Perché la scoperta del giacimento in Svezia è così importante

scoperta del giacimento in svezia

La scoperta del giacimento in Svezia è un’ottima notizia per la lotta al cambiamento climatico. Quando i minerali saranno disponibili, tutta l’Europa ne potrà usufruire per la transizione verde.

Gli svedesi gli hanno dato un nome, Per Geijer, in onore del geologo connazionale che ha dedicato una vita allo studio del suolo svedese e dei minerali in esso presenti. Il giacimento, scoperto nella regione della Lapponia dall’impresa statale LKAB, è il più grande in Europa per quanto riguarda l’estrazione delle terre rare. Ed è un’ottima notizia: queste ultime sono infatti indispensabili per la produzione di tecnologie green, come turbine eoliche, impianti fotovoltaici e macchine elettriche. Grazie a questa scoperta, insomma, il passaggio alle energie rinnovabili in UE sarà molto più sostenibile come materiali e come costi di produzione.

Terre rare: cosa sono, dove si trovano

Le terre rare sono un gruppo di 17 elementi chimici, prevalentemente lantanoidi. Il nome, dovuto ai minerali non comuni dai quali i ricercatori le estrassero per la prima volta, trae in inganno. Queste sostanze infatti sono abbastanza diffuse nella crosta terrestre, raggiungendo concentrazioni tre volte superiori a quelle dell’oro. I maggiori giacimenti si trovano in Cina, Stati Uniti, Australia e Russia, con estrazioni minori in altri paesi.

Insieme al litio, sono gli elementi fondamentali per la transizione energetica. Mentre quest’ultimo serve soprattutto per costruire batterie ad alta capacità, le terre rare sono utilizzate nella costruzione di superconduttori, magneti, e tecnologie utili per la produzione di energia eolica, solare ed elettrica. Fino ad oggi la Cina ne è il maggiore esportatore, coprendo circa il 60% del mercato globale in questo campo. Tuttavia la tendenza del governo comunista cinese, legata al desiderio di convertire l’industria domestica per la produzione high-tech, è di limitare la produzione di terre rare per il fabbisogno interno del paese.

Con gli Stati Uniti e l’Australia decisamente lontani per rendere l’importazione conveniente, l’unica alternativa per gli Stati europei è quella dei giacimenti russi, che per il momento sono stati risparmiati dalle sanzioni contro la guerra in Ucraina. Essendo la Svezia nello spazio Schengen, la nuova miniera sarebbe invece la soluzione più conveniente perché gli spostamenti di materiale non sarebbero soggetti a dazi. E in generale il tragitto verso il continente sarebbe molto più breve.

Il problema dell’inquinamento

Paradossalmente, l’estrazione delle terre rare ha un notevole impatto ambientale sull’ambiente circostante, proprio come le miniere di litio. Il processo richiede infatti l’utilizzo di acidi, oltre a processi di filtrazione e pulizia che di verde hanno ben poco, e produce anche scorie tossiche e radioattive. Sempre in Cina, nei pressi del giacimento di Bayan Obo, il più produttivo al mondo, il terreno è così sterile da non poter sostenere nessun tipo di coltivazioni. Ma anche in America, dove lo sversamento delle acque reflue nella miniera di Mountain Pass ha provocato una contaminazione da torio nella zona della Death Valley.

Infatti, la scoperta del giacimento in Svezia è solo l’inizio di un lungo processo di autorizzazioni da parte del governo di Stoccolma, che porteranno al suo sfruttamento effettivo solo tra 10-15 anni. Anche se LKAB ha promesso di darsi da fare per sollecitare una riduzione dei tempi di attesa “del 50-60%”. Nel frattempo, una fonte parziale di approvvigionamento potrebbero essere gli stessi dispositivi elettronici.

Al momento non esistono norme che obbligano al riciclo delle REE. Eppure gli esperti ne hanno richiesto la formulazione, vista la domanda crescente degli elementi nell’industria occidentale. Si stima che entro il 2040 la domanda di terre rare aumenterebbe di sei volte, con una conseguente impennata dei prezzi. Oggi il loro tasso di recupero globale non arriva all’1%, ma con i dovuti investimenti nella catena del riciclo potremmo arrivare a coprire il 30% del fabbisogno europeo entro il 2030. Non sufficiente per la transizione ecologica, ma sicuramente un inizio. Nell’attesa che il Per Geijer ci renda, almeno in questo campo, autosufficienti.

Lorenzo Luzza

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