Un appello urgente per il rilascio dei rifugiati e richiedenti asilo attualmente detenuti ad Almabani e in altri lager in Libia.
Venerdì 1 ottobre sono iniziati i rastrellamenti ad opera delle autorità Libiche in alcune zone di Tripoli che hanno portato all’arresto di migliaia di migranti, tra cui molti richiedenti asilo e rifugiati registrati presso l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR)in Libia.
Le autorità hanno giustificato questa operazione dichiarando che era finalizzata a contrastare il traffico di droga e prostituzione in cui sarebbero coinvolti molti stranieri.
La polizia ha fatto irruzione negli appartamenti, ha setacciato le strade, prelevando uomini, donne e bambini sebbene provvisti di documenti attestanti il loro status di richiedenti asilo o rifugiati.
Le fonti ufficiali parlano di 5.000 arresti, ma si teme che il numero sia di gran lunga superiore.
Le persone sono state malmenate, imprigionate in veri e propri lager, ammassate in celle buie e insalubri, private di cibo acqua e perfino dell’aria.
Secondo fonti locali le autorità chiederebbero circa 1.000 euro a testa per la liberazione
Almeno 17 migranti, secondo alcune fonti locali, sarebbero stati feriti a morte dalla polizia durante il tentativo di evadere da un centro di detenzione nella zona di Ghuat Shaal.
Due persone sarebbero morte per asfissia in prigione.
Circolano alcuni video che ritraggono i detenuti in condizioni drammatiche, alcuni privi di sensi altri in uno stato di agonia.
I più fortunati, sfuggiti agli arresti, si ritrovano barricati nelle proprie abitazioni, con il terrore di essere catturati.
Molti però sono stati sfrattati dai proprietari di casa, che hanno poi saccheggiato i loro averi, mentre la polizia si è impossessata di telefoni, vetture e denaro.
Per tale motivo l’UNHCR Libia ha comunicato oggi la sospensione dei propri servizi per ragioni di sicurezza.
Un comitato di rifugiati, provenienti dal Nord e dal Sud del Sudan, ha redatto un appello per domandare il rilascio delle persone arrestate nei raid dei giorni scorsi, ed il rispetto dei propri diritti.
Mi hanno chiesto aiuto nell’amplificare il loro messaggio, ed è per questo che ho lavorato alla traduzione del testo affinché queste parole ottengano la massima diffusione.
“Cari lettori
Siamo un gruppo di rifugiati e attivisti del Sud e del Nord del Sudan. Stiamo scrivendo questa lettera per sollevare le nostre preoccupazioni e paure riguardo ai nostri fratelli, sorelle, mariti, mogli e bambini che sono attualmente detenuti nei centri di detenzione.
Questo accade nonostante siano persone di interesse per l’ufficio dell’UNHCR Libia, ovvero richiedenti asilo e rifugiati.
Continuiamo a chiedere alle autorità competenti della Libia e all’organizzazione delle Nazioni Unite di rilasciarli immediatamente e di non deportarli in paesi in cui le loro vite sono minacciate.
Vorremmo anche portare alla vostra attenzione il fatto che siamo rifugiati e non criminali come descritto dai media, secondo cui i rifugiati commettono crimini o sono coinvolti in altre attività illegali, essere un rifugiato non è un crimine e non dovrebbe esserlo in Libia.
Sappiamo che la repressione degli ultimi giorni è avvenuta sulla base di rapporti non verificati secondo cui la zona di Gargaresh è sede di traffici di droga e prostituzione, ad ogni modo questo non significa che donne incinte e bambini siano criminali.
Le autorità devono ammettere che essere rifugiato è solo uno status temporaneo, non una nazionalità, nessuno sceglie di essere un rifugiato. La maggior parte di queste persone è stata costretta a lasciare le proprie case a causa di circostanze al di fuori del controllo umano.
Chiediamo inoltre all’UE, che ha finanziato ampiamente la guardia costiera libica, di adeguare le leggi che regolano questi fondi, nel rispetto dei diritti umani.
L’UE ha l’obbligo legale di garantire che le sue azioni non violino i diritti umani.
Le violazioni sistematiche dei diritti umani nei centri di detenzione erano ben note agli Stati membri e alle istituzioni dell’UE durante la progettazione della cooperazione con la Libia.
L’UE, utilizzando la porta sul retro, sta finanziando ed equipaggiando le milizie e le guardie costiere.
Da molti anni, l’UE e alcuni Stati membri destinano milioni di euro in programmi per rafforzare la capacità della Guardia costiera libica di intercettare le barche in partenza dalla Libia, con la piena consapevolezza che tutti le persone vengono automaticamente messe in detenzione arbitraria a tempo indeterminato senza controllo giudiziario.
Chiediamo inoltre al governo libico di rispettare e seguire le regole e gli accordi che garantiscono la presenza dell’UNHCR in Libia come organizzazione.
Abbiamo vissuto e stiamo tuttora vivendo una grande mancanza di rispetto verso i documenti forniti ai rifugiati e ai richiedenti asilo in Libia, che attestano che si tratta di persone di interesse per l’UNHCR e pertanto dovrebbero essere protetti, e in nessuna circostanza devono essere respinti verso un paese dove la loro vita è minacciata
In realtà stiamo osservando l’opposto di quanto affermato nel documento che ci viene rilasciato, in quanto un rifugiato non può utilizzare il documento per spostarsi da una regione all’altra della Libia senza rischiare di essere sottoposto a detenzione forzata, rapine, tortura e lavori forzati.
Chiediamo inoltre a paesi come Australia, Asia, Stati Uniti, Canada e Stati europei di offrire più quote per i reinsediamenti, i ricongiungimenti familiari, i visti per cure mediche e per lavoro e borse di studio per i rifugiati che sono attualmente bloccati in Libia.
Infine, ma non meno importante, chiediamo al Ministro dell’Interno libico di autorizzare i voli umanitari per evacuare i rifugiati e i voli di ritorno volontario umanitario, per ripristinare i loro obblighi di favorire l’uscita dei rifugiati dal paese.
Infine, chiediamo al governo e alle autorità libiche di emanare un decreto per tutti i posti di blocco, i luoghi di lavoro, le scuole che consenta un passaggio sicuro a chiunque sia in possesso del documento di rifugiato/richiedente rilasciato dall’UNHCR in Libia.
Tutti i diritti riservati ©️Rifugiati in Libia 2021”