“Se io sono nero, tu cosa sei?” chiese una volta Lilian Thuram a un amico d’infanzia. “Beh, io sono normale”, rispose l’amico.Questo aneddoto, raccontato nel libro Il pensiero bianco, l’ultimo libro di Lilian Thuram (add editore), illustra le basi del pensiero dell’ex campione mondiale di calcio.
Profondamente coinvolto nell’educazione delle giovani generazioni sul razzismo, l’ex calciatore Lilian Thuram decifra in un libro la storia della gerarchia delle razze e il perpetuarsi del “pensiero bianco”.
Quello che vuole mostrare è come l’egemonia bianca, stabilita nel corso degli ultimi secoli, continua a contaminare gli aspetti più intimi della vita di tutti. Essere percepiti come bianchi significa far parte del gruppo dominante. Significa prendere sé stessi come la “norma” e, per questo, non porsi tutta una serie di domande che persone percepite come “non bianche” si pongono. Significa essere abituati a sentirsi un “universale”, una persona “normale”, quando le persone razzializzate* sono ancora troppo spesso percepite come “gli altri”.
Il pensiero bianco viene descvritto come un’ideologia politica che ha diviso gli esseri umani in razze che sono presumibilmente legate a un colore della pelle. Si utilizza il termine “presunto” perché le categorie legate al colore della pelle sono false. L’autore ha avuto esperienza diretta di questo con suo figlio Khephren. Thuram gli ha chiesto “amore mio, sei l’unico ragazzo nero della tua classe? Ha detto: “Beh, papà, non sono nero, sono marrone! Gli ho chiesto di che colore erano gli altri della sua classe. Ha detto: “Sono rosa! Usiamo categorie legate al colore della pelle ma non conosciamo la storia di queste categorie. Fino al 1950 ai bambini veniva detto a scuola che c’era una razza superiore, la razza bianca.
In quasi 300 pagine, appassionanti quanto istruttive, l’autore affronta uno degli argomenti più difficili di cui scrivere in storiografia e sociologia.
Le ragioni economiche dietro il pensiero bianco
Dal quartiere di Fougères, dove ha trascorso parte della sua infanzia, al mitico stadio Camp Nou di Barcellona, dove ha concluso la sua carriera calcistica. Un’ossessione non ha mai smesso di assillare Lilian Thuram: come e perché si diventa razzisti?
Per comprendere il pensiero bianco, per prenderne la misura, l’autore ci dice che bisogna accettare di fare un passo di lato nella lettura della storia. Dalla conquista dell’America di Colombo al Codice Nero che regola la schiavitù dal 1685 al 1848, togliendo agli schiavi lo status di esseri umani. Questi due sanguinosi episodi della storia erano motivati principalmente da ambizioni economiche.
“Cerco di dire che il razzismo non è naturale, perché lo sentiamo spesso. E (cerco di) dire che c’è una storia di razzismo, e che è prima di tutto una volontà politica legata all’economia. Una volontà che ha costruito gerarchie tra le persone in base al colore della loro pelle”, dice Thuram in un’intervista.
Nel suo libro, Thuram riproduce un’opera agghiacciante di Marcel-Antoine Verdier dipinta nel 1849. La punizione dei quattro paletti nelle colonie, che non mostra solo un uomo nero steso a terra e frustato da un boia nero. Mostra anche una coppia bianca con un bambino, presumibilmente i proprietari dello schiavo, che guardano indifferenti, protetti da una donna nera. “Quello che sto cercando di spiegare è che questo pensiero bianco è stato condiviso da persone di tutto il mondo per secoli. Siamo stati educati a credere in questa gerarchia del colore della pelle e dell’appartenenza”, aggiunge.
L’esperienza personale
Le storie più interessanti sono quelle in cui l’esperienza personale finisce per arricchire la riflessione dell’autore. Ad esempio, Thuram racconta che alla madre di Thuram, originaria della Guadalupa, è stato detto che sarebbe stato preferibile sposare un uomo dalla pelle chiara. Ciò per avere figli con “chapée” (derivato dalla parola “échappée”), cioè con meno pelle nera, racconta l’autore. Thuram stesso dice che gli si sentiva chiedere spesso perché frequentasse donne nere. Per alcuni avere una relazione con una donna bianca sarebbe statoun indicatore del suo successo sociale.
“Il successo arriva con una bella casa, soldi, una bella donna. Ma la bella donna è sempre presentata come una donna bianca”, dice. Lilian Thuram dice che ha scoperto di essere nero all’età di nove anni, quando è arrivato a Parigi e ha iniziato a subire insulti razzisti. “Era come se fossi stato morso e stessi sanguinando dall’interno. Ho chiesto a mia madre perché la gente aveva un’immagine negativa dei neri e la sua risposta è legata alla tesi che il libro combatte. “È così, la gente è razzista, non cambierà, come se fosse una conclusione scontata, come se fosse naturale”, ricorda l’ex calciatore. “Il razzismo toglie la libertà di pensiero e di azione. Quando sei un ragazzino nero, ti viene subito fatto capire che certe opportunità non sono per te”.
Un avviso al pubblico “bianco”
Ho immaginato che alcuni “bianchi” potessero provare del disagio vedendo il titolo dell’ultimo libro di Lilian Thuram, senza averne letto il contenuto. Pensate che sia un manifesto anti-bianco? Siete bianchi e avete l’impressione che sia diretto contro di voi? Vi assicuro che non è così. Perché dice Lilian Thuram, voi non siete bianchi. E nemmeno neri. Ciò perché questi sono concetti storicamente inventati per dominare. E questo libro lo dimostra con brillantezza e pedagogia allo stesso tempo. Buona lettura!
Francesco Maria Trinchese