Io lo so che sono noiosa sulle pensioni, ma siamo vicini ad un disastro sociale e tocca che qualcuno inizi a dirlo.
Forse non tutti sanno che, per le pensioni di chi ha iniziato a lavorare dal 1° gennaio 1996 (parliamo quindi più o meno dei nati dal 1975 in poi), al contrario di quelle di oggi, non è prevista alcuna integrazione al minimo.
Cosa vuol dire? Che se hai avuto una carriera discontinua, magari non lavorerai gli ultimi anni perché la tua azienda chiude, se hai sempre avuto uno stipendio basso o, come accade sempre più spesso, il tuo datore di lavoro ti truffa sulla busta paga e risparmia sui TUOI contributi, la tua pensione sarà bassissima e quella ti tieni.
Capiamo la differenza: se un settantenne di oggi arriva a una pensione bassa, lo stato gli garantisce una pensione minima pari a circa 780 euro (importo peraltro alzato dalla legge sul reddito di cittadinanza).
Invece, un settantenne di domani la cui pensione arriverà, che so, a 400 euro, perché magari ha perso il lavoro a 60 anni e con la Fornero gli mancherebbero ancora 10 anni, quella si tiene.
A SETTANTA ANNI. SENZA POTER LAVORARE. MAGARI CON I FIGLI MESSI PEGGIO DI LUI.
Non ci rendiamo conto che ci stiamo avviando verso un baratro sociale che colpirà fortissimamente noi, i più giovani di oggi.
Se esistesse DAVVERO un partito o un sindacato che volesse difendere i più giovani, per prima cosa chiederebbe l’abolizione di questa legge, la riforma Dini delle pensioni.
Claudia Candeloro