John Grant, condannato alla pena capitale, per omicidio, è morto dopo un’iniezione letale che gli ha provocato terribili dolori, convulsioni e vomito per ventuno minuti. Si tratta della prima procedura di questo tipo, in Oklahoma, dal 2015, quando la stessa era stata sospesa per le disumane e crudeli modalità. Il racconto dei testimoni è drammatico ma punta, di nuovo, i riflettori sulla pena di morte in America, proprio nei giorni in cui Joe Biden ha incontrato Papa Francesco.
Un’esecuzione crudele
Sarebbe dovuto morire in poco tempo, il detenuto John Grant, afroamericano sessantenne, condannato alla pena capitale. La condanna era avvenuta nel 2000, in Oklahoma, per l’omicidio di un addetto alla caffetteria della prigione, dove scontava una pena per reati minori. E invece, dopo la prima delle tre iniezioni letali che avrebbe dovuto ricevere, da protocollo, ha avuto convulsioni e dolori atroci, vomitando più volte e spingendo i sanitari presenti a intervenire per lenire le sue sofferenze. Dopo un quarto d’ora ha perso coscienza e gli sono state somministrate le altre due iniezioni, per fermare cuore e apparato respiratorio e condurlo alla morte. Quest’ultima è sopraggiunta, esattamente, ventuno minuti dopo la prima puntura.
Testimonianze drammatiche
Fra i presenti, sconvolti dalla crudeltà dell’esecuzione, i suoi familiari, i legali e alcuni giornalisti. Uno di loro, Sean Murphy, reporter dell’Associated Press, ha raccontato così la terribile scena:
Grant ha iniziato a tremare poco dopo la prima siringa (…) Ha avuto circa 20 convulsioni e ha vomitato diverse volte prima di svenire. Ho visto 14 esecuzioni ma è la prima volta che mi capita una scena del genere.
La Corte Suprema è complice
Il via libera all’esecuzione è arrivato pochi giorni fa dopo la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti, a maggioranza conservatrice, di reintrodurre il protocollo utilizzato che era stato bloccato nel 2015. Proprio allora, lo Stato dell’Oklahoma aveva sospeso le esecuzioni con una moratoria, in seguito alle sofferenze indicibili manifestate da altri detenuti. Ora, nel 2021, il cambio di rotta, con la dichiarazione secondo cui la pena di morte poteva essere ripristinata perché la metodologia sarebbe “umana ed efficace“.
Ciò che è successo, con l’esecuzione di John Grant ha, ovviamente, dimostrato il contrario.
Pena capitale disumana per l’opinione pubblica
L’episodio ha sconvolto tanto l’opinione pubblica, scatenando critiche, sospetti e indignazione riguardo soprattutto al siero utilizzato, il Midazolam. Sembra sia quello il principale responsabile dolori atroci. Ciò è in conflitto con quanto contenuto nella Costituzione degli Stati Uniti che vieta “punizioni crudeli”.
Biden ha promesso, durante la sua campagna elettorale, che si sarebbe occupato dell’abolizione della pena di morte nelle carceri federali, reintrodotta durante il mandato presidenziale di Trump, dopo decenni di stop. Tuttavia, per i condannati delle carceri statali, sono le autorità locali a decidere. Così è stato, purtroppo, per il caso Grant in Oklahoma.
Papa Francesco contro la pena capitale
L’esecuzione è avvenuta, inoltre, proprio nei giorni in cui il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha incontrato, in Vaticano Papa Francesco. Solo qualche settimana fa, il Pontefice aveva lanciato, invano, un appello per fermare un’altra esecuzione, in Missouri. In quel caso, sembra che il condannato avesse una disabilità mentale accertata.
Papa Francesco, nella lettera indirizzata al governatore del Missouri, più che sulla disabilità del detenuto, aveva fatto leva sull’importanza e sulla sacralità della vita.
La pena capitale nel paradosso americano
È su questo punto che chiunque, oggi, sia contro la pena di morte si trova d’accordo, a prescindere dalla provenienza, dall’orientamento politico e dalla confessione religiosa. La pena capitale viola il diritto alla vita, che fra quelli, inalienabili, degli esseri umani è il principale. Da esso derivano tutti gli altri. Applicare un’assurda “legge del taglione”, nel ventunesimo secolo, è incompatibile con la civiltà. Sarebbe il caso, piuttosto di puntare tutto sul potere rieducativo della pena detentiva. Per Grant, ad esempio, che aveva confessato il suo reato e si era dimostrato pentito, ciò non è stato fatto. A denunciarlo sono i suoi stessi legali. E il paradosso che ciò accada, così frequentemente, in uno dei paesi considerati fra i più civilizzati del pianeta, è assurdo quanto inaccettabile.
L’aggravante della crudeltà di certe esecuzioni, rende il tutto più agghiacciante e merita il grido indignato di ogni persona, senza se e senza ma.
Assunta Nero