Percezione dell’amaro: quando il gusto è una questione genetica

percezione dell'amaro

La percezione dell’amaro ci ha sempre protetti, da un punto di vista evolutivo, indicandoci le sostanze tossiche presenti in natura. Le bacche velenose, cibi con muffe nocive e i semi di alcuni frutti hanno tutti un sapore che comunicano al nostro cervello di non mangiarle. Ma anche molti alimenti assolutamente commestibili hanno un sapore amaro. Quante volte assaggiando del caffè non zuccherato abbiamo storto la bocca per il sapore forte, pungente e… amaro? Se non ti è mai capitato probabilmente fai parte di quella percentuale di popolazione che non percepisce questo gusto.

Il senso del gusto

Il  gusto è il senso che ci permette di identificare quello che mangiamo e influenza profondamente le nostre scelte alimentari. Non è frutto solamente della nostra cultura e della nostra esperienza. Al contrario, fattori genetici influenzano i nostri gusti culinari.



L’uomo è in grado di riconoscere 5 gusti principali tramite dei recettori che abbiamo sulla lingua. Sono come dei piccoli bottoni che si attivano quando riconoscono una sostanza. I gusti che distinguiamo ci indicano le proprietà del cibo che stiamo per consumare. Il dolce ci indica alimenti energetici, l’umami quelli contenenti proteine, il salato ci aiuta a identificare i sali e mantenere l’equilibrio elettrolitico, l’acido ci permette di capire se un alimento è andato a male e l’amaro determina la presenza di sostanze tossiche. Ultimamente è stato scoperto un sesto gusto, un recettore che ci permette di riconoscere le molecole di lipidi.

La presenza di recettori per tutti questi sapori ha permesso a Homo Sapiens di sopravvivere ed è il risultato di processi evolutivi adattativi. Ma per ogni persona nel mondo, le pietanze hanno un sapore leggermente diverso. Questo perché il numero dei nostri recettori del gusto variano di quantità da individuo ad individuo.

La percezione dell’amaro

Il gusto più “complicato” da decifrare, dal punto di vista genetico, è l’amaro. I recettori che ci permettono di carpire questo elemento sono codificati da tanti geni sparsi nel DNA. Nel 1931, il chimico Arthur Fox si rese conto, in maniera del tutto casuale, che non tutti gli umani percepivano allo stesso modo questa sostanza. Per sbaglio rilasciò nell’aria del suo laboratorio una nuvola di cristalli fini di PTC (FenilTioCarbamide). I colleghi presenti avvertirono all’istante che qualcosa di amaro stava dilagando nell’ambiente, mentre Fox non sentì assolutamente nulla. Il PTC è una sostanza amara molto simile a quella contenuta in tantissimi alimenti come i broccoli, la cicoria, l’acqua tonica e i pompelmi. Fox cominciò, quindi, a testare familiari e amici, gettando le basi per la scoperta dell’origine genetica della percezione dell’amaro. Questa sorta di cecità gustativa è uno dei tratti più studiati del codice genetico umano.

Non-taster, taster e super-taster

Gli studi genetici hanno portato a scoprire che gli individui delle popolazioni possono essere divise in tre categorie. Circa il 30% delle persone sono completamente indifferenti al sapore amaro e vengono definiti non-taster. Il 50% degli individui lo sente in maniera moderata, vengono chiamati taster. L’ultima categoria è composta da una piccola percentuale di individui, il 20%, che è molto sensibile al sapore amaro e sono detti super-taster. Questi super gustatori, oltre a percepire notevolmente questo gusto, sono anche molto sensibili a tutti gli altri. A spiegare questa diversa percezione dell’amaro è una piccola differenza sul cromosoma 7 che codifica per un recettore chiamato TAS2R38. I super-taster sarebbero quindi più ricettivi nel riconoscere l’amaro in sostanze come le verdure crocifere, il chinino, la caffeina, l’amaro degli alcolici e tanti altri.

Queste percentuali variano sia all’interno delle popolazioni che tra le popolazioni. Molto probabilmente, quindi, la nostra genetica ha influito sullo sviluppo di tradizioni culinarie diverse in tutto il mondo. Degli studi hanno dimostrato come la quantità di non-taster sia più bassa in Giappone, Cina, e nel Nord Africa, mentre il numero si alza notevolmente in India. Questo potrebbe spiegare la presenza di tante spezie amarotiche nella cucina indiana e di sapori più delicati nella cucina giapponese.

Sfumature diverse per tutti i gusti, e la genetica ci spiega, ancora una volta, le motivazioni dietro ad alcuni nostri comportamenti e abitudini.

Giulia Fasano

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