Per Nadia e tutte le donne afgane

Nel 1999, quando sembrava che l’oppressione dei talebani non avrebbe avuto mai fine, Nadia Anjuman fece sentire la sua voce in una poesia dal titolo “La lancia di Dio”, che conteneva questi versi:

“Ridi al mattino

e chiudi la porta alla notte.”

Nel novembre del 2001, con i B52 americani che fecero fuggire i talebani oltre confine, sembrava che potessero arrivare dei giorni felici. Nadia, Maura e altre donne dell’ “Ago d’oro” di Herat discussero con gioia della possibilità di lasciare a casa quel burqa che per tanto tempo aveva oscurato il sole di molte donne afgane. L’anno successivo Nadia aveva deciso di iscriversi all’università cittadina per studiare letteratura. Le sue poesie erano più vivaci e piene di speranza, ma io fui sorpresa dal fatto che le donne indossavano ancora il burqa. In seguito ho pensato spesso a Nadia, Lila e alle altre donne dell’ “Ago d’oro” e a quanto noi occidentali diamo per scontata la libertà di parlare e scrivere. A volte, gironzolando in una libreria o nei festival di letteratura ho pensato ai rischi che loro hanno corso solo per poter godere della parola scritta. Nel giugno del 2007 giunse la notizia che Nadia era stata uccisa. Aveva 25 anni, era sposata e aveva un bambino di sei mesi; aveva pubblicato il suo primo libro , Gula Dudi (Fiore nero), e stava lavorando al secondo. Era stata percossa fino a morire.

La morte di Nadia ha posto scomode domande su quanto la condizione delle donne afghane sia realmente migliorata dalla caduta dei talebani, cacciati dalle forze occidentali sette anni prima. La nuova costituzione afghana sancisce la parità tra uomo e donna di fronte alla legge e riserva il 25 per cento dei posti in parlamento alle donne. In Afganistan le deputate sono molte di più che nel Regno Unito. Ma, in pratica, le donne che partecipano alla vita pubblica devono affrontare quotidiane molestie e minacce.

Altre testimonianze

Shamela

Aveva appena nove anni quando fu promessa in sposa a suo cugino. Da allora, è stato come una sorta di lungo calvario durato otto anni. Fino al giorno in cui, all’età di 17 anni, è stata costretta sposarsi. Shamela tentò di opporsi in tutti i modi, ma inutilmente, perché gli adulti stringono questi “accordi” senza il permesso di nessuno, molte volte solo per appianare problemi economici. Shamela sposò l’uomo che le era stato imposto. Il calvario divenne un inferno. Suo marito la picchiava e abusava di lei ogni giorno.

Fatima

Anche lei era giovanissima quando fu costretta a sposarsi. Fatima aveva 13 anni e fu data in moglie ad un uomo molto più anziano di lei che la picchiava ogni giorno, perché lei non riusciva ad avere bambini. Fatima tentò di scappare. Un tentativo che fallì. Il marito riuscì a riprenderla e a portarla a casa. Divenne, se possibile, ancora più violento. Un giorno, arrivò quasi a ucciderla di botte.  

C’è una sola donna nel governo – la ministra degli affari femminili – Malalai Joya, la più schietta parlamentare, è stata sospesa dall’incarico per aver criticato i signori della guerra ed è costretta a vivere in clandestinità. Gli occidentali si sorprendono di sapere che la maggioranza delle donne porta ancora il burqa e che molte donne istruite stanno abbandonando il paese. Nonostante lo sdegno degli occidentali per il trattamento che i talebani riservavano alle donne afgane, quella mentalità conservatrice che si è riversata nelle città dai villaggi non è stata cancellata. Ciò accade perché i signori della guerra che oggi siedono nel Parlamento e nel Governo non si differenziano sostanzialmente dai talebani, condividendone la visione oscurantista della società. Ma ancora più sconcertanti del burqa sono la violenza domestica e i matrimoni forzati in cui bambine di nove anni vengono concesse in spose per risolvere dispute tribali. Nella maggior parte degli ospedali si trovano donne orrendamente ustionate che si sono date fuoco per cercare di sfuggire a matrimoni forzati o violenti. Forse non sapremo mai la verità sulla morte di Nadia . Suo marito Farid Ahmad Majidina, laureato in lettere, è stato arrestato e poi rilasciato. Ha dichiarato che sua moglie aveva ingerito del veleno.

Quale che sia la verità, la morte di Nadia è un altro tragico colpo alla cultura letteraria di Herat. Chiusa in un angolo, pervasa dalla malinconia e dalla tristezza.

 

Jorida Dervishi

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