Tutto nasce da un banale aumento del prezzo delle uova, in un Iran già vessato dalla crisi economica. Così, dopo l’ennesimo rialzo dei prezzi, il popolo iraniano ha deciso di scendere in piazza a protestare. Se la ribellione nasce come risposta alla crisi economica si trasforma presto in espressione di malcontento verso i vertici del governo iraniano. Sostanzialmente l’aumento del prezzo delle uova è la causa scatenante, ma alla base c’è finalmente la voglia di esprimere dissenso contro la corruzione e l’assenza di trasparenza della classe politica.
I primi focolai di protesta si sono accesi nella città di Mashhad. Tuttavia, ben presto, le manifestazioni di malcontento si sono spostate in diverse città del Paese, arrivando anche a Teheran, capitale dell’Iran. Non è ancora chiaro se la miccia sia stata accesa dagli ultraconservatori che si oppongono al governo moderato di Rohuani. Di certo un estendersi delle manifestazioni in modo così capillare non si era mai visto in Iran.
Attualmente il livello di disoccupazione giovanile nel Paese è al 40%. A nulla sono servite le promesse del presidente Rouhani di migliorare la situazione economica dopo il patto con gli Stati Uniti sul nucleare. Invece, dalla pubblicazione del bilancio annuale dell’Iran, è emerso come il denaro statale finisca nelle tasche di fondazioni religiose, centri di ricerca, e altre istituzioni religiose molto vicine alla leadership religiosa. Come Imid Memarian, analista indipendente, ha fatto notare a BuzzFeed:
“Le persone hanno capito come la classe religiosa si stia mangiando una grossa fetta di budget senza alcuna responsabilità, mentre la vita quotidiana delle persone diventa ogni giorno più difficile.”
La risposta del governo iraniano
Il governo ha reagito alle manifestazioni con il pugno di ferro. Iniziando con le dichiarazioni del ministro dell’Interno Abdolrahman Rahmani Fazi il quale annuncia che quanti useranno violenza e creeranno disordini ne pagheranno il prezzo. Lo stesso governo ha poi oscurando i social come Instagram, Twitter e persino il canale Telegram Sedaiemardon. Questo perché si tratta di strumenti con i quali “gruppi controrivoluzionari sostenuti dall’estero” inciterebbero all’uso di molotov e armi da fuoco. A queste mosse del governo iraniano veloce e cinguettante è arrivata la risposta del presidente USA Donald Trump: “Il mondo vi guarda.”
Dopo il pesante bilancio delle manifestazioni che conta circa 300 arresti, 17 agenti feriti e 2 morti (ma si parla di almeno 6 vittime), è il presidente Rohuani ad aprire uno spiraglio soft e moderato dichiarando che “La gente ha diritto di protestare, serve uno spazio per la critica.” Proseguendo con “La critica è diversa dalla violenza e dalla distruzione della proprietà pubblica. … Le autorità devono autorizzare le manifestazioni e le proteste legali.” Alle sue parole è seguito l’ordine di lasciare “spazio al dissenso”.
Ad oggi è complicato per gli analisti poter prospettare l’evoluzione e la portata delle proteste. Queste potrebbero risolversi da sole così, come sono iniziate, oppure portare ad un capovolgimento della situazione politica in Iran. È difficile affermare con certezza ciò che potrebbe avvenire. Il motivo è la difficoltà a capire i rapporti del potere tra le diverse fazioni del sistema del potere iraniano.
Lorena Bellano