Inseguita dalle Erinni, maledetta da Afrodite, malamente amata da Achille: chi fu Pentesilea, regina delle Amazzoni?
Di solito, si tende a pensare che con la morte del principe troiano Ettore coincida la disfatta di Troia. Eppure, tra la sconfitta dell’erede al trono e l’inganno del cavallo si dipana una lunga serie di avvenimenti, alcuni dei quali assolutamente affascinanti. Tra questi, uno dei più indimenticabili è l’arrivo sotto le mura di Troia delle Amazzoni, dodici splendide vergini guerriere guidate dalla loro regina, Pentesilea. Chi era questa donna prode e agguerrita, altrettanto assetata di gloria immortale rispetto agli uomini e perfettamente in grado di tener loro testa? E perché giungeva in aiuto di Priamo soltanto nel decimo anno della guerra?
Pentesilea: una regina dalle mani sporche di sangue in cerca di riscatto
Di Pentesilea si hanno poche notizie contrastanti – fatto che contribuisce, in effetti, a rendere il personaggio ancora più interessante. Certamente narrava di lei il poema in cinque libri Etiopide di Arctino di Mileto, databile tra il VII e il VI secolo a.C.. Del resto anche Ditti Cretese, Apollodoro, Quinto Smirneo, Gaio Igino e perfino Virgilio hanno offerto una versione del mito, sia pure cursoriamente.
Con sufficiente certezza si sa che Pentesilea era figlia del dio della guerra Ares e di Otrera, la prima leggendaria regina delle Amazzoni. Una figlia d’arte, dunque, in fatto di virtù guerriere; a lei, però, a differenza dei genitori la propria bellicosità sarebbe costata cara. Infatti, da poco succeduta alla madre sul trono, la giovane regina si macchiò di un crimine imperdonabile uccidendo la sorella Ippolita. Un incidente di caccia, secondo alcune versioni del mito; secondo altre, l’esito funesto di una rissa scoppiata durante il banchetto nuziale di Fedra e Teseo. E, poiché alle Erinni – vendicatrici implacabili dei delitti contro i familiari – poco importava dell’intenzionalità dell’atto, il destino di Pentesilea era segnato. Si sarebbe dovuta purificare per non vivere l’onta e l’agonia della colpa, guadagnandosi in combattimento una gloria immortale.
Per questa ragione, nel decimo anno della guerra Pentesilea si presentò a Priamo – precedentemente suo nemico – con le dodici più valorose guerriere del suo popolo. Sotto le mura di Troia l’amazzone sperava di compiere il proprio destino trovando attraverso il coraggio un degno riscatto.
La maledizione di Afrodite…
Pur essendo nobile, forte, bellissima, valorosa e di natura semidivina, Pentesilea non piaceva a tutti gli Olimpi. La dea Afrodite, in particolare, la odiava tanto da scagliarle contro una maledizione atroce. Il motivo di tanto odio è andato perduto con il poema che raccontava il mito. Forse la dea era adirata perché una festa di nozze era stata contaminata dalla violenza e dal sangue. O perché la regina – dando Troia per persa – era stata sul punto di partire, lasciandosi convincere solo con molte lusinghe e doni d’oro da Paride. Oppure, semplicemente, perché Pentesilea era tutto ciò che una donna non poteva e non doveva essere per piacere alla divina protettrice dell’amore. In ogni caso, l’editto di Afrodite era di una crudeltà sconcertante: la regina delle Amazzoni sarebbe stata violentata da qualsiasi uomo l’avesse vista senza armatura.
…E la vergogna di Achille
Quando Pentesilea iniziò a combattere tra le schiere dei Troiani, il valore delle Amazzoni riuscì a risollevare le sorti di una guerra che sembrava decisa. Guidando le sortite contro gli Achei e difendendo strenuamente le mura, però, era solo questione di tempo prima che lei e Achille si scontrassero. Il migliore tra i Greci, infatti, si era placato solo in parte con la morte del principe uccisore di Patroclo. Ora, cosa accadde tra il re di Ftia e la regina delle Amazzoni? Le versioni del mito sono molteplici e contraddittorie; in più di un caso peraltro, va detto, il famoso eroe omerico non ci fa una gran figura.
Secondo una delle versioni, Achille sarebbe sì riuscito a sconfiggere Pentesilea, ma soltanto per intervento divino. Infatti, l’eroe sarebbe stato riportato in vita da Zeus, commosso dalle suppliche di sua madre Teti, dopo che Pentesilea lo aveva sconfitto e ucciso. L’eroina, peraltro, avrebbe trionfato utilizzando una delle armi di sua invenzione: l’ascia da guerra oppure l’alabarda.
Secondo un’altra versione, invece, l’eroe avrebbe colpito a morte l’Amazzone dopo aver trafitto un compagno, Calcone, che – invaghitosi di Pentesilea – le avrebbe fatto da scudo. Spogliandola dell’armatura, come si usava coi nemici sconfitti, l’eroe però sarebbe stato preda di Eros e della maledizione di Afrodite, commettendo un atto di necrofilia. In questa versione, il vile Tersite avrebbe assistito allo scempio, deridendo Achille per essersi macchiato di una simile vergogna. Per tutta risposta, allora, l’eroe lo avrebbe spedito all’altro mondo con un pugno sui denti. Adirato per l’assassinio del cugino Tersite, l’eroe Diomede avrebbe poi impedito ad Achille di seppellire degnamente Pentesilea. Quest’ultima, invece, sarebbe finita in pasto ai pesci nel fiume Scamandro.
Pentesilea ed Ettore, Pentesilea e Achille: due amori votati al disastro
Il mito di Pentesilea ha una protagonista così straordinaria che non stupisce il fatto che si sia guadagnato una fama tenace. A occuparsi di lei sono stati, ancora in tempi relativamente recenti, Carmelo Bene (1993) e Heinrich von Kleist (1923-25). Tra i suoi estimatori più antichi, però, troviamo anche Giovanni Boccaccio, che nell’opera De Mulieribus Claris (1362) racconta una sorprendente versione della sua vicenda. La sua Pentesilea, infatti, è una giovane guerriera valorosa, attirata a Troia con il suo esercito dalla fama del principe Ettore come guerriero. Invaghitasi dell’erede al trono troiano, la regina delle Amazzoni si batte con ardore per compiacerlo. Prima che l’amore possa trovare il proprio coronamento, tuttavia, Pentesilea muore sotto gli occhi di Ettore, che assiste impotente alla sua disfatta.
Un altro amore tragico, del resto, alla regina delle Amazzoni era già stato attribuito già nell’antichità: un legame con quello stesso Achille che in seguito l’avrebbe uccisa. In questo caso, per l’amore passato e il valore di lei, il Pelide avrebbe restituito il corpo ai Troiani affinché le fosse data degna sepoltura.
In quest’ultima versione del mito, peraltro, Pentesilea sarebbe giunta a Troia molto prima del decimo anno di guerra, restando coinvolta con il Pelide per un fugace amore. Frutto della relazione sarebbe stato Caistro, padre a sua volta di Efeso e della regina Semiramide. Caistro, del resto, è noto anche come un placido fiume della Lidia, particolarmente amato dai cigni. Paradossale e non privo di poesia, in questa versione del mito, l’esito irenico della vicenda. Sorprende, infatti, che il figlio di due guerrieri di schieramenti opposti scelga e coltivi come propria dimora un luogo di pace. O forse, ripensandoci, non sorprende affatto.