verso la natura, non perdiamo l’occasione di essere persone migliori a ogni battuta di pesca!