I fratelli Bianchi forse se li ricordano tutti, sono quei ragazzi che praticavano l’MMA per poi sfruttare le loro competenze in strada, dove con qualche scazzottata e qualche prepotenza riuscivano a controllare un piccolo traffico di droga e fare una vita al di sopra della media. I fratelli Bianchi ostentavano lusso , nonostante a casa i genitori percepissero il Reddito di cittadinanza. Per chi ancora non avesse afferrato, sono gli assassini di Willy Monteiro Duarte – quest’ultimo, a differenza dei primi due, dovremmo ricordarlo tutti, non solo per la medaglia al valore conferitagli.
Willy è un’icona in questi tempi difficili, una di quelle che sono tali non a causa di grandi carriere o rinomate imprese, ma grazie al coraggio dei piccoli e semplici gesti: come quello di prestare aiuto ad un amico in difficoltà. A riguardo, come non menzionare, in contesto romano, anche Simone di Torre Maura che, come Willy, non ha avuto paura di fare la cosa giusta (distinguendosi dal branco per esprimere i suoi pensieri di fronte al leader dei fascisti di Casapound) al momento opportuno.
Purtroppo, però, azioni e atteggiamenti violenti e xenofobi persistono e proliferano tra i più giovani, spesso carnefici di quel bullismo che non risparmia nemmeno la musica. Parliamo nello specifico del nuovo genere Trap. E tutto solo “per un pugno di like”.
Quanto sei violenta Roma
Non c’è neanche bisogno di spostarci dai confini della Capitale per individuare, nella cronaca di questo Novembre appena passato, un altro gruppo di ragazzi protagonisti della stessa violenza, nell’ambiente del sottobosco del Trap: i cosiddetti “fratelli Bianchi del Trap”.
Si tratta di Omar Nguale Ilunga, Tiziano Barilotti, Manuel Parrini, e Alex Refice, tutti pugili, alcuni di loro sono anche ricordati per dei meriti: Parrini ha vinto il Guanto d’oro dilettanti; Barilotti nel 2017 sventò una rapina. Peccato che adesso si divertano ad usare le arti marziali per pestare e mettere in ginocchio le vittime (ancora insanguinate) affinché possano esser ripresi nella loro sottomissione.
Gli investigatori della questura, coordinati dal capo della Digos Giampietro Lionetti, da tempo stanno indagando su di di loro, per adesso hanno scoperto almeno due pestaggi fra marzo e aprile scorso, uno in una sala di registrazione e uno per strada, in entrambi i casi i pugili/trapper non si sono risparmiati di usare le tecniche marziali allo scopo di infliggere gravi ferite e umiliare gli avversari.
Queste aggressioni venivano spesso filmate e mandate in rete, in uno di questi video, ad esempio, si può vedere Omar Nguale Ilunga (alias Sayanbull) mentre con un calcio volante stende un cittadino bengalese.
Adesso per loro gravano le accuse di: sequestro di persona, violenza privata, propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa
Per un pugno di like si picchiano anche i colleghi
Un tratto caratteristico e preoccupante emerge da questa nuova prassi in uso tra alcuni giovani trapper, ovvero, quella di filmare le proprie “imprese” in modo da raccattare più like possibili. Non è più una guerra tra bande, né una guerra tra quartieri (come tra i rapper degli anni 90), oggi la prerogativa è andare a far cazzotti contro chi nell’ambito gode già di una una certa fama, così da coinvolgere il suo pubblico e generare visualizzazioni. Insomma, tra alcune delle nuove leve di questo genere musicale sembra regnare un’equazione abbastanza allarmante: se picchi uno famoso, diventi famoso anche tu.
Arianna di Cori su La Repubblica per introdurre queste vicende azzecca perfettamente il paragone col cinema: nella versione 2020, il cult di Sergio Leone s’intitolerebbe: “Per un pugno di like”
A Marzo anche Fedez si era espresso su questo tipo di episodi, chiedendo che Youtube eliminasse quel tipo di video e quel canale, Social Boom, in cui si poteva osservare in azione la gang dei pugili, contro tre popolari trapper romani, Gallagher, Ski e Wok. Queste le parole del rapper milanese in proposito: “Cosa vogliamo insegnare ai giovani? Che con un video violento vai in tendenza?”.
Di sicuro la risposta a queste persone, inebriate di potere e bramosi dei “mi piace” dei social, sono i gesti simbolici come quelli di Willy e Simone, quelle azioni che nessuna disciplina può insegnarti, perché sono atti di coraggio che richiedono ricerca di coscienza, voglia di verità, cose che chiunque nella vita può trovare senza iscriversi a nessun corso.
Gabino Alfonso