Le Perle degli Omofobi: vivere in una realtà parallela

Le Perle degli Omofobi

Le Perle degli Omofobi

Martina Tammaro (24 anni), Erika Mattina (22 anni); su queste due ragazze è già stato scritto abbastanza.
Non riporterò i titoli di studio o qualche mirabolante dettaglio della loro vita; non sottolineerò due o tre fattori della loro quotidianità in grado di descrivere e giustificare l’esistenza di due ventenni.
Di base il concetto è tutto qui: fraintendimento e tentativi di giustificazione; ma cosa succede quando è la ‘normalità’ a dover essere giustificata?

La storia del profilo Instagram ‘Le Perle degli Omofobi racchiude un sentimento di qualunquismo senza precedenti. Qui, potete leggere, nero su bianco, l’ipocrisia di un Paese alla malora, i cui valori sono diventati espedienti per “giocare in casa di qualcuno” piuttosto che dell’altro; in cui i propri cittadini abbandonano la riflessione per dare spazio alla frustrazione, sfogata su ogni elemento esterno capace di uscire dai soliti schemi.





Leggere commenti che dipingono l’intimità tra due ragazze dello stesso sesso come “moda”, fa ribollire il sangue.
Lo fa perché viene tolto loro il diritto alla normalità; lo fa perché ogni singola foto, la quale ritragga una qualsiasi forma di atteggiamento intimo, è una bestemmia per qualcuno; una vergogna per un altro; “schifo”, “peccato mortale”, “amorale” e tutte quelle paroline che piacciono tanto a chi le pronuncia, ma che raramente ha toccato con mano o nell’essenza.

Che schifo, e diventato, il mondo di lesbiche, ghei,drogati, prostituzione, dove se ne va?poi se fanno  anche pubblicare,  fatti   a  casa   senza pubblicità

Questo è uno dei commenti visibili. Ho cercato di trascrivere, per filo e per segno, l’esatta fattezza del giudizio, spazi compresi.
E’ uno dei tipici commenti. I particolari sono sempre gli stessi: problemi sintattici, grammaticali e semantici; tralasciando ciò, senza dare troppa importanza a quella che può essere stata la – comunque disdicevole – iniziativa di un fake account, il lettore noterà la lista contemplata: vengono avvicinati omosessuali a “drogati” – termine generico dal valore sociale nullo – e prostituzione – giusto per indicare una componente sessuale prominente e che non disdegna il giudizio facile.

E’ più che palese il fatto che buona parte di queste persone non abbiano cognizione di causa: poca cultura, scarso occhio critico, curiosità flebile e tanta rabbia. D’altronde cosa aspettarsi da un Paese la cui classe politica, più volte, ha rimarcato il proprio retorico dissenso, tra l’inquietante indifferenza e la divulgazione di luoghi comuni? Attualmente, la propaganda ha il maggior “potere d’acquisto”; molto più influente degli stessi esseri umani, di chi lavora, di chi semplicemente vive.

Mantra principale non è più salvare la situazione, ma dare spettacolo, vedere chi ha il dito più lungo ed affilato, atto a giudicare e contestare; vedere chi, tra gli “onesti italiani”, riesca ancora ad inghiottire altre chiacchiere, intrise di becero populismo, senza vomitare. Pare che molti abbiano lo stomaco di ferro.

Ed è qui che, quando pensi sia finita, arriva l’ennesima batosta: una foto, un’altra sui figli. Un’altra che spalleggia il nucleo familiare perfetto; un’altra che sottolinea quanto sarebbero terribili i genitori omosessuali. E tale foto ha l’impudenza di mostrarci un bambino, triste e sconsolato, timoroso di essere agguantato dai quei terribili soggetti – mostrati adeguatamente in un paio di foto, tipiche da manifestazione, rivoluzione, gente alternativa. Sapete, quella roba che ci fa schifo, ma di cui non sappiamo nulla.

Ancora una volta, l’ipocrisia. I cosiddetti cristiani/cattolici, amanti della famiglia, del buon gusto, dell’ordine e la decenza, usufruiscono letteralmente della foto di un infante…e lo fanno parlare. Lo fanno colloquiare con noi, blaterare; blatera fino allo sfinimento, tutto il mare di sciocchezze, la lista infinita di puntualizzazioni senza arte né parte secondo cui, questi “esseri” sarebbero genitori terribili. La presenza di quel bambino suggella il frangente esatto in cui tutto diventa “morale da salotto”, la scusante per parlare al bar e mostrarsi coraggiosi, ricchi di valori e dediti alla protezione dei figli.

In più, tale foto è stata postata in un commento; articolo di Fanpage. Un certo M., di “qualche” anno in più, ha pensato bene di informare due ragazze di vent’anni che non avrebbero mai fatto i genitori. Nessuna adozione, nessuna accondiscendenza verso di loro, nessun parametro che giustifichi i loro slinguazzamenti su Instagram; nossignore. Dall’alto della sua testa di c****, M. ci fa sapere che Martina ed Erika non avranno figli.

L’episodio mi ricorda quel buffo 2014. La tragedia per Oliviero Toscani, il quale si ritrova a dover giustificare l’abuso di Fratelli d’Italia su una sua foto; oppure, senza andare troppo indietro nel tempo, potremmo enunciare le burlonerie di Simone Pillon, uomo dalla diffamazione facile, soprattutto se si parla di un circolo Arcigay.

Il problema è questo: abbiamo un numero illimitato di esempi; giornali di ogni genere hanno trattato e tratteranno, immancabilmente, l’argomento omofobia.
Ci sarebbero motivazioni antropologiche, ricollegabili a quelle storiche, ramificate in ogni assetto culturale regionale, variabili perfino di frazione in frazione; si potrebbero enunciare documentazioni e analisi atte a rendere l’argomento omosessualità una realtà naturale e condivisibile. A volte, però, resta più semplice comprendere lo stato delle cose partendo dal banale. Ed è per questo che torno su Martina ed Erika.

Non ho idea di cosa faranno in futuro, nella loro vita e, in virtù del vero, m’interessa poco; pongo loro la stessa attenzione che porrei su una qualsiasi altra persona che non conosco, che magari circola per strada e mi passa sotto al naso; come si evincerebbe dagli esponenti del pensiero moderno: una vita in corsa, in cui non è contemplato fermarsi e fare la conoscenza di tutti. Opinabile, ma equo.
Invece mi ritrovo a scrivere un articolo su di loro. Su due ragazze di poco più di vent’anni che, giornalmente, per un paio di baci, vengono massacrate su ogni genere di social; non oso immaginare le famiglie, le quali, probabilmente, non credevano di quanto ancora il mondo potesse collassare.

Leggere i sentimenti come fossero prezzi di un supermercato è forse comodo per chi non ha mai voluto raddrizzare l’ago della bussola; comodo per chi non ha mai cercato una direzione capace di leggere, anche superficialmente, la realtà in cui viviamo. La curiosità a volte salva anche le persone.
Una realtà mutevole e sorprendente, dove fortunatamente il peso delle coscienze assume valori sempre più disparati ed il significato di un bacio può sempre raccontare una storia.
Non credevo che la socialità odierna avrebbe messo a nudo la realtà come il più spudorato dei gossip; né che si fosse obbligati a parteciparvi.

Eugenio Bianco

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