Il presidente della Bielorussia Lukashenko ha introdotto la pena capitale per il reato di pianificazione di atti terroristici. La nuova legge che entra in vigore entro fine mese introduce la pena di morte per il “tentativo di compiere azioni di terrorismo”.
Una modifica sostanziale che gioca con le vite umane e che è correlata alla guerra in Ucraina. La legge infatti era stata approvata dal parlamento bielorusso dopo una serie di atti di sabotaggio lungo le linee ferroviarie del paese: una tattica utilizzata da chi si oppone all’invasione russa dell’Ucraina per impedire alle forze russe presenti in Bielorussia di attraversare il confine.
Prima della modifica della normativa, la pena di morte era prevista per omicidio aggravato e per atti di terrorismo con perdite di vite umane.
La sottile differenza risiede proprio nel verbo: “pianificare, tentativo di compiere”. Una differenza che allarga molto le maglie della tolleranza e soprattutto va a violare le leggi internazionali sui diritti umani.
I dissidenti
Questa mossa inoltre colpisce i molti esponenti dell’opposizione detenuti nelle carceri dopo gli arresti di massa degli ultimi anni.
Svetlana Tikhanovskaya, che guida l’opposizione al presidente Alexander Lukashenko e in questo momento si trova in esilio in Lituania, è sotto processo proprio per questo reato. Come lei, molti altri oppositori al regime, che si trovano ora a rischiare la pena di morte.
Il Capo di Stato, anche grazie all’aiuto di Mosca, ha resistito al cambiamento e ha consolidato il proprio potere nel corso degli anni. Minsk, infatti, è rimasta la stessa dai tempi dell’Unione Sovietica e ha conservato un sistema politico autoritario e centralizzato.
Abusi e violazioni
Secondo quanto riferito dall’International Federation for Human Rights, i condannati alla pena di morte sono vittime di una serie di abusi e maltrattamenti psicologici all’interno delle carceri.
Isolati dalla propria famiglia, spesso non possono ricevere nemmeno il proprio avvocato e non possono mai abbandonare la propria cella.
La data dell’esecuzione è segreta e il condannato viene avvisato solamente il giorno stesso mentre la famiglia, a cui non viene restituito il corpo ne viene reso noto il luogo di sepoltura, viene informata con un mese di ritardo. Le esecuzioni vengono eseguite mediante un colpo di arma da fuoco alla testa.
Sistema giudiziario sottomesso
Purtroppo il sistema giudiziario è corrotto e sottomesso al potere esecutivo; il tasso di assoluzione è pari allo 0,02% di tutti i processi in essere. Il Comitato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha reso noto che, in più occasioni, le persone giustiziate sono state vittime di violazioni procedurali.
400 persone condannate alla pena di morte
Secondo le organizzazioni per i diritti umani più di 400 persone sono state condannate a morte in Bielorussia dal 1991 anche se, per anni, l’Unione europea ha chiesto a Minsk di introdurre almeno una moratoria sull’applicazione della pena capitale.
La situazione in Russia
Anche la Federazione Russa prevede la pena di morte, ma il Presidente Boris Yeltsin introdusse una moratoria nel 1996, poi confermata dalla Corte Costituzionale nel 1999 e da allora nessuno è stato più giustiziato.
La Russia faceva inoltre parte, sino a prima dell’invasione dell’Ucraina, del Consiglio d’Europa, che impedisce ai suoi membri di imporre la pena capitale. La sospensione di Mosca ora da parte del Consiglio, potrebbe aprire nuovi scenari molto preoccupanti.
La denuncia di Amnesty International
Secondo l’organizzazione “la Bielorussia è l’unico stato europeo che continua a usare la pena di morte. Oltretutto, la nuova legge si pone in contrasto col diritto internazionale, che limita l’applicazione della pena capitale all’omicidio volontario”.
Marta Fresolone