Percosse come metodo educativo: il Galles dice di no

Percosse di un uomo su minore

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Percosse come metodo educativo? Non per il Galles, che è solo l’ultimo di molti Paesi a vietarle.

Da Lunedì 21 Marzo 2022, in Galles, è vietata e legalmente perseguibile ogni forma di punizione fisica e percosse nei confronti dei bambini, anche dei propri figli.
L’apripista in Regno Unito è stata la Scozia, nel Novembre 2020.
Chiunque picchi o schiaffeggi dei minori sotto la propria tutela potrà incorrere in arresto e accusa di aggressione. Il  tutto sarà ovviamente inserito nel proprio casellario giudiziario.
Le autorità gallesi hanno dichiarato che chiunque dovesse assistere a scene del genere, in cui si pratica violenza su minori, è caldamente invitato a telefonare alla polizia e segnalare l’accaduto.
Ministri ed autorità gallesi hanno dichiarato che si tratta di una misura necessaria per far sì che i bambini possano iniziare la propria vita al meglio.
Suddette forme di violenza fisica erano già state vietate in altri luoghi, quali scuole ed orfanotrofi.

La situazione nel mondo

Nel 1979 la Svezia fu il primo Paese al mondo a sanzionare le punizioni corporali nei confronti dei minori. Al giorno d’oggi esistono leggi mirate in 63 Paesi al mondo. Possono sembrare molti, ma questo numero implica che tantissimi altri non abbiano ancora intrapreso questa misura.
In Italia ancora non ci si è espressi in questo senso. La legge si limita a dichiarare, con formulazioni meno esplicite e dettagliate, che è illegale arrecare danni fisici o psichici ai figli.
Nel codice penale, infatti, si parla di “abuso dei mezzi di correzione o disciplina“. Salta all’occhio la scelta di parole dal retrogusto anacronistico.
Chiaramente anche in Italia l’uso ripetuto di violenza può configurare un reato, però non vi sono divieti mirati ed espliciti come quello intrapreso, per ultimo, dal Galles.
Va però segnalato che, nel 1996, una sentenza della Corte Costituzionale si espresse contro l’uso di percosse e sculacciate nei confronti di minori.
Purtroppo la presenza o assenza di leggi simili ha senso quando anche la società è ricettiva ed allineata. In un Paese, l’Italia, dove ancora molte persone ritengono che una sculacciata o schiaffo siano poca cosa o addirittura siano utili e sensate, coloro pronti ad osservare un eventuale divieto probabilmente non sarebbero in molti.
Per giunta, controllare e contenere suddetto fenomeno sarebbe assai complesso.
In Regno Unito ci si auspica che presto l’Inghilterra segua l’esempio di Galles e Scozia. Per quanto riguarda l’Italia, invece, ancora ci sarà da aspettare probabilmente.

Le conseguenze e l’inefficienza delle percosse

Minacciare i propri figli, o qualsivoglia minore, di punizioni, ricatti e percosse è una forma di violenza psicologica. Se attuata, anche fisica.
Inoltre è anche un metodo educativo destinato a fallire.
La minaccia di schiaffi o delle famose “botte” non spiega nulla al bambino, non aiuta a comprendere il perché di certi divieti o determinate imposizioni. Certo, si può ottenere quanto richiesto perché il minore, per paura di venir picchiato, obbedisce. Ma non comprende. E fare leva sulla paura può portare non solo a rapporti domestici problematici, ma anche ad un futuro approccio verso il prossimo non sano.
Ricorrere alla violenza, fisica o verbale che sia, è anche indice della probabile scarsa capacità dell’adulto in questione di gestire le proprie emozioni in maniera adeguata al contesto. Ma ciò non dovrebbe ricadere sui minori. Genitori che ricorrono a queste forme di “educazione” sono persone che, magari in buona fede e per ignoranza, danneggiano i propri figli e dovrebbero, invece, cercare un qualche aiuto o supporto psicologico.
Questo tipo di rapporto, poi, dove il genitore “ti picchia per il tuo bene”, rischia di far passare il messaggio pericolosissimo che amore e violenza possano convivere e coesistere.
Si corre anche il rischio che i bambini decidano di emulare i genitori, ai danni di altri amichetti. Un’altra possibile conseguenza potrebbe essere una grandissima sensazione di essere incompresi, che può portare a molta rabbia repressa ed anche aggressività.
In sintesi, l’uso della violenza sui propri figli non educa davvero. Genera paura, traumi, incomprensioni, dinamiche non sane dentro e fuori casa e, come se non bastasse, rischia di porre le basi per futuri atteggiamenti pericolosi nei confronti del prossimo.
Essere genitori sicuramente non è semplice e, come si suol dire, non si “nasce imparati”. Proprio per questo lo Stato interviene, ponendo un limite lì dove serve.
L’introduzione di questa legge anche in Galles è un buon esempio ed un buon inizio. Speriamo che venga presto emulato anche in Italia.

Flavia Mancini

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