Svolta euroscettica e filorussa della Slovacchia: Pellegrini vince le elezioni presidenziali

La vittoria di Pellegrini alle elezioni presidenziali in Slovacchia

Sabato 6 aprile si è tenuto il ballottaggio delle elezioni presidenziali in Slovacchia, da cui è emerso vincitore Peter Pellegrini, membro del partito Voce-Socialdemocrazia. Il nuovo Presidente slovacco è stato sostenuto durante la campagna dal governo in carica guidato dal Primo ministro Robert Fico, il cui orientamento populista e filorusso ha già sollevato preoccupazioni in Europa: si potrebbe presentare all’orizzonte la nascita di un vero e proprio fronte anti-europeista all’interno dei confini UE.

Elezioni presidenziali in Slovacchia: vince Pellegrini 

L’economista Peter Pellegrini si assicura la carica della presidenza all’età di 48 anni, a seguito del suo mandato come Primo ministro dal 2018 al 2020. Il ballottaggio di sabato ha ribaltato i risultati del primo turno, dove l’europeista Ivan Krocok, candidato con il partito Libertà e Solidarietà, aveva un distacco di circa il 5% dai suoi avversari. Raccogliendo i voti ottenuti inizialmente dal candidato filorusso Stefan Harabin, Pellegrini ha portato alla vittoria il blocco nazionalista, euroscettico e russofilo con il 53% dei voti, contro il 46 di Krocok.

Tema fondamentale della campagna elettorale nel nuovo Presidente è stata la situazione ucraina, con richiami importanti alla propaganda russa sull’argomento. Pellegrini ha inoltre accusato Korock, un fautore dell’invio di armi a Kiev, di essere un guerrafondaio e di pianificare l’invio di truppe slovacche a combattere in Ucraina. Accuse smentite dal suo oppositore, che però indicano in modo lampante la direttrice politica di Pellegrini.

La conferma della svolta euroscettica

Nonostante la carica di Presidente abbia principalmente una funzione cerimoniale, l’attenzione nei confronti di queste elezioni si è rivelata molto alta. Questo a causa della portata simbolica del loro esito, che ha confermato la svolta euroscettica del paese e il suo avvicinamento alle posizioni russe avviati dal governo di Fico. Tale risultato ha catalizzato un intenso dibattito sia a livello nazionale che europeo, evidenziando la significativa rilevanza politica e geopolitica delle elezioni.

Il Presidente slovacco gode infatti di poteri esecutivi limitati, ma di impatto significativo. Egli ha la facoltà di porre il proprio veto su delle leggi o impugnarle davanti alla Corte costituzionale. Inoltre il Capo di Stato è incaricato di nominare i giudici della Corte costituzionale. È quindi evidente che la vittoria di Pellegrini consentirà a Fico di implementare la sua visione politica senza essere contestato da voci critiche.

La tenuta democratica slovacca 

Il governo di Fico ha già dimostrato di essere fautore di politiche ultra-nazionaliste, russofile e anti-immigrazione. Questi elementi lo rendono particolarmente affine all’Ungheria di Orbán, non è un caso che già da tempo si respiri la possibile deriva autoritaria della Slovacchia. Negli ultimi mesi, il governo ha proposto una riforma dei media statali che, se approvata, darà all’esecutivo il potere di controllare in modo diretto l’emittente pubblica tramite la nomina dei suoi vertici.

Questa e altre proposte legislative sono state veementemente contestati dagli addetti ai lavori e anche dai cittadini, ma, nonostante la società civile abbia fatto sentire la propria voce, è impossibile celare il timore difronte a dei disegni di legge che echeggiano le politiche ungheresi di Fidesz.

Un fronte anti-europeista all’orizzonte?

L’orientamento euroscettico di Bratislava potrebbe rafforzare la posizione di Orbán a Bruxelles, dove, dopo la sconfitta dei nazionalisti polacchi, si era trovato in una situazione isolata. L’esito delle presidenziali slovacche potrebbe anticipare tendenze politiche significative in vista delle elezioni europee di giugno. Si potrebbe aprire la strada al successo di partiti populisti anche in altri paesi dell’Europa orientale e questo renderebbe concreta l’ipotesi della formazione di un vero e proprio fronte anti-europeista all’interno dei confini stessi dell’UE.  

Un’idiosincrasia che, oltre a indebolire Bruxelles, andrebbe a tutto vantaggio di Mosca. Inutile dire che, se questo scenario dovesse realizzarsi, il danno per la coesione e la tenuta dell’Unione sarebbe incommensurabile e le conseguenze imprevedibili.

 

Elena Miscischia

 

 

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